09 settembre, 2014

Vi abbraccio

Care non so come scusarmi per essere sparita, avrete pensato che sono una maleducata e avete anche ragione. Scusatemi. Dopo i buoni propositi post-operazione, non ce l'ho fatta a mantenere vivo questo mio amato blog.


Questo blog è sempre stato un diario e ora non riesco più a tenerlo.
Per me scrivere qui significava raccontare se non quotidianamente, almeno settimanalmente, un pezzettino di vita: riflessioni, eventi, emozioni che amavo condividere con tutte voi.
Gran parte della scrittura avveniva nei tempi morti che i miei precedenti lavori mi concedevano, ma ora, dal 12 giugno, non ne ho proprio più.
In ufficio non ho modo di collegarmi e di prendermi dieci minuti per leggervi o per scrivere e dopo il lavoro c'è la fisioterapia, o la spesa, o altre cose che sapete benissimo riempiono le nostre vite, nel bene e nel male. Nel weekend non parliamone....si fa tutto ciò che non si può fare in settimana.

Dopo cena crollo e tutto quello che con trasporto avrei voluto scrivervi, sotto il peso della stanchezza mi sembra futile e sciocco. Poi mi manca la voglia di prendere in mano il pc, dopo che ci sono già stata attaccata tutto il giorno.


Ho pensato di aggiornare meno, una volta ogni tanto, ma non è per me, a me piacciono i blog costantemente aggiornati, detesto tornare e ritornare più volte e non trovare aggiornamenti e adesso proprio io vorrei fare la stessa cosa? No, non fa per me. Che diario è se ci si scrive solo di rado?

Non credo sia uno stop definitivo, ma certamente prima ho bisogno di trovare un altro modo di organizzarmi se voglio tornare a scrivere.

E se lo farò, state certe che mi farò riconoscere, perchè se deciderò di farlo, non sarà più qui, su questo indirizzo: se vorrò ricominciare, ricomincerò sul serio.

Per adesso vi abbraccio, augurandovi ogni bene.

22 luglio, 2014

Disgusto

Non si può sempre vivere nella propria bolla dorata, ogni tanto bisogna mettere il naso fuori e aprire gli occhi a tutto lo schifo che questo mondo ci propone. Certo, sarebbe più facile non farlo, continuare con le nostre tiepide vite in cui tutto, con le quotidiane eccezioni di ognuno, scorre tranquillo. Chi più chi meno ha le sue magagne, chi più serie chi meno. Ma si va avanti, cercando di pensare a tutto il buono e il bello che abbiamo a disposizione.

Poi si arriva ad un punto in cui la realtà è talmente impresentabile che diventa doveroso guardarla in faccia, per rispetto di chi non ha le nostre fortune.

Io ci provo, a vivere serena, giorno dopo giorno, senza angosciarmi troppo per il domani e per il presente, ma ho pur sempre una figlia, quel prolungamento di me stessa che mi dà da pensare, perchè c'è lei e ci sarà ancora lei quando io non ci sarò più e francamente sento di abbandonarla in un luogo terribile.

Scusate: già la settimana scorsa vi ho ammorbato con un post pesante e ora sono qui a fare la stessa cosa, ma non riesco ad evitarlo.

Io ho viaggiato abbastanza, anche se non tantissimo. So cosa vuol dire essere seduto a diecimila metri d'altezza e sentire un rumore strano, uno sballottamento e avere il cervello a briglia sciolte che si immagina le peggio cose, perciò quando le peggio cose diventano realtà, io mi sento tanto coinvolta.
L'idea di quello che è successo in Ucraina è inaccettabile, non provo neanche a spiegare come mi fa stare pensarci perchè 1)credo sia inutile 2)non riuscirei nemmeno a esprimerlo.

Quello che invece mi disgusta in modo chiaro e forte, è che come al solito, o come spesso accade, in Italia un evento tanto drammatico si tramuta in pretesto per le solite polemiche. E' colpa dell'Ucraina che reprime le monoranze/degli Stati Uniti che non fanno niente perchè in Ucraina non ci sono soldi e non vogliono inimicarsi Putin/è colpa di Putin che è un invasore/è colpa dei fascisti di Kiev/è colpa dei comunisti di Mosca.

Non ho parole. Fascisti e comunisti, destra e sinistra. Ci risiamo. Una tragedia immane ridotta a pretesto per polemiche.
Lasciamo che gli investigatori e i commissari facciano il loro lavoro. Lasciamo che i satelliti parlino. Lasciamo che le scatole nere vengano analizzate.

E' giusto, sacrosanto anzi di più, che le famiglie sappiano esattamente cosa sia successo e di chi siano le responsabilità, ma non credo che strumentalizzare quanto accaduto per polemizzare gratuitamente serva a qualcosa, eppure ho letto commenti, opinioni, frasette-slogan...ne ho lette tante!

Invece di essere giudici da poltrona, invece di cercare il colpevole dallo schermo di una tv, una volta tanto, cerchiamo un po' di pace? A nessuno sfiora il pensiero che la ricerca di massa del colpevole da linciare porti altra violenza, altre tragedie?

Dal canto mio questo episodio mi ha scosso talmente tanto che me lo sogno la notte e come tutti, spero si chiarirà quanto prima qual è, anzi, quali sono e di chi sono le responsabilità. Dubito che ci sia un solo colpevole, dubito che ci saranno risultati netti, bianchi e neri, ma lascio le conclusioni a chi di dovere, io posso avere le mie idee e poi magari cambiarle.
Ma arrivare a svilire una simile catastrofe per farne strumento di polemica politica fine a se stessa....che disgusto...

17 luglio, 2014

Nessuno

Affronto questo post con molta incertezza nel cuore, non sapendo bene dove andrò a parare. Non era mia intenzione affrontare questo argomento, non sono abituata a scrivere su questioni tanto drammatiche e complesse, ma questa volta il proliferare di pareri, giudizi, anatemi e condanne, il tutto sbandierato ai quattro venti su ogni social network esistente, mi sta letteralmente tirando fuori dalle dita ciò che sto per scrivere, come se ci fosse un filo diretto tra cervello e mani e io, padrona di quelle mani, non potessi fermarle.

Quasi tutti condannano Israele, o almeno, quasi tutti i miei contatti, le persone di cui io posso leggere sul web status e pensieri. Non solo loro ovviamente, le condanne infatti arrivano da tante parti, ma io nello specifico mi riferisco a persone che, superficialmente o meno, conosco.

Stamattina per esempio, leggo che “Israele chiede che venga ricordato il genocidio degli ebrei, ma poi è il primo a riservare lo stesso trattamento agli altri”. Qualcuno risponde “Vero, parole sagge, hai ragione”, qualcun’ altro invece “Si è in parte vero, ma io non posso schierarmi con i palestinesi”.

E va beh. Ognuno dice la sua.

Ciò che mi ha colpito arriva dopo.

“Basta contare il numero di morti da una parte e dall’altra per schierarsi”.

Ma…cos’è?

Una partita? Una gara?

Basta contare il numero di morti. Sono esterrefatta.

E’ così semplice? Chi causa più morti ha la colpa? E’ il più cattivo? E’ quello che sbaglia? Andatelo a dire a chi a perso un unico figlio/madre/padre/fratello/sorella.

Ammazzi una persona e ammazzi tutto il mondo di qualcuno, sempre e comunque.

E poi, in tutta onestà, io non mi sento di schierarmi proprio da nessuna parte. Sento che non c’è più nessuno che “ha ragione”, sento che non c’è la volontà di trovare pace da entrambe le parti, sento che anche la comunità internazionale non ha il coraggio di prendere posizione, sento che come in ogni guerra, sta pagando la povera gente, da una parte e dall’altra. Qualcuno lo diceva già un bel po’ di tempo fa, che tra i vinti, chi soffre è la povera gente e tra i vincitori, chi soffre è la povera gente.

E qui siamo ancora lontani anni luce da una ipotetica fine.

E’ una sconfitta costante, quotidiana, perpetua. Per tutti. Senza far la conta dei morti, senza guardare chi ha le armi più potenti, senza chiedersi chi ha la colpa, chi ha iniziato e se è nato prima l’uovo o la gallina.

Mi spiace, ma io non giustifico proprio nessuno: né chi ha un bombardiere sotto il sedere, né chi ammazza a sassate.

Nessuno.

Nemmeno chi resta a guardare. Nessuno.

26 giugno, 2014

Voti

Questa mattina ho letto che in Francia c'è la possibilità che a scuola vengano aboliti i voti. Insomma, gira e rigira si torna sempre lì, in Italia ci avevamo già provato, prima sostituendo i numeri con le parole (singole), poi le parole sono diventate giudizi, poi lettere, poi sono tornati i numeri....Un gran casino.

Ciò che è evidente è che in una maniera o nell'altra, da anni si cerca di evitare che gli insegnanti giudichino e dato che a scuola, vuoi o non vuoi, non si può fare, si cercano modi per far sì che il processo sia il più delicato, indolore e insapore possibile.

Sarà che sono figlia di insegnante e che quindi il giudizio e valutazione scorrono potenti nella mia famiglia, ma questa storia mi lascia interdetta.

Leggevo che chi perora la causa dell'abolizione, colloca nei voti negativi l'origine di tutte le insicurezze, le depressioni, i fallimenti e i complessi dei ventenni di oggi. Pare che un 4 o peggio, un 2, lascino un marchio indelebile nel cuore e nell'anima del malcapitato studente, che mai riuscirà a scrollarsi di dosso il fardello dell'insuccesso, il senso di inadeguatezza e la paura di ricascarci. E da lì alla depressione, il passo è breve.
Cosa questi peroratori propongano in alternativa, non è chiaro.

Quello che posso considerare chiaro, scaturisce dalla mia esperienza, di figlia che ha preso i votacci e da figlia di chi i votacci li distribuiva ( e credetemi, quando capitava raramente era un'attività che desse soddisfazione...)

Per prima cosa, la mia è un'esperienza "a 360 gradi", come si usa dire oggi: alle elementari ho provato i voti in parola (ottimo, buono, discreto, sufficiente, insufficiente), alle medie le lettere (A, B, C, D, E), alle superiori, i voti che tutti conosciamo, i numerelli.
Credo che almeno una volta per ognuna di queste fasi, io sia riuscita a provare l'emozione dell'insuccesso, magari non tante volte, non ero una collezionista di E, ma le mie D e soprattutto i miei 4 alle superiori li ho conquistati, e come se li ho conquistati.
A ben pensarci, il voto più orrendo che io abbia mai preso è stato "2 voto reale -11". La prof. in questione, fan sfegatata della regola "un errore, un punto", era andata a scalare partendo dal 10 e non potendo darmi -11, mi affibbiò un 2. Qualcuno riusci ad avere "1 voto reale -15", e via discorrendo.

Stando a chi vorrebbe abolire i voti, a quest'ora io dovrei penzolare da un ponte sul Po e avere un tatuaggio con scritto -11 sulla schiena.

Così non è.

Fu un choc, un trauma, io studentella mediamente saggia e diligente, cominciavo ad assaporare l'amarezza di quando va tutto storto, di quando studi ma va male lo stesso. Eppure, dopo lacrime e mal di testa, mi sono pur sempre diplomata. E laureata. E giuro che se mai diventerò depressa, non sarà per il "2 voto reale -11". E' indimenticabile, come potrebbe non esserlo, ma è lì, è un episodio, è un passo, un gradino, alto e scivoloso, ma ci sono passata e l'ho superato.

Perchè non dovrebbero farlo anche gli studenti francesi?

Seconda riflessione: quando un insegnante pone un voto, giudica il tema, il compito, la verifica. NON la persona, non lo studente, ma il valore del suo operato. E' ben diverso, no?
E poi se si aboliscono i voti, come faranno gli insegnanti a valutare i risultati degli studenti?
E cosa c'era di sbagliato nel giudicare insufficiente un elaborato che effettivamente lo era? Stessa cosa dicasi per quelli giudicati ottimi.

