29 novembre, 2013

Le donne che non devono chiedere mai

Chi mi conosce lo sa, io oscillo. Oscillo molto. Sono umorale e incostante. Nella vita come nel blog.
Nel blog è anche un po' voluto, perché non vorrei che fosse incasellabile, io sono multisfaccettata e lui mi riflette...Tutto ciò per dire che dopo la serietà e la gravità del post precedente, oggi si cambia tono. Perché splende il sole, perché è venerdì, perché ce lo dobbiamo.


Riflettevo sui motivi più frequenti delle mie incavolature con Darcy.
Che poi non è che siano tante e sono pure da poco, più che altro io mi lamento spesso del "Non ci arriva".

Afferrata la causa, ho capito, è stato un attimo.

Spiego.

A noi donne non piace chiedere esplicitamente. Ci irrita.
Non ci piace perché è chiaro, lampante, palese: possibile doverlo esplicitare a chiare lettere?
Non ci piace perché trattasi di una tale ovvietà che ci sembra di essere pedanti a rimarcarlo. E noi non siamo pedanti, nonnò.
Non ci piace perché è una perdita di tempo, è talmente chiaro!

Ma soprattutto non ci piace perché il chiedere esplicitamente qualcosa presuppone che la persona a cui chiederemo, non lo capisca da sé.

E questa cosa per noi è INCOMPRENSIBILE.
Esula dalle nostre capacità intellettive. Appartiene a un altro mondo, ad un altro universo.

Se sono le sette e un quarto di sera, se sono arrivata a casa da 10 minuti scarsi, se sto salendo le scale con in mano una torre di babele di panni da ritirare, se l'acqua della pasta è sul fuoco, se c'è una figlia allo stato brado in salotto e io sono ancora vestita "da ufficio",  possibile che debba chiedere: "Amore, potresti per favore smettere di lavorare, uscire dal tuo studio e venire di qui a dare un occhio alla bimba e/o alla cena?"

Com'è possibile che io debba perdere tempo a chiedere una cosa tanto ovvia? Non ci arriva da solo?!

NO

Questa cosa ci manda in bestia.

Peggio di quella antipatica là con il nostro stesso vestito ad un matrimonio. Che magari le sta pure meglio.
Peggio della commessa del negozio che dice, azzeccandoci: "Cosa le prendo, Signora, un 44?", tronfia dei suoi 22 anni e della sua 40 scarsa.

Molto peggio.

Dobbiamo farcene una ragione: gli uomini NON - SONO - INTUITIVI.

Possono essere ingegneri nucleari, architetti d'avanguardia, cardiochirurghi infantili o astrofisici, ma non saranno mai ANCHE intuitivi.

Al contrario: loro amano le istruzioni precise, detestano doversi destreggiare con quelli che per loro, sono solo fumosi indizi sul da farsi.
Più gli diamo ordini chiari, meglio stanno.

Ricordo che una mia amica mi raccontò di aver spedito il marito a comprare delle pere. Tornò a casa con delle pere schifose pagate a peso d'oro. Lei: "Ma scusa, non le hai viste? Non hai letto il prezzo?Non potevi prendere qualcos'altro??" Risposta: "Ma se tu mi ha detto pere!"

Quindi tanto vale mettersi il cuore in pace, accompagnare il nostro consorte nel soggiorno dove vostra figlia ha fatto scoppiare il terzo conflitto mondiale e, di fronte al di lui sguardo interrogativo, esplicitare: "Ti spiace riordinare un pochino e stare con la piccola mentre io mi cambio e preparo la cena?".
Lui non si risentirà, tutt'altro. E forse a noi non verrà la gastrite.

27 novembre, 2013

Fa male

Quando eravamo piccoli ci sembravano forti, sempre giovani, immortali.
Colonne portanti del loro luogo di lavoro e colonne portanti della nostra casa e della nostra crescita.

Perché loro hanno spinto il nostro passeggino, ci hanno portati in braccio e in spalla.
Hanno appeso quadri nella nostra cameretta e hanno costruito giocattoli.
Con loro abbiamo imparato a correre, a cadere e a rialzarci. A non strapparci le croste sulle ginocchia, a non bere troppo in fretta l'acqua gelata della fontana, a mettere il cappellino se c'è troppo sole e a battere le pietre col bastone su un sentiero poco battuto.

Nelle lunghe domeniche pomeriggio invernali, ci hanno insegnato ad apprezzare la musica e un buon libro, perché esistono valide alternative alla tv.

Da loro abbiamo imparato che nella vita servirà tanta pazienza, che ci vuole un gran bagaglio di comprensione, di buona volontà e riconoscenza.

Erano così saggi. Sapevano sempre ciò che era giusto, farlo e farlo capire.

Da qualche anno scivolano via come la pioggia a bordo strada. Uno dopo l'altro, con una frequenza allarmante. Chi ancora giovane, tanto. Chi ancora sano. Chi invece, malato per un tempo fulmineo.

Papà di amici, di compagni di scuola delle elementari, delle medie, delle superiori. O amici dei miei, o colleghi, soprattutto di mio papà.
Sembrano improvvisamente vulnerabili, senza protezioni.
Non sono più giovani, non sono più intoccabili.

Fa male il pensiero di quelle famiglie spezzate così presto.
Fa male pensare che potrebbe capitare alla nostra.
Fa male rendersi conto di aver pensato "per fortuna non è la nostra".

22 novembre, 2013

Friday I'm in love

Stanotte ho dormito con un collarino di lana per il gran male al collo e ho di conseguenza deciso che lunedì telefonerò al massaggiatore: va bene sopportare un po' di male, ma a tutto c'è un limite.

Ieri poi, presa dalla voglia di sopperire al grigiore e al piattume lavorativo in cui sono sprofondata, mi sono iscritta ad un corso di cucina serale per imparare a cucinare brioche, krapfen e altri dolci di questo tipo.

Mi sono anche informata su un corso di fotografia, cavolo ho una splendida macchina, ma sento di non essere capace di sfruttarla al meglio. Ma questo è ancora tutto da chiarire, definire, decidere.

Prima di cena, ho fatto una torta per mia figlia: la torta a prova di imbranata frettolosa. E' una torta paradiso (o margherita, che dir si voglia) di una facilità e velocità estreme, esito garantito, se vi interessa ditemelo che pubblico la ricetta!
La bambina e il papà (anche la suocera, che era cena da noi) hanno apprezzato, era ancora tiepidina...la casa profumava ancora...fuori la tormenta e il gelo....una bella immagine.

Oggi è venerdì, finalmente termina questa settimana che mi è parsa infinita. E termina nel migliore dei modi: dopo mesi, andiamo a cena dalla mia amica sister, che magari non è la miglior cuoca della terra, ma è uno dei miei tesori.

Domani mattina ho intenzione di dormire finchè posso, complice la Ballerina che ha ereditato i geni di mamma e se non la si sveglia tira le nove che è un piacere (mio soprattutto). E per domenica sta prendendo vita un'idea (se Darcy sta leggendo, vedo i suoi occhioni verdi alzarsi al cielo pietosi e nella sua acuta mente prender vita il pensiero: oddio cosa starà inventando stavolta?!). Tutto dipenderà dal bel tempo. Piano B: kindle e divano!

20 novembre, 2013

Volo pindarico

Ho già scritto tempo fa del mio tentativo di leggere qualche riga del primo romanzo di Federico Moccia, tentativo che mi sembrava doveroso, visto che una mia ormai ex-collega me l'aveva descritto come: "...il romanzo più bello che abbia mai letto, non puoi capire, devi leggerlo, non sai quanto ho pianto".

A parte il fatto che la bellezza di un romanzo non si misura in litri di lacrime, confesso che prevenuta ero e prevenuta sono rimasta, dato che il sopra citato commento non giungeva da una persona a cui accordavo particolare stima in ambito libresco. Ma io sono snob, si sa.
Tutto ciò per dire che ci ho provato, abbandonando l'impresa dopo poche pagine. Sì che mi veniva da piangere, ma per la pochezza del lessico e l'insulsaggine del contenuto.

Ecco, oggi mi ripiomba addosso un'altra incognita della mia vita di lettrice: Fabio Volo.
Ho sentito e letto che in questi giorni l'uscita del suo nuovo romanzo è stata accompagnata da scene di fanatismo tipo Beatles allo Shea Stadium nel 1964 e che dopo una settimana il buon Fabio ha già venduto tante copie quante uno scrittore qualsiasi vorrebbe vendere nella sua vita.