Terza riflessione: siamo così sicuri che lastricando di mattonelle lisce e dorate la strada della vita scolastica dei ragazzi, questi NON diventeranno tristi, depressi e disperati? Siamo sicuri che eliminando le asperità, le delusioni, i fallimenti e i gradini scivolosi, da grandi diventeranno tutti degli alpinisti di successo?
Non sono una psicologa, ma temo che se mai sarà il contrario.

Vivere fino a 18 anni nella bambagia, protetti da una campana di vetro, lontano dai fallimenti, è giusto?
Prima o poi la campana si solleverà e allora? Come si affronteranno le avversità che naturalmente la vita presenterà se non si è fatta un minimo di palestra? Se non si è in grado di metabilizzare i propri fallimenti/sbagli/delusioni? Come si gestiranno le situazioni difficili e drammatiche che, ahinoi, prima o poi ci capitano fra capo e collo?

Non so, forse la mia analisi è ingenua e semplicistica, figlia di una mente assai inesperta in materia, con alle spalle nulla se non la propria personale e famigliare esperienza, ma così, d'impulso, credo che l'abolizione dei voti sia una cavolata clamorosa.

23 giugno, 2014

La regola del trolley

L'abbiamo visto tante volte, nei film americani: quando gli uomini combinano qualche patatrac, corrono a casa, si sciolgono furiosamente il nodo della cravatta, aprono l'armadio, estraggono una valigina (spesso già aperta, nemmeno la lampo chiusa), la buttano sul letto e cominciano a buttarci dentro vestiti alla rinfusa. Camicie hawaiiane, calzini blu, maglioncini celesti, t-shirt colorate, polo fighette, costumi da bagno...Un trionfo di forme e colori totalmente spiegazzato, ma di grande effetto. Di seguito, l'uomo che ha combinato il patatrac accende il pc, prenota un volo online per Timbuctù, stampa la carta d'imbarco, se la ficca nella tasca della giacca e sbattendo la porta esce di casa, trafelato e sudato. Piomba in strada gridando "Taxi! Taxiiiiiiiiiii!!!!""" e poi alla fine tutto questo bailmame, piglia il taxi, sbarca in aeroporto, mette il suo sedere su un Boeing e se ne va a quel paese. Solo o accompagnato. Felice o no. Sollevato o angosciato. Chi se ne frega.

Noi donne sappiamo cavarcela da sole. Sappiamo cavarcela anche non da sole, perchè magari abbiamo un figlio, o magari due o tre. Ma sappiamo COMUNQUE cavarcela.
Lo sappiamo atavicamente.
Prima i portatori di cromosoma Y partivano per la guerra, per un viaggio, per una missione, per quel che volevano e non esistendo gli aerei, stavano via anni. E non esistendo la medecina come la intendiamo ora, si ammalavano, venivano feriti e morivano, morivano prima, morivano giovani, lasciando sole le donne. Le quali da lì in avanti, imparavano a cavarsela da sole, avendo fin da subito quella strana sensazione di saperlo già fare, che fosse naturale, che non ci fosse nulla di nuovo da imparare.

Ce la caviamo egregiamente. Da sempre.

Quindi, cari uomini che combinate i patatrac, siano essi

-pasticci di lavoro
-corna
-innamoramento extraconiugale
-debiti
-reati vari

fateci un santo favore.

Invece di brandire un coltello e farci fuori, noi e l'eventuale INNOCENTE prole, invece di spezzare le nostre ancora verdissime vite, invece di fare ulteriori, peggiori, irreversibili danni (per usare un eufemismo) BRANDITE UN BEL TROLLEY, si si, proprio quello strafigo he vi ha regalato mamma per Natale per quando fate le trasferte di lavoro, si, lui, quello che va in cabina così non perdete tempo al ritiro bagagli, si proprio lui. E' lì che vi aspetta, semi aperto, nell'armadio. Branditelo, riempitelo, caricatelo prima su taxi e poi su un aereo insieme al vostro deretano e andatenevene fuori dalle palle.

Grazie.

20 giugno, 2014

Guarda un po' chi si rivede!

Nell'ultimo post mi avevate chiesto, in più d'una, di tenervi aggiornate. Ebbene, direi che è chiaro che non l'ho fatto!
Perdonatemi ragazze, ho vissuto una piccola fase di rigetto dal web, un po' per mancanza di voglia (lo ammetto), un po' per mancanza di tempo (strano eh?), un po' per "blocco della blogger" (già vissuto anche questo, niente panico, ho proferito evitare proclami tanto sapevo che non avrei resistito tanto lontano da qui).

Fatta questa doverosa premessa e nuovamente chiedendovi scusa per la sparizione, in questi ultimi 30 giorni sono stata un po' sballottata.

Per sintetizzare:

La schiena: tutto bene, tutto a posto...MA devo iniziare a fare ginnastica posturale. Inizio mercoledì, voglia ZERO. Ma è per il mio bene, quindi almeno per un po', mi ci metto

Il lavoro: c'è!!! ....MA non è quello di cui vi avevo parlato! Esatto. Nell'attesa di quella fantomatica chiamata, ne ho ricevuta una seconda, non andata a buon fine, e poi una terza, che invece nel giro di 4 giorni lavorativi si è risolta in un contratto di lavoro di 6 mesi, buttalo via!
Sono a 16km da casa (niente, in sostanza!), l'ambiente è sereno, l'azienda mi piace....uhm, dove sarà la magagna? Troppo bello per essere vero?? Non lo so ancora, non voglio essere precipitosa, ma per il momento accarezzo sognante un pacato ottimismo.

La Ballerina: cresce! Ha compiuto 3 anni, è una micro donna vanitosa, volitiva, capricciosetta, ruffiana, dolce e intelligente. Ieri mi ha stesa come nemmeno Tyson avrebbe potuto fare con un pungo. Appena sono rientrata in casa mi ha detto: "Mamma, sono davvero contenta che tu sia qui". E rotolando sul pavimento ho pensato "ok, adesso posso morire!".


Ecco, a dirla tutta non ci sono solo le cose belle, ma oggi delle brutte proprio non voglio parlare.
Vorrei soltato riprendere piano piano, leggervi tutte, aggiornarmi e sentirmi di nuovo vicina a voi.

Intanto, il blocco della blogger sembra scomparso, perchè guarda un po', ho già un paio di post che mi girano in testa, il tutto starà a farli uscire dal labirinto del mio cervello.

Nell'attesa, vi abbraccio tutte.

22 maggio, 2014

Camminare da sola

Contro ogni regola, contro la scaramanzia, l'educazione, il buon senso e pure il buon gusto, vi dico una cosa: oggi mi hanno telefonato per un potenziale colloquio. Non è neppure certo che mi chiamino per un primo incontro e io son già qui che ve lo scrivo. Fa sorridere, ma ormai è fatta.

Questa telefonata è arrivata nel più classico dei momenti "quando meno te l'aspetti": quando l'estate è alle porte e immagini che nessuno assuma, quando stai facendo piani per le vacanze,  quando non sai assolutamente cosa vuoi fare, cosa cercare, chi diventare.

Ed eccola lì, la voce gentile di una donna che - indovino - è di mezza età, che mi dice di mandarle subito il cv, perchè l'azienda ha bisogno, sarebbero 6 mesi, ma con possibilità di proroghe.

Mi dice che non sono totalmente obsoleta, che c'è ancora qualcuno che ha bisogno di me, delle mie conoscenze e delle mie capacità. Mi dice provaci, provaci in fretta, indora più che puoi la pillola, colora il pane, lucida la chincaglieria.

Io ho fatto un po' come il pavone maschio: ho fatto la ruota. Mi sono autovantata cinque minuti di sapere qualcosa che quasi più nessuno studia, ma che in tanti ancora richiedono: il francese.

Apro la mail, dò tutte le sistematine del caso al cv e via, partito, verso l'ignoto. E ora aspetto.

Chissà se chiameranno.
Chissà come andrebbe il colloquio. Il tailleur è già lì, pronto e comprato per simili occasioni.
Chissà se sono simpatici.
Chissà se mi assumeranno.

Chissà se saprei camminare da sola.
Già, perchè finora, ho l'amara sensazione di non saperlo fare.

La vecchia me continua ad aggirarsi per casa e, per vie traverse, occuparsi di cose che non le competono più; la vecchia me non è ancora del tutto uscita di scena e comincio a chiedermi quando lo farà.

Subito dopo il siluramento dalla Multinazionale della Barca, ho lavorato in un'azienda calzaturiera che fa tra le scarpe più belle del mondo, di una strafamosa griffe francese (avete presente, quella della doppia C incrociata...). Ero all'ufficio campionario. Parlavo con gli stilisti. Ordinavo pelli, accessori. Avevo accesso ai disegni di collezioni future e la possibilità di avere sconti sulle scarpe e sui cosmetici. Una specie di Paradiso, insomma.
Eppure, vuoi la distanza (60km), vuoi la strada (trafficatissima), vuoi l'ambiente (ancora provincialissimo in cui sono sempre stata la forestiera), vuoi il mezzo di trasporto inadatto al percorso extraurbano (l'utilitaria presa in prestito da mia madre), tutti questi elementi hanno fatto sì che io non sia riuscita a camminare da sola per più di 4 mesi e poi, trovato uno spiraglio, ho mollato.
E fu così che poi, come sapete, sono finita in una microscopica azienda di servizi informatici dove ho patito le pene dell'inferno: shock delle dimensioni (19 dipendenti...io ero abituata a quasi 1000), ambiente refrattario (per usare un elegante eufemismo) alla nuova arrivata che non si capisce cosa fa, capo rozzo, con le idee molto confuse, capo che mi ha detto più volte "Arrangiati" che "Ciao". Il tutto per qualcosa che si è rivelato essere un non-lavoro a tutti gli effetti, un'attività destrutturata e senza un piano, avente come base solo gli umori di un singolo essere dispotico.

Ho retto finchè ha retto la mia schiena, il resto lo sapete.

Anche se non ho mollato come nel caso precedente, ma per motivi di salute seri, so benissimo che avrei mollato lo stesso, non si mente a se stessi, perciò non cambia niente...Ed eccomi qua, con un secondo caso in cui non sono riuscita a camminare da sola.

Ho un po' paura.
Ho paura che la vecchia me non se ne andrà mai. Perchè era lei che sapeva chi era, cosa sapeva fare e come farlo. Che si trovava bene dove stava e aveva imparato a lottare apertamente con chi le metteva i bastoni tra le ruote. E a volte vinceva. Quella consapevole delle sue capacità e del suo valore. Quella che aveva intorno a sè persone che conoscevano quel valore.

Ora, la fuori, sono sempre sola. Smarrita, non so più cosa so fare, cosa voglio e non so neanche più tanto bene chi sono, lavorativamente parlando, s'intende.

La mia esperienza, la mia professionalità, si è sfilacciata come una cordicella logora e bagnata, è diventata sempre più debole, fino a scivolarmi del tutto via dalle mani.

Cammino con la manina attaccata al muro, come facevo da piccola, perchè non mi fido delle mie stesse gambe e chissà, mi chiedo, se mai ri-imparerò a camminare da sola.


20 maggio, 2014

Riscoprirsi sportiva

Non sono mai stata una sportivona, una di quelle che consideravano l'appuntamento in palestra importante e irrinunciabile quanto quello con una cara amica. Non sono mai impazzita per la sala attrezzi, con i suoi invasati abitanti, esseri perennemente sudati, con in mano tabelle di attività e valori nutrizionali, esseri con un occhio sempre, immancabilmente buttato là, verso lo specchio, per darsi una controllatina alla zona critica.
Non sono mai nemmeno stata una maniaca delle tipiche attività più femminili: aerobica, step, gag...tutte queste amenità hanno finito per stufarmi, dopo poco.
C'era stato solo lo spinning, o race, chiamatelo un po' come volete, che contro ogni mia previsione, contro il mio più solido scetticismo, era riuscito ad appassionarmi un po' e a divertirmi, a recuperare la gioia di fare sport, che per me è rimasta (e lo è tutt'ora) sui campi da tennis e le piste da sci.
Ma la mia storia sullo spinning è triste e dolorosa, parla di persone care che si ammalano gravemente, parla di sofferenza. Quindi, non ne parlo, almeno non adesso.