Anche con Fabio Volo io ci avevo provato, con il primo romanzo, di cui ahimè non ricordo nemmeno il titolo. In quel caso ero riuscita a fare qualche passo in più, se non sbaglio ero riuscita forse anche a passare la metà. Ma che fatica. Ad un certo punto, stremata, ho lasciato perdere: la vita è troppo breve, troppo difficile e dura per farsi del male leggendo romanzi che non ci piacciono. Quindi, sebbene io detesti farlo, ho abbandonato anche quella lettura.

Oggi mi sorge spontanea la domanda: ma come mai questo fenomeno? E' solo questione di esposizione mediatica? Fabio Volo è un attore, un deejay radiofonico, conduttore televisivo. Moccia è un regista, i suoi film sono molto famosi. Certo che in molti li conosceranno e magari acquisteranno i loro romanzi "sulla fiducia". E' solo questione di questo e dello spazio che le librerie dedicano ai loro libri e alle loro controfigure cartonate?

Non ne sono convinta.
Credo che ci sia qualcos'altro che io non riesco a cogliere. Lo stesso non-so-che che mi ha fatto finire, ma quasi per niente apprezzare, Il codice Da Vinci e L'ombra del vento, indiscussi successi letterari mondiali. Che a me sono piaciuti proprio poco, ma poco.

Però ecco, non vorrei essere fraintesa e sembrare una che fa paragoni azzardati: questi ultimi due romanzi li ho finiti, magari a fatica, ma li ho finiti, fanno parte del mio personale scaffale delle boiate, ma sono leggibili, si può fare, anche se poi a me è rimasto poco.

Ma Moccia no.
E nemmeno Fabio Volo.

Eppure vendono l'ira di Dio, come si suol dire.

Ragazze, a me vengono in mente tante cose da antipatica snob, ma mi sento male a scriverle, tipo che il livello culturale si è abbassato, che questi autori scrivono delle cose semplici che la gente comune (definizione che odio!) può capire, che questi autori rendono un po' tutti lettori (e forse questo non è un male), che il loro livello è basso tanto quello di chi li legge, che chi li legge si sente figo perché legge qualcosa che è di moda, che lo fa sentire importante, perché lo capisce, perché lo leggono tutti.
E io non sono una che va a dormire con La Morte a Venezia sotto il cuscino e fa colazione coi Fratelli Karamazov. Proprio no, credetemi.

Possibile che la risposta si questa?

O semplicemente, a tanta gente piacciono e a me no, ognuno ha i suoi gusti, fine della faccenda.

18 novembre, 2013

Piovosi pensieri sparsi

Oggi piove, ma questo non ha mai rappresentato un problema per me, anche se raramente uso l'ombrello: avrò tanti difetti, ma non quello dei capelli che con l'umidità diventano crespi. No, i miei restano lisci e morbidi come spaghetti cotti a puntino.

La giornata lavorativa scivola via senza insulti e questo basta già a farmi pensare che questa sia un'ottima giornata.

E poi ci sono altre cose.

Gli ex colleghi che riescono nella titanica impresa di organizzare una cena prenatalizia, nonostante siamo davvero in tanti. Ma ce la fanno e mi fa proprio piacere, perché quelle persone sono state compagne di vita per molto tempo. Tempo significativo, denso, importante.

C'è una serata da organizzare con l'amica che io chiamo sister e ho già detto tutto: lei è la sorella che non ho, la persona che mi conosce meglio, che capisce come sto dal modo in cui mangio, che mi legge come un libro aperto, che sa di cosa ho bisogno e sa quando dirmi di no.

C'è un amico lontano che programma di tornare per qualche giorno e allora si prova ad organizzarsi per vedersi, insieme ad altre persone a cui sono affezionata, che sono parte della mia vita, una parte piccola, in termini quantitativi, ma enorme, in termini di significato.