E il tennis per il momento è ancora inaccessibile, così come lo sci e non solo per chiari motivi stagionali.

Tuttavia, dopo aver provato la pessima emozione del somi-immobilismo, ora che sto meglio ho proprio voglia di muovermi, di sentire i muscoli che lavorano, di non aver subito il fiatone, di sentire il cuore che pompa forte e il sangue che circola bene.

Per adesso sto solo camminando, non posso fare altro. Con Darcy, a fine giornata, un paio di volte la settinama, tre quarti d'ora di passeggiata di buon passo. A fine mese vedrò il dottore, lui mi saprà indicare le attività giuste ed io non vedo l'ora, letteralmente.

Questa cosa che mi è successa mi aveva fatto perdere completamente il controllo di me stessa, soprattutto del mio corpo. Non ero più padrona di nulla.
Ora, piano piano e con fatica, sto tornando io a comandare. In realtà spesso sento ancora del fastidio, sento che la gamba destra e debole, è ancora ben lontana dall'essere com'era, ma pian piano, ricostruiremo tutto.

Sì, ricostruiremo tutto.
C'è così tanto da riprendere in mano, che a volte mi spaventa. Poi ci rifletto un attimo e mi dico che no, non devo nè farmi spaventare, nè farmi prendere dalla fretta.

Poi un giorno, magari non tanto lontano, riuscirò a riprendere in mano lei:



13 maggio, 2014

Booknomination!




Ringrazio molto Mammavvocato che ha pensato a me per questa iniziativa.

Pensa e ripensa, sfoglia e risfoglia, alla fine ho deciso di postare un estratto da un romanzo che avevo già postato. Non è pigrizia, non è mancanza di idee...forse è eccesso di idee! Ci sarebbero talmente tanti brani, che non so nemmeno dove mettere le mani per ritrovare il libro! (in soggiorno? in studio? dai miei? oddio...). E poi alla fine dei conti, quel pezzetto di testo descrive così bene un luogo e persone che amo tantissimo e mi fa emozionare e rinvigorire quel sentimento ogni volta.
Quindi rieccolo.
Ah, naturalmente è in inglese, ma che ve lo dico a fare...

Ah2, perdonatemi ma non rinomino a mia volta i blogger per portare avanti l'iniziativa. Qui si trattasi di mancanza mia: mancanza di tempo per stare al pc, che nonostante tutto, devo ancora limitare al minimo. Dato che non vorrei fare delle nomination ad minchiam, chiunque abbia voglia può aderire, più circolano libri o pezzi di libri, meglio è.


"I love this country, she thought. I love it because it is soft and green and the sky is a theatre of white and grey and is so heart-breakingly beautiful in all its moods. I love it because of its people, who are frustrating and interesting and full of joy and sorrow, in equal amounts perhaps; who plot and scheme and yet find time to love one another and make songs and music and plant rhododendrons and write poetry and talk Gaelic and catch fish. I love it for all of that".

A. McCall Smith, "The charming quirks of others
"

12 maggio, 2014

Festa della mamma e capelli bianchi

Quando si è a casa, spesso tranquilli, perchè ancora forzatamente in convalescenza post intervento, capita di avere tanto tempo per pensare, per psicanalizzarsi, per rimuginare e a volte si scoprono cose che non ci piacciono neanche tanto: si scoprono aspetti di se stessi di cui faremmo a meno, che denigriamo negli altri e che spergiuriamo non ci appartengano.

Tuttavia.

Tuttavia sono lì, come i capelli bianchi, spuntano infingardi tra le colorate ciocche e si mettono in evidenza con tutta la loro odiosa sfrontatezza.

Stamattina.
Sto stendendo il bucato felice e contenta: felice della bella giornata che asciugherà tutto con un buon profumo di sole e contenta perchè ogni volta che esco sul balcone o guardo fuori dalla finestra e vedo tutto il verde che si distende rigoglioso dietro casa mia, mi si allarga il cuore.
Tra una molletta, una calzina rosa e una maglietta di Hello Kitty, ecco che si fa avanti il capello bianco: ieri era la festa della Mamma. Pfui. A me queste bieche feste consumistiche non piacciono, sono solo un raggiro per far spender soldi. La mamma si festeggia ogni giorno.
Già, la mamma.
E la mia? La festeggio ogni giorno? Direi proprio di no, anzi.
Il capello bianco si mostra in tutto il suo spessore e tutta la sua lunghezza.
Su fb ieri ho letto messaggi sdolcinati, lodi sperticate, frasi al limite dell'imbarazzante, parole talmente mielose dal sembrare false, ma anche auguri ben espressi, parole trasparenti, lucide e sincere. Mi ha morso una punta di invidia e non per non aver ricevuto simili auguri, perchè mia figlia non ha ancora tre anni non sarebbe in grado; il suo regalo, una stellina di vetro (decorazione di un vecchio acquario) accompagnato dalla frase "Mamma sei la più bella" è il più bel dono che lei potesse farmi.
Mi ha morso l'invidia verso chi riesce a fare simili auguri.
Per prima cosa io mi esprimo tanto bene qui quanto male a parole, ma questo lo sanno tutti e come ulteriore scusa accampo che è uno dei mali dei tempi dei social networks bla bla bla.
Mi punge dentro il fatto che forse e dico forse, mi piacerebbe saperlo fare e saperlo pensare.
Invece con mia mamma ci sono stati 26 anni di incomprensioni, di litigi, di battaglie, di lacrime, di grida, di rinfacciamenti.
Io mi sono sempre sentita non ascoltata, non presa sul serio, poco considerata e mettiamoci pure un poco stimata. Lei - credo - si è sempre sentita tagliata fuori, rifiutata.
Ma chi coinvolgerebbe una mamma che non ti prende sul serio e ti attacca sulle tue debolezze? Io no, non l'ho fatto.
Non lo faceva certo apposta, lei penso facesse del suo meglio, solo che i risultati dal mio punto di vista erano scarsissimi.
Poi, dopo la mia uscita di casa, le cose sono andate meglio, complice la sua età, che procedeva inesorabile portando più malleabilità e la mia - alleluja -  indipendenza economica.
Ora è un rapporto liscio, senza drammi e senza urla, ma lontano anni luce dai mammaseilamiavitailmiofaroilmiosoleelossigeno che leggo qua e là.

Ma il capello bianco è ancora lungo, caspita se è lungo.

Penso che io voglio essere il meglio possibile per la mia Ballerina e quindi, vaffan**** alla festa consumistica, mi sarebbe piaciuto un invito a cena, un fiorellino, una qualsiasi cavolata da parte di chi mi sta intorno che mi facesse capire che sì, sono una mamma a tutti gli effetti e questa cosa VA festeggiata. Non mi è bastata la stellina di mia figlia, avrei voluto di più.

Che oca, contraddico me stessa, vero? Sì, è vero, eppure è così, è il capello bianco, un lungo capello bianco che porta a galla invidie che non sapevo di provare e desideri che non sapevo di avere.

05 maggio, 2014

Finchè non si prova

Ma ci pensate? E' passato quasi un mese dal mio ultimo aggiornamento, un'infinità di tempo! Eppure sapete, oggi è la prima volta, da quel mio ultimo veloce aggiornamento, in cui posso sedermi tranquilla sul divano, mettermi comoda col pc sulle gambe e lasciar andare occhi e dita.

Mi sembra di essere stata via una vita. Perchè in effetti, sono stata via.

Dopo l'intervento sono stata in montagna, dove ho festeggiato in primis la mia ripresa e poi la Pasqua. Come al solito stare là ha un effetto benefico incalcolabile su di me, ma la mia bimba era al mare coi nonni, quindi dopo tre giorni io e Darcy ci siamo trasferiti dai monti ai mari.
Lui, dopo aver strafatto tutto l'inverno, si è finalmente concesso qualche giorno di ferie. Io non ne ho bisogno, la mia vita ora è tutta un essere in ferie, o per meglio dire, essere disoccupata. Ma no, oggi non scriverò di questo.

Al mare ero senza connessione, non ho mai potuto leggervi. Chissà quante cose vi sono successe....andare da ognuna di voi e rimettermi al passo coi post sarebbe utopistico, non ce la posso fare! Facciamo che mi lasciate voi detto come state? Facciamo che da domani riparto da zero e vi leggo zelante giorno per giorno lasciando traccia del mio passaggio?
Sapete che mi siete mancate?

E quanto mi mancava potermi sedere così, comoda sul divano. La cosa più normale del mondo...eppure non potevo più farla, così come non potevo sedermi a tavola, sdraiarmi a pancia in sotto, star in auto, andare in bici, fare un bel bagno profumato, prendere in braccio la Ballerina.
Le cose più normali erano diventate impossibili e ora, dopo tanta inattività, dovrò rimettermi in pista.
A fine mese avrò un controllo col chirurgo, ormai la ferita è quasi completamente guarita, ma lui si è affrettato a farmi capire che la mia schiena non lo è ancora. Ci sarà del lavoro da fare: esercizio, movimento e anche un po' di dieta. Ho voglia di camminare, di muovermi, di sentirmi sana.
Star male, avere addosso qualcosa di così invalidante è tremendo e io non ne avevo idea, non si può capire, finche non si prova.

Ho imparato anche questo. Il 2014 mi sta insegnando tantissimo e come vi avevo già detto, non riesco a non trovare qualcosa di positivo in tutto questo casino che mi è capitato, con tutte le sue pesanti conseguenze.

Ora, dopo 2 settimane di esilio felice, sono di nuovo a casa, con la mia vita in mano, da ricostruire giorno per giorno. Compere, incombenze, impegni, ruotine...tutto pian piano riprenderà come prima, ma nello stesso tempo sarà diverso. Ancora una volta, per l'ennesima volta, ho dovuto ri-imparare a non dar nulla per scontato.
Nemmeno sedersi sul divano.

Ma via, passiamo oltre per un attimo!
Tra i commenti al mio ultimo post ho trovato una bellissima sfida di Murasaki che non posso non cogliere, con vero piacere!


A noi tutte, che siamo donne fantastiche e normali.


Sonnet 130 - W. Shakespeare

My mistress' eyes are nothing like the sun;
Coral is far more red than her lips' red;
If snow be white, why then her breasts are dun;
If hairs be wires, black wires grow on her head.
I have seen roses damask'd, red and white,
But no such roses see I in her cheeks;
And in some perfumes is there more delight
Than in the breath that from my mistress reeks.
I love to hear her speak, yet well I know
That music hath a far more pleasing sound;
I grant I never saw a goddess go;
My mistress, when she walks, treads on the ground:
   And yet, by heaven, I think my love as rare
   As any she belied with false compare. 



Ovviamente sono fuori tempo massimo, ma spero che questa poesia piaccia a chi passa di qua :)


12 aprile, 2014

Aggiornamenti e pubblicità

Post brevissimo per farvi sapere che sono a casa, sto bene e presto mi rimetterò del tutto. Vi ringrazio tantissimo per i messaggi e gli incoraggiamenti che mi avete fatto in questi mesi un po' difficili.
Dato che però non sono in grado di produrre molte righe, per oggi vi lascio con un link dove potrete trovare un brevissimo racconto da me scritto un po' di tempo fa.
La protagonista è la mia nonnina che in questo periodo non sta molto bene...

http://ore17.merendineitaliane.it/?p=1869

Vi abbraccio e vi seguo anche se non commento!

03 aprile, 2014

At last

Oggi è arrivata.
LEI, la telefonata suprema.

Quando ho visto lo 011 sul display del telefono ho pensato "E' fatta, ci siamo questa tortura sta per finire....ma no, no, non illuderti Lizzie, sarà un piazzista di enciclopedie da remoto, un testimone di Geova che è rimasto chiuso in casa, un venditore di Folletto pigro...ma rispondi però cazzarola!".

"Buongiorno Signora Bennett, è l'ambulatorio di neurochirurgia dell'ospedale CTO, le comunico che il suo intervento è programmato per venerdì 11 aprile".

"Bene, grazie, finalmente!"

Segue una fase comica.

Prima chiamo mia madre e mio marito dando la lieta novella, come se avessi preso 30 ad un esame, come se fossi stata promossa all'esame di guida, come se avessi firmato un contratto a tempo indeterminato...insomma, una gioia che, vista da fuori, avrebbe potuto sembrare fuori luogo.

Annunciato a chi di dovere quanto fossi felice, inforco le auricolari, mi attacco a youtube e inizio ad ascoltare canzoni che non sento da tempo, canzoni molto anni 80, canzoni che non mi piacciono neanche tanto, ma che mi fanno sentire giovane, fresca, leggera e spensierata.

Poi mi metto a ballare. Cioè, più o meno. Sono malferma sulle gambe e legata per le orecchie ad un pc che a sua volta è legato ad un muro perchè la batteria non regge...non è proprio ballare, ma chiudo gli occhi, agito le braccia, mi muovo quanto posso al ritmo della musica e canto. Oh sì, canto pure!
Sono felice, starò bene, per Pasqua sarò in piedi, andrò in montagna, vedrò gli amici, mangerò, respirero e, vivaddio, camminerò. Senza problemi.

Mi operano, è tutto vero.
Sono felice.

Vi ho mai detto di quanto stessi male!?

28 marzo, 2014

Ma chi l'ha detto?

Ma chi l'ha detto che le donne sono complicate?

Un kindle pieno di tante pagine nuove da scoprire
La prospettiva di un sabato sera con amici e buon cibo
Una giornata di sole
Due profumi nuovi, buonissimi ed economici
La figlia che ti dice: "Mamma sei la mia migliore amica"
La consapevolezza di aver superato te stessa con l'ultima crostata
Aver esplorato la via dei secondi piatti con delle polpette di manzo che neanche Bastianich avrebbe osato criticare
La prospettiva di un imminente weekend al mare
La grigliatona di Pasqua in montagna che si avvicina
Avere la certezza che presto o tardi, l'ospedale ti DEVE chiamare e che quindi, STARAI BENE.

Ci vuol tanto a rendere felice una fanciulla?




22 marzo, 2014

La ricerca della normalità

Il sabato mattina noi abbiamo la piscina, acquaticità mamma-bimba.

Del momento piscina ho già parlato, dello sbatti di dover essere sempre accettabili a livello peli, della
rottura di scatole di far stare i capelli lunghi nella cuffia, nell'impresa epica di lavare una bambina incarognita perchè vorrebbe restare a mollo invece di andare a casa....insomma, sapete tutto.

Per la mamma-con-ernia-al-disco, tutto ciò viene condito da dolori vari misti assortiti, che fino a qualche settimana fa venivano messi a tacere a colpi di paracetamolo, ma ad oggi, il paracetamolo...come dire, ci fa un baffo. Per esser fini.

Quindi capite bene che il sabato mattina non mi sveglio dell'umore migliore del mondo, contrariamente all'italiano medio.

Ma ci si prova, ce la metto tutta. Ce la metto tutta nel tentare di vivere normalmente, nel cercare di non farmi amputare la vita da questa grandissima menata che mi ritrovo in L5 S1, anche se ciò significa puntare la sveglia anche di sabato, depilarsi in posizioni che neanche saprei raccontarvi, saltare come un grillo per non urlare dal male di fronte alla Ballerina e ingerire litri di caffè per resistere sveglia di pomeriggio, quando la stanchezza piomba addosso come un elefantino rosa.

Già, il pomeriggio post piscina. E post doccia. E post pranzo.

Una volta (l'anno scorso) la Ballerina dopo la piscina di pomeriggio, si sparava dei sonnellini che potevano toccare il picco delle tre ore.

Adesso niente. Niente. Zero.

Noi siamo morti, per motivi diversi, ma siamo morti.

Ci piazziamo sul divano e ci si chiudono gli occhi, ci addormentiamo mentre leggiamo, facciamo puzzle e/o raccontiamo favole. E lei nulla: dopo aver pranzato ha ripristinato le riserve energetiche e chi la ferma più.

Oggi era brutto, nuvoloso, ventoso e grigio. Che si fa? Muoriamo sul divano lasciando la figlia allo stato brado o cerchiamo qualcosa da fare tutti insieme? Ovvio che scegliamo la seconda strada.

Abbiamo optato per un festival della birra artigianale che si tiene durante questo weekend qui in città. Rigorosamente al chiuso.

Ci andiamo verso le 5, con l'intento di vedere qualche stand, far fare merenda alla pargola e magari scolarci una birra.
La situazione è subito chiara: a quell'ora ci sono solo semialcolizzati, addetti ai lavori e...coppie con bambini piccoli. Il festival è ben lontano dall'essere al suo meglio, i gruppi provano, accordano gli strumenti e gli addetti agli stand chiacchierano amabilmente e organizzano il lavoro in previsione della serata.
Poi arriviamo noi, facciamo il giro, prendiamo un gelato per LEI e due birre per noi.
Finite le birre penso che si è già fatto tardi, dobbiamo andare a casa per poter cenare ad un orario che permetta alla piccola di andare a nanna presto perchè è stanca, si vede e poi io ho male alla schiena, tutto sommato sono stanca anch'io, anche se faccio buon viso e poi a dirla tutta, dopo una media bionda, una buona ma normalissima media bionda, sono mezza sbronza.
Già, io, proprio io. La stessa che una volta ha retto nove (NOVE, 9) pinte di Guinness senza  morire nè vomitare. Sono mezza sbronza dopo una media bionda. E zoppico vistosamente.

Ci avviamo verso l'auto e io immagino quando, verso le 10 di sera, quel posto diventarà un pullulare di bicchieri, di baci, di musica e di brindisi. Ma scaccio subito questo pensiero, prima di poter anche solo pensare "che invidia".


PS. per la cronaca, sto ancora aspettando la data dell'intervento. Sono alla frutta.

17 marzo, 2014

E' arrivata la bella stagione

E' sempre così. IO sono così: una stramaledetta altalena in balia del vento.

Dopo i primi giorni di riposo dal lavoro, che mi hanno ristorata a livello fisico, ma ammettiamolo, soprattutto mentale, adesso la musica comincia a cambiare.

Fuori è scoppiata la primavera.
Ciuffi di fiori colorati e spavaldi, cielo azzurro, aria tiepida e vellutata, i bambini giocano nel cortile della scuola, riappaiono i motorini, gli occhiali da sole, gli hot pants, la gente pubblica foto fantastiche sui social networks e urge il cambio dell'armadio.

E a me, da vera donna mediocre, basta questo per ributtarmi nel mio stato preferito e seminaturale: l'ansia.

Eh già, il clima è così piacevole, si potrebbero fare tante cose, peccato che io non riesca a stare in auto (quindi niente viaggi oltre i 10 minuti), non riesca a camminare troppo o la schiena reclama (quindi niente passeggiate), non riesca a star seduta oltre i 3 minuti (quindi niente pranzetti fuori porta).

E poi, ma mi sono vista in faccia?
Sono bianca come uno straccio, ho delle occhiaie da competizione (il dolore mi fa dormire poco e male) e fisicamente sono appesantita da questa forzata inattività.

Insomma, è arrivata la bella stagione. Per gli altri.

Mettiamoci poi un Darcy spompato e rosicchiato dal lavoro, a cui lui dà dà dà dà dà e non riceve. O meglio, riceve come uno che dà una volta e basta, ma non va bene. Io mi arrabbio per questa cosa, nel vederlo vestire i panni di don Chisciotte, nel vedere quanto stia accumulando stanchezza e tensione.
Senza contare che dal mese prossimo tutta l'economia famigliare graverà sulle sue spalle in quanto unico portatore (non molto sano...) di stipendio.
Sensi di colpa io? Volete scherzare? Ahahaha. Meglio ridere per non piangere.

Mettiamoci poi una splendida Ballerina che, percependo che la mamma non sta bene, mi si appiccica come una cozza, pretendendo da me di tutto e di più, ma soprattutto TUTTE LE SACROSANTE COSE NORMALI che fa una mamma con la sua bimba. Peccato che la sua mamma abbia un'ernia del disco che la rende una mezza invalida, che non le permette di giocare, rincorrerla, saltare, fare la lotta sul lettone e prenderla in braccio.

Oltre a tutto ciò, la fatica mostruosa di stare al pc: posso mica scrivere da sdraiata?? In verità in questo momento ci sto provando!

06 marzo, 2014

Piccolo grande sogno

Cara nonna, questa è la lettera che non ti leggerò mai, perchè penso che entrambe piangeremmo dalla prima all'ultima riga e non va bene, soprattutto per me, perchè come faccio a leggere mentre piango?

Te la scrivo qui perchè sento, come al solito, il bisogno di mettere nero su bianco certe parole che girano senza meta tra le mie orecchie senza trovare una precisa collocazione.
Te la scrivo perchè oggi sono a casa da sola e miracolosamente ora riesco a star seduta per qualche minuto in più di ieri.
Te la scrivo perchè in questo momento sono qui in casa, col sole fuori e la musica dentro, con le auricolari sparate a mille come una ragazzina (so che i miei timpani un giorno mi presenteranno il conto, ma meglio sorda che non godersi certe emozioni).
Te la scrivo perchè adesso le sensazioni sono fresche e domani chissà come saranno.

Oggi sono stata a casa tua con l'architetto. Abbiamo preso misure, fatto ipotesi, fatto conti, disegnato mobili nell'aria, constatato quanto sia bella, la tua casa, ma anche quanto necessiti di essere sistemata.

Per me è stato il solito turbine di sentimenti: ricordi bellissimi, fatti di calore, di protezione, di sonni sereni, di ottime cene, di giochi in camera della mamma, di Happy Days prima di cena e rigorosamente di Tg1 durante, fatti di profumo di minestra buona e di friciulin di riso. Fatti di te con il grambiule perennemente addosso e il centimetro al collo, fatti del nonno che legge sul divano, sempre lì, sempre uguale.


Ti prometto nonna che i tubi a vista spariranno, che l'impianto elettrico verrà rifatto, che i pavimenti brutti verranno sostituiti, che il bagno e la cucina saranno moderni, funzionali e spaziosi.
Ti prometto che la sala diventerà enorme senza più quel tavolone inutile, ti prometto che le tende saranno chiare e leggere, che le porte e gli infissi saranno bianchi, ti prometto che non toccheremo il tuo ampio ingresso.
Ti prometto che ci saranno pochi mobili essenziali, ti prometto che non ci saranno tappeti, che tutto splenderà e profumerà di nuovo e soprattutto, ti prometto che ci sarà luce, ci sarà luce dappertutto.

Così potrai ammirla un pochino anche tu, per quando ti sarà possibile.
Perchè sai io nutro un piccolo grande sogno: portarti a vederla, quando i lavori saranno finiti.
Ci vieni vero?

04 marzo, 2014

Riflessioni personali e tecnologiche

Scrivo poco, lo so. E' per il fatto che non riesco a stare seduta a lungo e scrivere da sdraiata...faccio una gran fatica.

Eppure in questi giorni grigi e piovosi, ero qui sul divano che osservavo le gocce di pioggia scivolare sui vetri delle mie finestre e sentivo gli uccellini cantare. Fuori era il trionfo del grigiore: cielo coperto di nuvole cariche d'acqua, alberi ancora spogli, asfalto lucido e bagnato, pozzanghere che riflettevano il pallore del cielo, terra umida e scura. Eppure gli uccellini non si perdevano d'animo e cantavano.
Loro sanno che sta arrivando la primavera e non gliene importa nulla se piove, se fa ancora freddo, se il sole si fa desiderare e se i rami degli alberi sono ancora nudi.
Loro cantano.