C'è l'altra amica, quella che ormai quasi non conosco più, che mi manda rare email propagandistiche sulla sua vita quasi perfetta, che non capisco cosa voglia dirmi, che posso solo ipotizzare che mi stia dicendo: "Hai visto, avevi torto, guarda quanto sono felice, con il marito che tu mi dicevi di lasciare e senza i figli che invece tu vuoi". Salvo poi accorgermi che compra quello che le dico piace a me, che va nei luoghi che io dico vorrei visitare e che arreda la casa con mobili e oggetti visti nella mia. Vivi la tua di vita, mi viene da dirle, che a me sta bene davvero, sono tanto felice (ma non convinta) di essermi sbagliata, ma non far finta che la tua vita sia perfetta, perché nelle piccole cose, si vedono ancora le crepe che hai aggiustato con la colla.

C'è che arriva il Natale e ne sono felice, l'idea della Ballerina che scarta i regali mi emoziona e mi rende impaziente, c'è la voglia di andare in montagna, di sentire il freddo pungente e l'odore della legna che brucia.

C'è che non ho certezze sul futuro e guarda un po', oggi mi piace così.

13 novembre, 2013

La mia mela

E' iniziato tutto qui

Le cose per cui vale la pena mettere a repentaglio il mio posto in Paradiso (anche se ad essere onesta, credo al massimo di essere in lista d'attesa per il Purgatorio...), le cose per cui vale la pena vivere, rischiare. Rischiare grosso. Le cose che rendono la vita splendida, ogni giorno. Le cose a cui non so rinunciare.

La musica, quella che ti fa cantare da sola, in mezzo alla gente
I concerti, cantare, saltare, perdere la voce e sentirsi parte di qualcosa di unico
Il panino e la birra prima dei concerti
Il profumo del caffè al mattino
Giocare e ridere insieme a mia figlia
Il venerdì sera
Il silenzio della domenica mattina
Dormire fino a tardi, stare a letto fino a quando se ne ha voglia
Alzare la tapparella e trovare il mondo ricoperto di neve
Una palla all'incrocio delle righe, nel "sette"
Il profumo dell'erba appena tagliata
Il profumo dei boschi
Sentirsi a casa
Gli occhi di Darcy
Gli abbracci di Darcy
Il periodo pre-Natalizio
Una giornata sugli sci conclusa con cioccolata calda, doccia e caminetto acceso
Leggere le favole a mia figlia
Il primo giorno di ferie
Le chiacchiere con la mia amica
Le birre con la mia amica
La soddisfazione di quando si raggiunge un rifugio e si può gustare la polenta
I ricordi delle mie estati montanare
I viaggi che ho fatto e quelli che farò
Leggere
Leggere in inglese e accorgermi che è bellissimo
Arrivare a casa la sera, soddisfatti della giornata
I baci di mia figlia
La Guinness
Le belle notizie che fanno saltare il cuore
Il profumo del bucato appena raccolto
Il canto dei grilli nelle serate estive
Il profumo di "camino" nell'aria, d'inverno
La casa che sa di dolci appena sfornati
Le serate a casa con amici e figli
Una mail per un colloquio di lavoro
Un acquisto super azzeccato

Altre mele qui e qui :)

A voi la palla. Anzi, la mela!



Quello che i papà non dicono (ma che le mamme sanno)

AVVISO A TUTTI I PAPA': VI VOGLIAMO BENE LO STESSO!!!
E' solo un po' di ironia...

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Beh direi che da stasera possiamo mettere il lettino in cameretta, no?
Leggi: tanto farai tu la spola ogni notte dato io non posso allattarla e poi lavoro.

Guarda che se potessi, la allatterei io di notte per farti dormire un po'!
Leggi: GrazieSignoreGrazie le tue tette funzionano alla perfezione

E' meglio che la faccia dormire tu, che hai più pazienza, amore.
Leggi: io preferisco stare sul divano a guardare la tv, dato che ho lavorato tutto il giorno.

Basta, è ora di buttare via quel ciuccio!
Leggi: tanto sei tu che la metti a letto quindi non me ne preoccupo. Se poi nel cuore della notte si svegliasse, vale la regola di cui al punto uno.

E' ora di farle fare il pisolino pomeridiano suo lettino, basta lettone!
Leggi: se mi chiedi di farle fare io il pisolino pomeridiano, nessun problema: la metto nel lettino, chiudo la porta e la lascio lì. Prima o poi si addormenterà.