Così faccio io. Più o meno. Senza cantare davvero, eh.
Nonostante la mia inattività fisica, comunque sento che mi sto muovendo, che sto facendo qualcosa. Non so bene cosa, è più un fermento interiore che un vero e proprio fare. Sogno, penso, rifletto, sogno di nuovo...Ho comprato la guida della Bretagna e ho deciso che sarà la meta di una mini vacanza estiva.
Ho comprato gli ingredienti per sperimentare torte nuove. Ho fatto ordine tra le mie cose.

Questo stato di salute un po' così mi sta facendo fare ordine anche tra le amicizie...poco da stupirsi, in verità.
Certi messaggi, certe chiamate, aprono il cuore e rendono le giornate leggere.
Certi silenzi, dicono soltanto ciò che si sa già.

Tutto questo mi ha portato anche ad una riflessione tecnologico-sociale: l'email, sta diventando uno strumento obsoleto, fuori dai contesti lavorativi? Mi spiego. Io sono qua confinata a casa e ricevo sms, messaggi privati su facebook, messaggi su skype, messaggi su whatsapp, i vostri commenti sul blog, ma pochissime email.
Al di là dell'uso che ne facevo per lavoro, ormai mi rendo conto che privatamente utilizzo la posta elettronica per usi specifici come controllare ordini online, ricevere aggiornamenti vari, attivare registrazioni a siti, ma sta un po' sparendo l'uso della "lettera" all'amica, sostituita dai strumenti più veloci, immediati, sintetici e forse, un po' meno adatti all'espressione dei sentimenti.

Avete anche voi questa sensazione?

Scusate la divagazione, ma in un'altra vita ho studiato comunicazioni sociali e certe cose ti restano appiccate addosso e poi riemergono. Soprattutto quando si è quasi confinati in casa.

25 febbraio, 2014

Non tutto il male...

Quello che mi è successo è doloroso, invalidante e fastidioso. In sintesi, una gran rottura di palle.

Da quando ho cominciato a manifestare i primi dolori alla gamba, ai primi di dicembre, la situazione è sensibilmente peggiorata. Gli antidolorifici non mi fanno quasi più effetto, le ore di sonno si assottigliano sempre di più, alzarmi, raddrizzare la schiena, muovere la testa, sono tutte operazioni potenzialmente dolorosissime che richiedono quindi un'attenzione che non sono abituata a dedicar loro. A volte mi dimentico. E poi urlo, urlo disperata, spezzata in due da un male che non vi so descrivere.

Eppure, datemi della pazza, non riesco a vedere tutto questo come un evento completamente negativo.

Per prima cosa, mi ha imposto una pausa che sicuramente non mi sarei mai presa. Una pausa di cui il mio fisico aveva bisogno.
Erano mesi, in realtà, che la mia schiena mi mandava chiari segnali preoccupanti, ma che io ignoravo. Per esempio a luglio, sono rimasta bloccata per ben due volte, tipo colpo della strega. Ho ingoiato antidolorifici, applicato qualche cerotto e via, come se niente fosse.
Poi quella dannata sedia, in ufficio, che mi costringeva ad assumere una postura scomoda ed innaturale per le otto ore di lavoro: un disastro per il collo e le spalle, tanto che ancora domani, andrò dal fisioterapista.

Se non fosse intervenuta l'ernia, ora io sarei ancora piantata su quella sedia a fare a pezzi collo e schiena.

In seconda battuta, mi prendo questa pausa anche a livello mentale. La vedo come una possibilità di ripartire.
Ok, adesso devo pensare alla salute, a rimettermi in sesto, ma dopo, quando starò bene, mi sarò lasciata alle spalle tutta una serie di esperienze che ora voglio solo archiviare e ritirare in un cassetto.
Quando starò bene, potrò finalmente ricominciare.
Mi sembra di avere di nuovo un'occasione d'oro, mi sento incredibilmente fortunata perchè, di nuovo, avrò la possibilità di reinventarmi, di capire cosa voglio, cosa preferisco, cosa cercare, su cosa focalizzarmi.

Questa opportunità mi era già stata offerta una volta ed io, in preda alla paura restare disoccupata, l'ho sprecata gettandomi a capofitto in una ricerca senza logica e senza filtri.
Ma dagli errori si impara, la prossima volta non andrà così. Starò più attenta alle mie esigenze, ascolterò le mie inclinazioni, terrò presente i bisogni della mia famiglia e per una volta, anche i miei.


Questa situazione mi sta dando del filo da torcere, ma tutto sommato, credo che ne varrà la pena.
Oggi il sole splende e ci sta regalando un cielo molto, molto azzurro.

Oggi ho l'impressione di poter fare qualsiasi cosa.

21 febbraio, 2014

La Lizzie Musicale

Ve l'avevo detto: sono fatte di carne, sangue, caffè e rock inglese (ma la mia canzone preferita è americana).

Oggi nella blogsfera esordisce una Lizzie un po' particolare, perchè quella normale è stufa di scrivere soltanto dei suoi malanni e di ammorbarvi con le sue paturnie quotidiane (ma non temete, credo proprio che le mirabolanti avventure della mia schiena non vi abbandoneranno...)

La Lizzie che ancora non conoscete (e forse era un bene!) è quella con la passione musicale, quella che la fa vivere il 50% del suo tempo libero con gli auricolari nelle orecchie (l'altro 50% sta con gli occhi piantati sul kindle), quella che dopo aver provato a suonare, ha capito che quello che davvero la ispirava era ASCOLTARE, quella che è cresciuta con Beethoven, Battisti, Deep Purple e Pink Floyd che le facevano compagnia in tutta la casa (grazie al suo papà), quella che quando le sue coetanee ascoltavano Madonna, comprava lo spartito di Michelle, quella che quando le coetanee sono passate ai Take That, stirava ascoltando Starway to Heaven e registrava abusivamente dalla radio One.
Un'emarginata musicale, in sostanza.
L'avreste mai detto?

Magari questo argomento vi annoierà a morte, magari non sarete mai d'accordo con me (di questo sarei già contenta, vorrebbe dire che abbiamo qualcosa di cui discutere insieme!), magari non vi interesserà per niente, chissà.

Ecco perchè ho deciso di aprire uno spazio separato, uno spazio nuovo che in comune con questo avrà solo la mente malata all'origine dei post.

Non so quanto durerà, non so se sarò costante come con questo blog, ma in questo momento di inattività fisica, sento che la mia mente ha bisogno di questo stimolo, di raccontarvi passioni, emozioni, opinioni e chissà cos'altro su questo aspetto così positivamente ingombrante della mia vita.


19 febbraio, 2014

Non vi ho mai parlato del dolore

In tutta questa storia della discopatia, dell'ernia e dell'operazione, sto riscontrando incredulità e diffidenza da parte della gente.

Ma come? Devi farti operare? Ma guarda che l'ernia del disco non la operano più!
L'operazione? No, lascia perdere, l'ha fatta mia cugina e adesso se ne pente.
Devi operarti? Ma va, sei matta, io ho risolto tutto con il karate/pilates/riflessologia/fisioterapia

Ma come l'operazione? E' una vita che non sento di qualcuno che si opera per l'ernia del disco!
Come ti operano? Strano, di solito per l'ernia operano solo chi è totalmente infermo.

Ma davvero la situazione è così seria? Addirittura l'operazione! Non c'è un'altra soluzione?

Non vi ho mai parlato del dolore che ho addosso.
Del male che provo dal gluteo destro, che scende fin dietro il ginocchio e come una scossa arriva fino al tallone. E' un dolore costante, che si acuisce quando muovo la testa, quando mi siedo, quando mi alzo, quando raddrizzo la schiena, quando mi giro nel letto quando mi muovo in fretta. E' un dolore che toglie il respiro, che sento dalla punta del piedi alla punta dei capelli. A questo si deve aggiungere una perenne sensazione di formicolio alla gamba e  una forte pesantezza alla schiena, su tutta la fascia lombare.

Capisco di non essere moribonda, ma se delle persone competenti in materia mi hanno consigliato una certa strada, scusate, ma io la seguirò.

Non vi ho mai parlato del dolore, ma forse dovrei cominciare a farlo, anche se non è mia abitudine andare in giro a sbandierare i miei malanni dettagliatamente.

Eppure quello che fa ancor più male, più che il dolore fisico che di per sè è tosto, è percepire tra le parole non dette, tra i commenti e i falsi consigli, tra gli sguardi e l'incredulità, un vago senso di rimprovero, un giudicare, un tirare sentenze.
Eh sì, perchè è questo che sento ogni volta, come a volermi dire: sei la solita catastrofica, che piagnisteo, addirittura l'operazione, che esagerata e poi stai pure a casa dal lavoro, sfaticata, questo puzza di sfruttamento della situazione, perchè tu non hai voglia di lavorare e nemmeno di fare delle terapie, preferisci piangerti addosso di fronte ad un intervento e aspettare sul divano.

Ecco, non voglio passare per paranoica, ma non sono nemmeno del tutto cieca e certe frasi, anche se non dette, compaiono sulla teste delle persone come le nuvolette dei fumetti.

Non vorrei curarmi di queste cose, ma come ho detto, mi fanno molto più male dell'ernia.

Ora chiuderò fuori tutto questo, penserò solo alla mia salute e guarderò avanti, nella convinzione che da questa disdetta, nascerà qualcosa di buono.

Voi me l'avete detto in tante ed io vi credo.


17 febbraio, 2014

Riposo forzato e rabbia galoppante

Capita che così, dall'oggi al domani, di ritrovarsi a casa, il lunedì mattina. Da sola.
Darcy è partito presto per Milano, la Ballerina è coi nonni e io, sono qui, sul divano: mi è stato ordinato assoluto riposo (stare sdraita, potendo) fino all'intervento, che sarà...boh, spero presto.

La piccola è stata brava: pur capendo che c'era qualcosa di strano (la mamma a casa a quest'ora? e allora perchè devo andare dai nonni?) ha obbedito e, almeno per adesso, ha capito che la mamma per un po' avrà bisogno di tanto aiuto, non potrà prenderla in braccio, fare la lotta, giocare sul pavimento...fare tutte quelle cose che si fanno di solito insieme. Stamattina ha voluto mettere la gonna (evento!) ed è uscita tranquilla. Una donnina.

E io mi ritrovo qui, in questa dimensione parallela, in questo duplice limbo amaro.

Duplice perchè c'è la mia salute in stand-by: il mio "deficit motorio", come l'ha definito l'ultimo medico che mi ha visitata, è sempre più evidente, i dolori vanno di pari passo e il resto lo fanno le ore di sonno, scarse e di pessima qualità.
Aspetto solo di sapere quando mi opereranno. Aspetto solo che squilli il telefono.

Duplice perchè anche il lavoro è il stand-by: come da previsioni, dopo aver spiegato al capo la situazione, il giorno dopo questo Signore mi convoca, ufficialmente per ricevere da parte mia il passaggio di consegne, ufficiosamente per darmi il ben servito. Sapete com'è, il contratto scade il 31/3 e io da oggi sono in malattia fino a chissà quando....per caso pensavate che mi avrebbero tenuta?
No, certo che no.
Non lo pensavate.
E nemmeno io.
Ovvio che non mi hanno detto "Non ti rinnoviamo il contratto perchè hai l'ernia del disco e chissà quando rientri", ma le motivazioni portate, sebbene non totalmente folli, fanno un po' acqua. In ogni caso, la legge Fornero dà tutti i diritti all'azienda e zero a me, quindi il tutto non fa una piega.

Per riassumere, fino al 31/3 sono in malattia, ma ancora impiegata in azienda; dal 1 aprile, sarò ufficialmente disoccupata.

Va bene. Non era il lavoro della mia vita, l'ho detto tante volte. Mi sono accontentata, come ho fatto tante altre volte il passato.