Cambiala tu per favore che sei più pratica.
Leggi: quello che potrei trovare nel pannolino, mi fa leggermente ribrezzo.

Esci pure tu con la piccola, così prendi una boccata d'aria, sto io a casa a fare i lavori!
Leggi: oh adesso carico la lavatrice e poi vai di divano e Wii!

Basta, è ora di togliere questo pannolino e usare il vasino!
Leggi: tanto i per i vestiti c'è la lavatrice, idem per l'imbottitura del seggiolone, per il tappeto la lavanderia e per tutto il resto TU.

12 novembre, 2013

Argento


Domenica mattina.
Il cielo e il mare si confondono e incontrando un raggio di sole diventano argento.



La pace che questa foto emana, stride violentemente col rimescolamento interno che vivo stamattina.

I tasselli di vita sparsi in giro a volte mi sembrano così tanti, a volte ho la sensazione di essere io stessa a spargerli in giro.
Oggi ho la sensazione di aver girato il coperchio e non riuscire a vedere il disegno da comporre.

Poi penso alle cose che amo fare.

Leggere. Scrivere. Cucinare dolci. Fotografare. Stare con la mia famiglia.
Semplice, no?

Ok, ce la posso fare.
Anche oggi.


11 novembre, 2013

Buona settimana

Adoro l'autunno.

Mi piace pensare alla terra che va a dormire, che si riposa, per risvegliarsi fresca e riposata.
Mi piacciono le castagne, in tutti modi. Le caldarroste per scaldarsi mani e stomaco in un freddo sabato pomeriggio, anche se poi le mani restano nere. E poi riso latte e castagne da gustare bollente, ricetta antica che sa d'amore. I marron glacé, sfiziosi e un po' proibiti.
Mi piace la zucca: al forno col formaggio, bollita con olio e sale, mi piace la zuppa, mi piace fritta e mi piace il risotto alla zucca e scamorza (e sono pure brava a farlo!)
Mi piace andare al bar e concedermi una cioccolata calda.
Mi piace uscire dall'ufficio e trovare il buio, la città che brilla sotto le luci dei lampioni e delle automobili.
Mi piace tornare a casa e preparare qualcosa di caldo e dopo cena, trovare il tempo per fare un dolce, magari i biscotti alla cannella.
Mi piace godermi il periodo pre-natalizio, la ricerca dei regali, dei bigliettini, della carta e dei nastri. Mi piace comprare per gli altri.
Mi piace ricordare il Natale di quando ero bambina.
Mi piace vedere le finestre illuminate delle case e immaginare la vita che c'è dentro.
Mi piace nascondermi nella sciarpa e sentire l'aria fredda sugli occhi.
Mi piace aspettare la neve.

Tuttavia

Oggi splende un sole caldo e limpido, quel tipo di sole che nasce solo dopo una nottata di forte vento.
Quindi meglio godersi questo anomalo tepore, il blu intenso del cielo e l'aria tersa, perché per tutto quanto sopra descritto, ci sarà tempo, ne sono sicura!




08 novembre, 2013

Bastava dirlo

Come scriveva Chiara di Ma che Davvero?, ci sono tante cose che le mamme non dicono.

Stamattina riflettevo su cosa non è stato detto a me.

Quando ero incinta, una delle mie stupide angosce, era la gestione della "corsa in ospedale" quando si fosse presentato il momento.
Come farò a capirlo? E se capita di notte? E se non mi sveglio?

A quattro mesi di gravidanza ho avuto dei forti dolori che il gine niueig definì conseguenza "del tuo utero che si sta dilatando: si vede che era un po' rigido"- Sti gran cavoli, a me sembrava di morire: 3 notti in bianco, dolori lancinanti, incapacità di trovare una qualsivoglia posizione di quiete. Sdraiata o in piedi che fossi.

Saranno così, le contrazioni? Mi domandavo. Mah. Nessuna risposta.

Le già-mamme, normalmente logorroiche e prolifiche di consigli non richiesti, di racconti splatter e di tragicomiche avventure finite tarallucci e vino, mi sembravano tutte improvvisamente ammutolite.
Eppure la domanda mi sembrava semplice: Come capirò che è arrivato il momento di andare in ospedale?