Già.
In vita mia (dopo la laurea, giusto per ricordarlo, perchè durante ho sempre dato ripetizioni per arrotondare), ho fatto la pendolare, ho fatto stage non retribuiti, ho accettato lavori che non piacevano, ho fatto levatacce, ho macinato chilometri, subito ingiustizie, imparato 5 lavori, ho speso un sacco di soldi in spese di trasporto, ho mandato giù bocconi amari, ho passato ore e ore al pc sui portali di head hunters e agenzie di lavoro temporaneo, ho preso porte in faccia, ho spedito centinaia di cv spesso e volentieri senza nemmeno ricevere una risposta....ma guarda un po', dal dicembre del 2002 non ero mai stata a casa da lavorare.

Capito, John Elkann??

Ora, per favore non fatemi dire cosa penso di questo bellimbusto con la faccia da bambino, perchè mi manca solo una querela!

No, va beh, una cosa la dico, non ce la faccio:

siamo ancora sicuri che tra i due il meno furbo sia Lapo??

13 febbraio, 2014

Ricchi premi e cotillons

In questi giorni di scompiglio, di tachipirine, lavoro saltabeccante, trasferte torinesi, dolori acuti, sensi di colpa e sonno violento, ho ricevuto ben due premi. Ragazze, inutile dire che sono commossa!
Per prima cosa un doveroso ringraziamento alle amiche blogger che mi hanno assegnato i premi:
Pamela di Una mela verde lime e Mammavvocato
Nel dettaglio i premi sono

(che in realtà, diverso tempo fa avevo già ricevuto: si sa, questi bellissimi award girano, girano, girano e a volte, tornano!)
e


che invece ricevo per la prima volta, con tanto piacere.

Per evitare di diventare noiosa, mi dedico al secondo premio, non perché non abbia gradito il primo, tutt'altro, ma proprio perché avevo già partecipato al gioco e ora mi sembra giusto privilegiare l'altro, spero che Pamela mi perdonerà! Per scusarmi, ecco il link al post che avevo dedicato a questa iniziativa: http://elizabethbennett76.blogspot.it/2013/04/premio.html

E ora passiamo al secondo Award.

Regole:
1. elencare 7 cose su di me
2. elencare 15 blog a cui donare a mia volta il premio
3. avvisare suddetti premiati
4. ringraziare il blogger che mi ha premiato
5. inserire il bannerino

Smarcati gli ultimi due punti, ora mi dedico agli altri.

7 cose su di me (che già non sappiate...mica facile!)
-Adoro il bagnoschiuma alle mandorle
-Non sopporto chi si esprime in modo trasandato, sia per iscritto che oralmente
-Non sono una vera sportivona, ma non smetterai mai di giocare a tennis. Anzi sì, ma solo per una bella sciata.
-Non sopporto la maleducazione, se poi come spesso accade si accompagna all'arroganza...apriti cielo
-Credo nella gentilezza
-Non mi sentirete mai dire "vorrei tornare indietro"
-Faccio la splendida, ma ho paura per l'operazione che mi aspetta


I premiati sono:
-Scarlett O'Hara, mamma da meno di un anno!
-Shaula, che ho conosciuto da poco, ma che amo già tanto leggere!
-Serena perchè i suoi post sono sempre misurati, ben scritti...una ventata di freschezza
-La Dea Kalì perchè sono così felice che abbia di nuovo voglia di scrivere!!!!!!!
-Bianca, nuova amica con un talento pazzesco e un sogno grande
-Francesca perchè i suoi post sono poesie!

...oddio scusate, 15 non ce la faccio! Come faccio poi ad avvisare tutte??

12 febbraio, 2014

Verdetti, scorrettezza e desideri

Riassunto delle puntate precedenti.
Da due mesi Lizzie soffre di lancinanti dolori alla gamba destra e alla zona lombare. Dopo lastre, risonanza magnetica e una visita specialistica, il verdetto è ernia del disco. Consigliato intervento.
Lizzie incassa e si rivolge a una stella di prima grandezza, un medico che rimette in campo giocatori di calcio che valgono milionate di euro: stesso verdetto.
Lizzie comincia a metabolizzare.

Oggi.
Splende il sole, la giornata è tiepida e sono rinfrancata da una bella dormita e da un pomeriggio parzialmente trascorso  a spasso per il centro di Torino, in compagnia di mio papà.
Come speravo, la città mi accolta con amore. Cielo blu, colline in vista, montagne bianche. Fauna molto variegata ed interessante: frotte di studenti con un neurone condiviso, "madame" che trasudano ricchezza e incapacità di accettare l'invecchiamento, sciurette al bar davanti a tè e pasticcini dedite ad un sano pettegolezzo, mendicanti esigenti ed invadenti, mendicanti muti come i muri a cui si appoggiano, mamme con carrozzine, papà con carrozzine, qualche manager rampante che non reggerebbe però il confronto con l'analogo esemplare milanese.
Adoro osservare la gente.

Nel tardo pomeriggio, la visita col luminare, che conferma la diagnosi dell'altro medico e rincara la dose.
-Signora, lei sta lavorando?
-Sì
-Sta seduta tutto il giorno?
-Sì
-Però noto già che assume una postura non corretta, per sentire meno dolore. E' controproducente. Le dà fastidio stare alla scrivania, vero?
-Sì, molto, se non prendessi una tachipirina ogni mattina, non ce la farei.
-Stia a casa, le faccio la giustificazione. Lei è giovane: si prenda cura della sua schiena.

"La giustificazione" mi ha ricordato la terminologia scolastica e ha reso questo medico blasonato ancor più umano di quanto già non fosse. Sì, la visita mi ha soddisfatta: meticolosa, approfondita. Il medico, anche: professionale, umano, gentile, alla mano.

Il verdetto non mi stupisce. Un po' di più il dover stare a casa fino all'intervento, ma sapete che c'è: la schiena è mia e ne ho una sola.
Questo lavoro non mi soddisfa e molto probabilmente tra meno di 2 mesi non avrò più un contratto. Penserò a me stessa.
Vorrei poter riposare davvero.

Adesso scrivo una cosa molto scorretta, ma vorrei sedermi su un aereo e volare alle Maldive per sette giorni di ozio totale. Da sola con Darcy. Lo so che ho una figlia. Ma oggi sono così, sono egoista, sono scorretta. Vorrei, per una volta, il caldo del sole sulla pelle, perché il freddo mi fa star peggio. Vorrei sdraiarmi sotto il pelo dell'acqua e sentirne il delicato massaggio. Vorrei non dover indossare calze, maglioni, piumini, perché ogni gesto legato alla vestizione è una fatica. Vorrei non far da mangiare, perché mi stanca. Vorrei trovare i pasti già preparati, belli freschi, tutti per me. Vorrei dover soltanto leggere, ascoltare musica e comunicare (con whatsapp magari, senza usare la voce) con chi amo.
Vorrei non dover pensare che l'inquilino ci ha scaricati e che quindi sta mandando in fumo la mia piccola fonte di reddito, proprio quando sto per perdere (probabilmente) il lavoro. Vorrei essere benestante e non dovermi preoccupare di queste cose. Vorrei vedere la Ballerina via Skype, mentre è in braccio a qualcun'altro, perché per me è diventato un supplizio. Vorrei non sentire un nodo in gola ogni volta che allunga le braccine e mi dice: "Mamma, in braccio!".

Vorrei, ma non posso.

Per adesso inizio la cura e aspetto che mi chiamino, cercando di limitare i danni.

10 febbraio, 2014

Torino

Torino per me vuol dire festa, vuol dire gita, vuol dire giornata speciale.

I miei ricordi hanno radici lontane, quando da piccina, mio papà ci andava per lavoro e io sapevo che al ritorno, avrebbe portato qualcosa per me: un fermaglio per i capelli, un ciondolo d'argento, una spilla luccicante. Torino per me aveva la valenza di grosso scrigno della meraviglie, da cui mio papà attingeva ogni volta.

Poi sono cresciuta e durante le superiori è diventata la città della gite del sabato pomeriggio. Si usciva da scuola e invece di tornare a casa si correva in stazione a prendere il treno, direzione Porta Nuova. Pranzo in un bar e via, a briglia sciolte per le vie del centro, obiettivo quello shopping economico e un po' stupido tipico delle sedicenni senza soldi e senza un gusto ancora definito.
Orecchini astrusi, enormi o piccolissimi, maglioni informi, make-up di dubbia qualità, gonne colorate che mai si indosseranno.
Il tutto condito da lunghe traversate sotto i portici, panini deliziosi (nessuna città al mondo produce panini buoni come quelli di Torino: varietà e qualità sono anni luce al di sopra di ogni paragone, provare per credere), chiacchiere infinite e pettegolezzo libero.
Pomeriggi di totale e irreale spensieratezza, pomeriggi irripetibili.

In seguito Torino è diventata la culla di uno dei giorni più belli che ricordi: mi ha ospitata per un intervento che mi ha cambiato la vita in meglio e non di poco. E solo questo parla da sé.

Nel periodo olimpico poi, da appassionata di sport invernali, ho vissuto con piacere e con orgoglio la sua giusta e strampalata rinascita, fatta di musica, colori e fiumi di persone. Una specie di paese dei balocchi che poi, naturalmente, ha spento le sue luci.

Dopo la nascita di mia figlia, Torino è diventata la città della ricerca, del rimettersi in pista: frequentavo gli uffici di un'agenzia di ricollocomento con cui l'azienda che mi aveva defenestrata aveva un accordo di collaborazione. Usufruivo di un servizio e la cosa mi dava anche l'occasione di fare una passeggiata solitaria per le vie del centro, di prendermi un po' di tempo per me senza sentirmi in colpa, di pranzare con una ex collega e di lasciare a casa la ruotine. Almeno per un giorno ogni tanto.

Domani Torino mi regalerà altre emozioni.
Nel pomeriggio farò una gitarella non proprio di piacere, ma che finalmente potrà darmi delle risposte sulla mia salute, su come risolvere il mio problema alla schiena.
Prenderò un treno, farò un giro sotto i portici, guarderò vetrine e osserverò il cielo che spesso, è più azzurro che non qui. Osserverò le montagne bianche fino in basso che la abbracciano, così vicine che sembra di poterle toccare.
E mi sentirò un po' in vacanza, come sempre quando sono lì, in questa città che frequento poco, che conosco poco, ma che per qualche strano motivo sento famigliare.
Forse perché mi ha sempre accolta dando del suo meglio.

06 febbraio, 2014

Un filo invisibile

Aveva provato in tutti i modi a convincere la madre a iscriverla nella scuola media dove sarebbero andati quasi tutti i suoi compagni, quella proprio lì accanto.
Aveva provato a ignorare il problema.
Aveva provato a fermare il tempo.

Niente aveva funzionato.

In un batter d'occhio si ritrova lì seduta alla scrivania della sua cameretta, con la foto dei suoi compagni appoggiata al muro, perché stia in piedi bella in vista.
Quest'anno non ci sono nemmeno i compiti delle vacanze e per ironia della sorte, lei invece li vorrebbe. Vorrebbe che a settembre potesse tornare nella sua scuola, nella sua aula, con le sue maestre e suoi compagni. I suoi amici.

Invece non è possibile.
La scuola sarà un'altra, lontana, dove di loro si sono iscritti in pochi (cinque, una miseria) e quindi verranno di sicuro sparpagliati nelle otto sezioni disponibili.
Le maestre incontreranno nuovi bambini, che, odiosi marmocchi, prenderanno il loro posto, sia in classe, che nel cuore delle maestre.
Gli amici saranno quasi tutti nella media vicina, in tanti si ritroveranno in classe insieme e comunque al suono della campanella, nell'intervallo o nel cortile, potranno vedersi facilmente.

E lei invece sarà all'altro capo della città con tanti sconosciuti provenienti da scuole sconosciute.

Gli occhi pungono e non c'è motivo per trattenere le lacrime. Già, piange. Piano piano, in silenzio, senza farsi sentire. Piange perché quei luoghi e quelle persone sono il suo mondo e la vita glieli sta portando via. Si domanda se sia normale questa reazione per una bambina di 11 anni. Non lo sa, non lo sa e nemmeno le interessa. Lei ama quelle persone, vuole stare con loro e non vuole separarsene. Il resto ha poco significato.

L'estate passerà, lenta e calda.
In montagna si sta bene, ci sono altri amici, altre cose da fare.
Ma quel pensiero alla sera, ritorna.

Per tutti i tre mesi estivi porterà con sé il portachiavi che le maestre hanno regalato ad ognuno di loro: la fa sentire meno lontana e ancora parte di qualcosa che forse non esiste più.

Poi arriverà settembre, una vita diversa, nuovi luoghi, nuovi amici e la tristezza, piano piano, passerà.


Tanti, tanti anni dopo, alcune foto riportano alla mente quel periodo.
Ritorna vivo un legame che sente non essersi mai spezzato, un legame strano, che forse per molti non ha importanza. Ma forse sì, visto l'entusiasmo nel rivedersi, qualche anno fa.

Un filo invisibile che lega 25 bambini che hanno condiviso cinque anni di vita, cinque anni che hanno insegnato loro a vivere con gli altri, a studiare, a capire le persone, il mondo, a capire se stessi. Scusate se è poco: cinque anni che hanno gettato le basi per il futuro.
Per qualcuno quel futuro è stato brevissimo e questo pensiero, seppur a distanza di così tanto tempo, la sconvolge ancora.

Ma il filo c'è, lei lo sente, non sa se lo sentano gli altri, ma lei lo sente e sa che arriva da ognuno, fino in cielo e poi torna giù e li tiene uniti in qualcosa che ci sarà sempre.



Questo post è dedicato a Paola, che mi legge. A Elena, che ho visto stamattina. A Francesca, con cui ho parlato ieri. A Nicoletta e Federico, perché sono una favola vivente. A tutti, proprio tutti, che vorrei elencare, ma penso sia superfluo. E in particolare, a Daniele e Dorina, che ci guardano dall'alto.

05 febbraio, 2014

Stallo

Tanto per usare una figura retorica leggermente abusata, oggi mi vien da dire che la vita è un percorso ad ostacoli. Ci sono tratti ben asfaltati, dove si corre lisci e senza intoppi e poi ci sono diffuse zone tortuose, sterrate, con buche, pozzanghere (noi non le amiamo, non siamo Peppa Pig), steccati da saltare (ma noi non siamo brave come il tizio dell'olio Cuore) e voragini da superare.

Indovinate che tratto sto attraversando da un po' di tempo a questa parte.

Il mio percorso sembra pericolosamente inceppato. Sono di fronte alla voragine.
Guardo ansiosa a destra e a sinistra, ma non vedo ponti. Guardo dall'altra parte del burrone e scorgo altre persone che mi fanno ciao ciao. Quindi un passaggio ci deve essere, da qualche parte c'è un ponte, oppure mi toccherà calarmi fin giù e risalire?

Forse ognuna di quelle persone si è costruita il proprio ponte, la propria possibilità di andare avanti.

Andare avanti per me significava lasciarmi alle spalle una lunga ed ingombrante esperienza lavorativa, per (ri)trovare la mia strada, quella smarrita dopo gli studi al grido di "cogli il posto a tempo indeterminato qualunque esso sia".
Andare avanti per me significava avere il tempo di coltivare un paio di hobbies che avevo trascurato, piccole cose, ma che mi piacciono e avrei tanto voluto rispolverare.
Andare avanti per me significava dare un fratellino alla Ballerina.

Tre bei ponti, tutti e tre al momento inesistenti quanto un unicorno.

Forse questo percorso a volte richiede di saper accettare le pause, i momenti di stallo che per tanti motivi ci vengono imposti.

Questo è il mio momento di stallo.

Adesso riprovo a guardarmi bene attorno e forse, se osservo bene, troverò una panchina. Magari di quelle di legno dipinto di verde che c'erano quando ero piccola, quelle che venivano incise dagli innamorati. Se ne trovassi una, adesso mi siederei e aspetterei.

Aspetterei di ritrovare un po' di serenità, dopo tutti i sagrin* che mi hanno regalato gli ultimi mesi, aspetterei che arrivasse anche solo un pizzico di bel tempo e poi mi alzerei, per ricominciare il percorso, per cercare ciò che mi serve per costruire i miei ponti.
Sì, aspetterei seduta tranquilla, perché le decisioni non si prendono quando si è sull'onda della tristezza e quando piove, piove, piove da sette giorni filati.

*dispiaceri, preoccupazioni.

04 febbraio, 2014

Stelle senza cielo

Mi colpisce ogni volta l'estrema fragilità umana di chi viene inesorabilmente schiacciato dal cosiddetto starsystem.

Sono rimasta sconvolta in gioventù da Kurt Cobain, bello e talentuoso quanto timido, triste e debole, che un bel giorno decide di spararsi con un fucile. Spararsi con un fucile, roba per cui ci vuole coraggio, spararsi non è come inghiottire sonniferi.

Sono rimasta sconvolta dalla fine di personaggi giovani, belli e di successo, come Heath Ledger e Amy Winehouse.

Sono rimasta malissimo, ma forse ormai era nell'aria, dalla triste storia di Whitney Houston, una donna nata splendida con cinque ottave in gola. Cinque ottave, roba da far paura. Eppure il suo declino è stato lento, ma inarrestabile, come la pallina che rotola sul piano inclinato.

Oggi, mi stupisco ancora, per l'attore premio Oscar Philip Seymour Hoffmann, che si uccide a colpi di eroina, trovato nel suo bagno con la siringa ancora nel braccio.

Eroina, nel 2014. C'è ancora qualcuno che non sa che con l'eroina, si muore?
Non siamo nel '74 e nemmeno nell'84, quando ignoranza e disinformazione hanno fatto fiumi di vittime.
Oggi sappiamo quali sono gli effetti di certe abitudini. Oggi sappiamo che si muore.

Eppure.

Mi ritrovo a pensare che noi "comuni mortali" non dobbiamo avere idea del mondo in cui vivono queste persone.
Siamo portati a pensare "aveva tutto, era giovane, ricco, di successo....poteva essere/fare qualsiasi cosa volesse".

Verrebbe da dire "possibile che non ci fosse un' alternativa?"

Certo che c'è, ma queste persone non la vedono, per motivi che proprio non so comprendere.
E certi demoni non si possono far sparire a suon di dollari, certe paure, il vuoto, il buio che si ha dentro non svanisce in una casa con piscina.

Lo stress e le pressioni devono essere così tanti, così pressanti, che chi ha qualche piccolo problema di equilibrio, di autostima, di controllo, finisce spesso per vivere una vita molto difficile nonostante l'apparenza patinata, a volte addirittura con epiloghi tragici come in questo caso.

Si fa presto a dire "aveva tutto", si fa presto a generalizzare.
Chi di noi può sapere quali fantasmi combattono gli altri?
Chi di noi può sapere quale disperazione vive chi vede come sola possibilità quella di una siringa?

Non giustifico, ma nemmeno giudico.

03 febbraio, 2014

Una mamma di M

E non intendo di Miele, ok?

Ore 16.48
Sono qui in ufficio, sto scrivendo un'email al capo, quando squilla il cellulare.

-Ciao Lizzie, sono Suocera, sorpresa! Siamo tornati oggi, tanto al mare pioveva e le previsioni erano brutte anche per domani. Per stare là chiusi in casa, abbiamo raccolto tutto e siamo tornati un giorno prima. Tu sei in ufficio vero?
-Sì
-Immagino che dopo farai la spesa, quindi ci vediamo sul tardi. Ballerinaaaa, dì ciao alla mamma!
-Maaaammmmaaaaaaa!
-Ciao tesoro ci vediamo stasera. Grazie Suocera, a più tardi.
Click.

Avrei dovuto essere felice che la mia bimba stasera sarà a casa con me e non al mare coi nonni.
Avrei dovuto essere felice che fosse tornata un giorno prima, perché la casa senza di lei sembra vuota.
Avrei dovuto pensare: "Oh che bello stasera la mangio di baci".

Invece sono una mamma di M.

Ho pensato:

Arriverò a casa molto tardi, perché dopo l'ufficio devo fare una maxi spesa, non la faccio da 2 settimane, mi devo pure far aiutare da mio papà perché con la schiena così ridotta non riesco a portare i sacchi e Darcy è Milano.
Arriverò a casa e ci troverò bambina e suoceri e lei, piccolina, avrà tirato fuori TUTTI i suoi giocattoli preferiti e loro (i suoceri) saranno lì beati sul divano.
Io sarò sfatta dopo una giornata di lavoro-lotta, dopo il supermercato e sarò bagnata fradicia dalla pioggia battente, che proprio non vuole darci tregua.
Lei giustamente vorrà attenzioni da parte mia, come fa sempre, dovrò cambiarla, vestirla, coccolarla e giocare con lei sul tappeto. Senza avere il tempo di togliermi gli stivali.
Non ho nulla di pronto per cena. Lei deve cenare non troppo tardi.
Dovrò fare tutto di corsa. Ho lo stendibiancheria piantato in mezzo alla casa.
Dovrò ritirare i panni e metterli via in attesa della stiratura, prima di mettermi a cucinare.
Dovrò cambiarmi, lavarmi e rivestirmi di corsa, per fare in fretta, per stare con lei, per fare la cena prima che arrivi Darcy, che ha mangiato al volo in ufficio e quindi vorrà qualcosa di decente e domani deve di nuovo alzarsi molto presto quindi non possiamo cenare troppo tardi..............Aaaaaaaaaaaaiutooooooo.

E mentre pensavo tutto questo, una vocina dentro di me sussurrava, malefica: certo che sei proprio una mamma di M!

31 gennaio, 2014

La casa dei ricordi

La casa dei miei nonni, dove ormai da 16 anni mia nonna viveva sola, è la casa dei ricordi.
Quella casa è come le rocce dove si stratificano i sedimenti, da cui poi i geologi deducono l'età.
Lì dentro si sono stratificati 60 anni di eventi, di esperienze, di ricordi.
Una casa che però, è ferma negli anni 50: infissi, pavimenti, mobili.
Quando ci entro sento quell'odore così famigliare, i suoi rumori, le sue luci. Vedo ancora mio nonno seduto sul divano a fare i cruciverba, le gambe accavallate, la biro in mano e gli occhiali marroni sul naso.

Ora questa casa sta per iniziare una nuova vita. La nonna non ci abiterà più, da sola non avrebbe potuto più farcela. Ha bisogno di assistenza, costante e professionale.

Dovrei essere triste e un po' lo sono. Tanto, in verità.
D'altro canto, sono felice che finalmente i miei possano risistemarla, cosa che desideravano da tanto, ma che con la nonna lì presente non potevano fare.
Ora lei ha dato il suo consenso, a dir la verità, non l'ha mai negato.
Sono contenta perché è una casa bellissima, con un sacco di pregi e sarebbe un peccato lasciarla invecchiare e deteriorarsi. Sono contenta perché merita che qualcuno ci viva dentro e la tratti bene e nessuno, più di mia mamma, può farlo, perché è la sua casa. Sono contenta perché è da quando ho circa 12 anni che sogno di vedere i miei fuori dall'appartamento dove vivono ora.

E' triste che per fare tutto questo fosse necessario che la nonna non fosse più in grado di viverci.
Ma mi emoziona pensare che ora toglieremo la patina di polvere, renderemo tutto lucido e profumato. Di nuovo, di fresco.
Immagino tanta luce, meno porte, mobili lineari e moderni, come li vorrebbe mio papà.
La nonna è contenta, dice che è giusto così. Lei del resto è sempre stata una tipa moderna.

Sapere che in questo progetto ci darà una mano una mia amica architetto, mi rasserena. Una compagna delle elementari, pensate un po'. Una che incontro si e uno una volta all'anno, in giro, per caso. Sempre cordiale e carina, ma non si può dire che in questi anni ci siamo frequentate.
Oggi ho preso il telefono e l'ho chiamata: è stato come se fossimo state compagne di banco fino a ieri. Quando ho riattaccato, mi sentivo calda dall'interno e stranamente allegra. Quasi commossa.