Ma l'unica, sibillina, criptica risposta che ottenevo era un sopracciglio alzato, lo sguardo al cielo che dice "povera ingenua" e le seguenti parole: "Ah lo capirai, lo capirai. Oh, se lo capirai".
Punto.
Nient'altro?
No.

Lo capirai.
Va bene, prendo e porto a casa, ma ne so quanto prima. Io che mi sentivo mamma incapace già in partenza, non avevo grande fiducia nel mio istinto, quindi ho trascorso i mesi successivi ad arrovellarmi e in qualche modo ad invidiare chi si sarebbe trovato una data ed un'ora precisa per il ricovero. Almeno sanno, pensavo.

E dire che sarebbe bastato così poco, care già-mamme.
Dopo che avete terrorizzato il prossimo vostro con racconti di travagli di durata record, urla sentite nella provincia vicina, dilatazioni tardive, punti che manco un quadretto al punto croce...vi sembrava a quel punto opportuno tacere questa verità? Credete che fosse fondamentale per non spaventarmi? Non pensate fossi già opportunamente terrorizzata?

Bastava dirmi: Lizzie, te ne accorgerai perché farà un male bestia, mai sentito prima. MAI.
Bastava dirlo.

06 novembre, 2013

Capita

Capita che i bambini prendano il raffreddore a novembre. Anche in uno strambo novembre con quasi 20 gradi (o forse proprio per questo).

La prima notte di raffreddore significa zero ore di sonno, la mamma lo sa, la mamma conosce la sua piccola polla, nonostante lo sguardo scettico della nonna alla frase "Stanotte non si dorme" , lei sa che ha ragione.

E infatti.

La nottata è un susseguirsi di risvegli piagnucolosi, la mamma decide di pernottare sulla Poang accanto al lettino e dormire (?) lì, con il golfino di lana e la coperta buttata addosso. Ha deciso così in un momento di insensato spirito di sacrificio (così almeno Darcy potrà dormire tranquillo), misto a un vago senso di orgoglio mammesco (quando si sveglia, vuole solo ME).
Ad ogni risveglio (ogni mezz'ora circa) la questione si risolve infatti con un'asciugata di nasino e un "La mamma è qui tesoro" e la piccola si riaddormenta, russicchiando. La mamma no, nè dorme, né tanto meno russa, ma questo era messo in conto.

Ora, per quanto la Poang sia un'invenzione meravigliosa (tanto che ne abbiamo 2), che mi ha comodamente ospitata durante i mesi di allattamento e sostenuta durante il periodo dei risvegli repentini, quando una soffre di cervicale, non è proprio l'ideale. Almeno per passarci la nottata.
Ieri mattina il mio collo gridava aiuto, tutto il lato sinistro era dolorante, dalla tempia alla spalla.

Va beh, dopo una dose massiccia di caffè, la mamma esce di casa direzione ufficio (la Ballerina ronferà beata fino alle 8.40).

Uno, due, tre, quattro. Al quinto gradino in salita, capita che il ginocchio sinistro decida di fare concorrenza al collo: un dolore lanciante, difficoltà notevole a stendere la gamba, male bestia a camminare.

Ok, capita pure questo, stasera incontrerò il mio amico Voltaren.

Ebbene, arriviamo ad oggi.
La nottata è stata provvidenziale, la piccola ha dormito e la mamma pure, alle 11 era già a letto, cosa che non capitava credo da quando faceva prima media. Stamattina altra dose di caffè e Voltaren e via che si a lavorare.

Ma nel corso della mattinata capita che il mal di testa diventi insopportabile. Vogliamo negarci un moment act? Giammai. Et voilà. Ora aspetto che faccia il suo benefico effetto.

Siamo a mercoledì. Posso dire che almeno metà settimana è andata?

05 novembre, 2013

Oltre il danno, la beffa

Premessa Uno.
Lizzie desidera da tempo un cellulare nuovo, un cellulare con cui fare belle fotografie, con cui sentirsi collegata con il mondo. Un cellulare che funzioni bene.
Lizzie non si compra un cellulare dal 2001. Non scherzo.

Premessa Due.
Lizzie come ben sapete, lo scorso anno ha lasciato il lavoro principalmente perché, chiudendo la sede cittadina, per lei sarebbe stato impossibile raggiungere l'ipotetica nuova sede.