Gli eventi tristi hanno imprevedibili sfaccettature lucenti.

29 gennaio, 2014

Invincibile Armada

Quando non si hanno figli, la gente di norma tende a farsi i cavoli tuoi in svariate forme e frantumarti la pazienza a suon di:

e l'orologio biologico
e quando sarete in tre
ma figli allora
non vi annoiate da soli
non vi manca niente
avete una bella casa
cosa aspettate a fare
due belle persone come voi
un figlio ti riempie la vita
un figlio dà senso alla vita
vorrai mica essere una mamma vecchia
guarda che poi non ce la fai
guarda che ogni anno che passa è più difficile
ma non ti viene voglia di un figlio
non vedi le tue amiche

e via discorrendo.


Quando un figlio ce l'hai, la gente tace per...boh, ad andare bene, un anno.

E poi ricomincia, torna alla carica che manco l'Invincibile Armada e via, con lo sminuzzamento sottile sottile della nostra povera pazienza.
Noi rimaniamo lì, scioccati da tanta sfacciataggine, con le risposte che vorremmo dare che ci si annodano alla lingua e non escono, così le ricacciamo indietro, le ingoiamo e sfoderiamo sorrisi tesi come il crine di cavallo di un archetto. Il tutto mentre ci monta il brucior di stomaco, sognamo qualche granello di magnesia e meditiamo vendetta.

Perchè signori, facciamo due conti.
Se la mia prima figlia è arrivata a tre anni dal matrimonio e io ne avevo già 35,  ci ho messo un po'. Giusto? E magari non era voluto. Chi lo sa? Voi? No, non lo sapete.
Però nulla vieta di pensarci, di rifletterci, di considerari degli scenari nuovi. Nulla.

Adesso mia figlia ha due anni e mezzo, io 38, mio marito 40. L'età avanza. Non è che sia poi tanto bello sentirsi battere il tempo, così, come se tutti avessero in mano uno stramaledetto cronometro.

Ma nessuno, nessuno viene sfiorato dall'idea che non sempre sia come schioccare le dita?
A nessuno viene in mente che certi commenti possano, come minimo, essere poco delicati?
Nessuno accende il cervello prima che invii gli impulsi alla bocca?


Ma soprattutto: lo sa sta gente che fino ha fatto l'Invincibile Armada quando una tizia che si chiamava Elizabeth si è incazzata??

27 gennaio, 2014

Piscina: pianti, polemiche e diplomazia

Piscina è una parola grossa: una vera piscina nella mia dormiente città non c'è, o meglio, non c'è più, fino a pochi mesi fa c'era, poi qualche genio si è reso conto che il tetto fatiscente, gli spogliatoi con le mattonelle sbeccate e i sistemi di sicurezza inesistenti, mal si conciliavano con la frequentazione da parte di qualsivoglia essere vivente. Gatti compresi.

Quindi la piscina comunale è temporaneamente chiusa, fin quando un miliardario appaltatore non deciderà di imbarcarsi in un restauro alquanto impegnativo.

Fortunatamente esiste un minuscolo centro sportivo, dove si può anche fare pilates, massaggi e queste cose qui, in cui c'è anche una mini vasca per acquaticità per gestanti e mamma-bimbo.

Ed eccoci, mamma e bimba.

Mia figlia con l'acqua ha un rapporto odio-amore. Fino all'anno e mezzo era solo amore, poi ahimè si è introdotto l'odio, per lo più quando l'acqua non è solo più per sguazzarci dentro, ma esce maligna dalla doccetta, bagnando il regale faccino e suscitando l'ira della principessa che schifata ordina alla mamma: "Pulire!"
Come se l'acqua sporcasse.

Le fasi iniziali sono quindi critiche, perché dopo aver lottato in uno spogliatoio microscopico, con ben due panchette minuscole e ben due docce, dopo aver lottato, dicevo, per trovare un microspazio in cui sedere la piccola, svestirla e prepararla, il regolamento vuole che prima di entrare in vasca si faccia una rapida doccia. Quindi si parte sempre in salita.

Poi per carità, i 50 minuti di "lezione" scivolano lievi: la Ballerina ha fatto pace con la cuffia, che all'inizio rifiutava, a volte mette i braccioli, a volte il salvagente, non piange, gioca, sgambetta, ride e chiacchiera continuamente anche in acqua. Si diverte.

Al punto che al momento di uscire si assiste alla seconda tragedia: "No a casa, no a casa, ancora piscina, ancora!"
La tragedia di protrae nello spogliatoio, dove la doccia fa precipitare le lamentele in un pianto disperato.

E poi si mettono le altre mamme.

Una sabato ha polemizzato con la sottoscritta perché a parer suo avevo "occupato la sua panca". Ripeto, le panche sono due, noi siamo 4 mamme e 4 bambini, un po' di buon senso è d'obbligo, nessuno può monopolizzare nulla.
Io, conoscendo bene i problemi di spazio, sono uscita qualche minuto prima dalla vasca per portarmi avanti, poi ovvio che se lei mi avesse chiesto cortesemente di farle un po' di spazio, ci mancherebbe, avrei fatto il possibile! Invece ha polemizzato, ma non direttamente con me, con un'altra mamma che grazie al cielo velatamente mi ha dato ragione!
Ho scelto la tattica zen, quindi l'ho ignorata, non le ho fatto notare che, per dire, sulla panca non c'è inciso a fuoco il suo nome. Non le ho fatto notare che l'altra mamma si è poi sistemata con me amichevolmente su tale panca, senza un minimo problema.
Ho scelto la strategia zen, perché questa la vedrò tutti i sabati e non voglio farmi il sangue amaro.

PECCATO che la figlia di questa donna ad un certo punto si sia messa a piangere, inconsolabile, proprio quando la mia finalmente taceva sotto il getto d'aria calda del phon.
PECCATO che mia figlia, sentendosi fichissima perché lei non piangeva più, le abbia urlato:

"No bimba, no, non piangere, perché DIVENTI BRUTTA!!!"

E tutta la mia opera diplomatica è crollata in un baleno.

23 gennaio, 2014

Fatti vedere. Ma da uno bravo

Detto così, può sembrare una battuta.
Detto dal proprio medico, fa un altro effetto.

Aggiornamento ufficiale post risultati della RMN.

Come anticipato, trattasi di ernia del disco.
A quanto dice il mio dottore, simpatico chiacchierone che più che un medico sembra Babbo Natale (anche per la panza), ma è competente e mi fido, è un'ernia antipatica, messa male, dura da curare.
Da non trascurare, soprattutto "in previsione di un'altra gravidanza". Ahahahahah.

Già, della serie, se vogliamo far le cose, facciamole per bene! Anche l'ernia deve avere il suo perché.
In buona sostanza, mi consiglia di vedere appena possibile un neurochirurgo, che possa per prima cosa spiegarmi meglio il referto (che a parte il pezzo in cui c'è scritto "Si riscontra un'ernia in posizione L5S1", per me è come se fosse scritto in cirillico), oltre a darmi consigli fisiatrici e valutare meglio la serietà della situazione, potrebbe anche capire se sia o meno il caso di intervenire chirurgicamente.
.....

Cioè un'operazione. Alla schiena.
Stiamo scherzando? Are you talking to me?

Allora.
Tra due giorni è il mio compleanno. Buon compleanno Lizzie. Happy Birthday. Bon Anniversaire.

Vabbè non fasciamoci la testa prima di cadere, come dice saggiamente mia mamma (salvo poi vivere perennemente con le lacrime in tasca, pronte all'uso).

Non è che io sia spaventata.
Io sono STUFA.

Perché?

Perché non ho ancora raggiunto la soglia dei 40 e senza aver mai affrontato situazioni realmente gravi, posso però annoverare:

rimozione tonsille;
rimozione adenoidi;
intervento laser all'occhio sinistro (non per la miopia, non vi sto a raccontate l'odissea nello spazio del mio occhio sinistro, iniziata nel 1982 e terminata nel 1992 con suddetto intervento);
rimozione di due polipi sulla parete uterina;
rimozione di un tumore benigno nel palmo della mano destra;
rimozione di un neo "brutto" che mi ha fatto vincere l'obbligo di controlli annuali perché "tra sei mesi poteva diventare davvero brutto".

La rimozione dell'ernia, se posso, me la risparmio.

Ok?

Detto ciò, la gamba continua a fare un male bestia, dormo male e al lavoro fatico a star seduta.

Il risultato è che sono simpatica come una mosca nello chardonnay (cit.) e che quindi, nonostante questo blaterare, se fosse l'unica soluzione, l'affronterei.

Wish List

Tempo fa su un giornale femminile, non ricordo quale, avevo letto una rubrica in cui proponevano dei capi d'abbigliamento trendy per la stagione: tutti capi estremamente chic, raffinati, costosi e griffati. Sempre nella stessa rubrica, suggerivano anche come ricreare lo stesso stile, ma spendendo molto meno, acquistando capi del tutto simili, per lo meno all'apparenza, reperibili in grandi magazzini anziché boutique.
Due "wish lists" per due portafogli molto diversi: uno con grandi possibilità, uno con molte meno.

Mi è venuta in mente questa rubrica mentre tra me e me pensavo alla mia wish list della felicità, ciò che mi renderebbe felice ora, in questo momento della mia vita, rendendomi conto che ce n'è una di alto livello, che presuppone grandi colpi di fondoschiena e ampie disponibilità (di tempo, di denaro, di salute...) e una più modesta, realizzabile più facilmente, con meno dispendio (di energie, tempo e denaro).

  1. Fare un po' di attività sportiva e rimettere in sesto la schiena (ah, il verdetto della RMN è ernia del disco, oggi sento uno specialista) e magari ritrovare un po' di tonicità
  2. Trovare un nuovo lavoro, part time
  3. Leggere di più
  4. Cucinare di più, soprattutto dare sfogo al mio lato pasticcere
  5. Acchiappare una cicogna...vuoi mai (che tra l'altro si concilia ottimamente col punto 2...)

  1. Andare dalla parrucchiera
  2. Una pizza, una birra (forse due) e tante chiacchiere con la migliore amica
  3. Un paio di occhiali da sole nuovi
  4. Ritinteggiare il soggiorno e cambiare la disposizione dei quadri
  5. Una manicure dignitosa


 Forza, riuscite a capire qual è la lista di alto livello e quale la sfigatella??



20 gennaio, 2014

Alla fine

C'era una volta una ragazza carica di sogni.

La sua mente era aperta verso il mondo, nel vero senso della parola: la sua passione erano le lingue, il linguaggio, le loro differenze, le loro analogie e il loro continuo evolversi. Era appassionata di tutto ciò che la portava a scoprire culture diverse, differenti modi di comunicare, di usare i suoni, i gesti, le parole.

Sognava di esplorare un sacco di posti, tantissimi e per lo più freddi.

Sognava un lavoro da interprete/traduttore, o qualcosa che per lo meno si avvicinasse.

Non aveva preventivato gli ostacoli che l'hanno fatta laureare un po' in ritardo, facendole scegliere di cercare subito lavoro, evitando di inabissarsi in ulteriori corsi di specializzazione.

Non aveva preventivato di trovare un lavoro così dannatamente comodo e ben pagato, accanto a casa, ma che poi sarebbe scoppiato improvvisamente, peggio di una bolla di sapone.

Non aveva preventivato che si sarebbe sposata a 32 anni suonati.


Il futuro non si può vedere, si può solo immaginare, mettendosi il cuore in pace perchè tante volte la vita fa di testa sua.

Tante cose non sono andate come lei sognava, quando se ne stava a leggere sul ponte, sotto casa, e ogni tanto interrompeva la lettura per guardare le nuove bianche rincorrersi nel cielo blu sopra le montagne.

Tante cose possono ancora accadere.

E poi, quando si ritrova a passeggiare sulla neve, nel luogo che più ama al mondo, con la sua piccola e chiacchierona puffetta, lei pensa che alla fine, va bene così.