Premessa Tre.
Gli uomini sanno essere di un candore disarmante.
Parlano col cuore in mano e l'espressione di bambino.
Una porzioncina del loro cuore resta sempre in quarta...no, forse in quinta elementare, legata ai sentimenti puri che contraddistinguono quell'età: sentimenti netti, forti, chiari. Felicità, tristezza, odio, amore.
Sono teneri, a loro modo. Viene voglia di abbracciarli e strapazzargli la faccia. Come a degli orsetti di peluche.


Ieri.

Darcy torna a casa (tardi) tutto felice, ha due belle notizie.
Prima. La Multinazionale gli fornirà un nuovo smartphone, in sostituzione della ciofeca con cui tira giù improperi a raffica da alcuni mesi, perché funziona male. Preso atto che trattasi di ciofeca, l'azienda gli accorda una sostituzione anticipata con uno smartphone degno di tale nome.
Seconda. I sindacati hanno finalmente reso pubblico il piano di ufficializzazione per 3 tipologie di remote workers, la Multinazionale si adeguerà finalmente all'Europa e consentirà il lavoro da casa. Tutto previa approvazione, certo, ma sarà consentito almeno avanzare una richiesta.

"Così adesso se ti accontenti di questo (la ciofeca), potrai usarlo tu!!! Perché non penso lo vogliano indietro (eccerto, è una ciofeca!). Alla fine, è nuovo." dice Darcy con gli occhi colmi di quella contentezza di chi sa che sta facendo un dono gradito.

"Finalmente, farò subito la richiesta, così potrò lavorare da casa dai 3 ai 5 giorni la settimana!" dice Darcy con lo sguardo pieno di gioia e soddisfazione.


Lizzie sente due fitte nel suo irrazionale cuoricino. Anzi tre.

Lizzie pensa al suo lavoro triste e traballante, al suo capo con cui non-si-dialoga, alla sua postazione di lavoro che grida "Me ne sbatto di te, 626!" , alle risate (sì, risate) suscitate alla richiesta di avere una sedia decente. Non bella, non nuova. Decente, la mia è rotta.

Lizzie pensa che una volta lavorava dove lavora Darcy e pensa che lui non ha alcuna responsabilità di quello che è successo.

Lizzie è molto felice per il suo consorte ed è molto felice che lui le abbia così candidamente trasferito la sua gioia e Lizzie non vorrebbe mai che questo cambiasse. Mai. Perché è bello che almeno lui abbia queste soddisfazioni.

Ma si sente anche nella situazione di...come dire, che oltre al danno, la beffa.
E quindi Lizzie, tanto per cambiare, si sente in colpa, perché ha la sensazione di non riuscire ad essere completamente felice per Darcy.

Moglie orribile che non sei altro.


04 novembre, 2013

Tempo

Dopo tre giornate splendide, è faticoso tornare alla routine. E' faticoso, ma anche doveroso e in qualche modo "giusto".

Abbiamo commemorato chi non c'è più, mettendo il lumino sul davanzale e lasciando biscotti, castagne e vino sulle nostre tavole. Li abbiamo pensati tanto, i nostri cari. Abbiamo ricordato e desiderato averli ancora qui, almeno per un minuto.

Siamo stati in montagna.
Abbiamo anche celebrato la vita, gli amici, la famiglia.

Sono stata benissimo. Come sempre, quella è casa, è il posto dove mi sento meglio, dove sono io e basta.
Facce amiche, luoghi cari, profumi e rumori famigliari.
E tanta nanna, tutti e tre, anche la Ballerina, fino alle 9 del mattino, che ogni tanto non guasta!

Tempo per pensare che è questo quel che vale, per quanto le 8 ore quotidiane in ufficio provino in tutti modi a farmelo dimenticare.
Tempo per riposare, magari camminando, accanto al fiume, tra le foglie secche in terra e quelle che svolazzano nell'aria cadendo dagli alberi.
Tempo per ritrovare gli amici, di vedere i bambini che crescono. E sentirli ridere insieme.
Tempo per riflettere su cosa sia giusto fare, nei prossimi mesi.
Tempo per svuotare il cervello da tutti i pensieri negativi.
Tempo per ricaricarsi anima e corpo.
Tempo per volersi bene.