28 novembre, 2012

Pillole dal mio nuovo mondo

I nuovi colleghi.

A volte mi irritano.
Mi chiedono, mi parlano, mi fanno spiegare e raccontare. A quel punto mi guardano con occhi tristi, compassionevoli e mi dicono:
"E quindi al mattino quanto ci metti? E non puoi venire in treno? E chissà che traffico! E quindi alla sera a che ora arrivi a casa? E quindi chissà quanto sarai stanca! ".
Sì certo, ma ho scelto di farlo, ho scelto di lavorare, di lavorare qui, dato che più vicino a casa al momento pareva impensabile. Ma nessuno mi ha costretta, non sono da compatire, non sono un anatroccolo che non è potuto migrare verso Sud, non sono una sfortunata creatura fatta espatriare a forza. Non compatitemi, perlamiseria!

A volte mi lasciano di sasso.
"Vercelli è ad un'ora dal mare? Eh già...Ma quale mare?"
"Mozart non era austriaco. Era di Lussemburgo e non mi pare sia in Austria, ma magari mi confondo".

A volte mi raggelano.
"Io non avrei mai assunto qualcuno che non viene dal settore calzaturiero. Tipo te".
"Ti occupavi di pellami nell'altro lavoro? NOOO? Poverina."
"Eri in un'azienda che si occupa di software. Software...cioè, computer?"
"Queste scarpe col pelo non sono gran che. Ma magari si usano così dalle tue parti, no?"
"Si ma tu che cognome hai???"

Solo a volte però.
Molte altre volte capiscono che ho fatto una scelta scomoda, ma in qualche modo obbligata, capiscono che per me è tutto da imparare e quindi si dimostrano pazienti e disponibili. 
Vorrei far capire a tutti quanto lo apprezzo e spero di poterlo fare imparando a lavorare bene e autonomamente al più presto.








20 novembre, 2012

Imbecillità

Ero abituata ad essere la vecchia gallina del gruppo, ormai da un bel po' di tempo. Qualcuno addirittura mi chiamava "momoria storica" (non del tutto lusinghiero, se vogliamo).
"Chiedilo a Lizzie, magari a lei è capitato", "Lizzie sta cosa una volta l'ha gestita", "Prova a sentire Lizzie che secondo me lo sa".
Tutte frasi che ultimamente sentivo spesso. E io con piacere dispensavo racconti di esperienze al limite della follia umana, perchè non mi è mai piaciuto tenere per me quel che sapevo, al contrario mi piaceva condividere, fare qualcosa di utile, insegnare quel poco che potevo agli altri.
Qui mi sento imbecille. 
I-m-b-e-c-i-l-l-e. 
Ma tanto nè.
Mi vengono dette cose che fatico a capire, mi vengono spiegati e ripetuti continuamente processi che non riesco a ricordare. Che fine ha fatto la persona che, dopo due soli giorni di lavoro, già faceva e disfava? (prendendosi anche dei vaffa, va detto). Quella che bastava spiegarle le cose una volta e subito se le ricordava? Quella che dopo pochissimi giorni lavorava a pieni giri? (anche un po' per necessità contingenti, però...).

Quella persona aveva un cervello con 10 anni di meno e comincio ad accorgermene. Ho perso smalto, concentrazione, capacità mnemonica, intuitività, sicurezza, sfacciataggine, capacità di adattamento.
Gli automatismi tardano ad arrivare, la memoria fa cilecca, la confusione è sempre dietro l'angolo: la freschezza mentale è un lontano ricordo.

"E' giusto così?"
"Va bene così?
"Non ho capito"
"Me lo ripeti per favore?
"Mi sa che ho fatto qualche casino".
"Eh già è vero ho sbagliato. Rifaccio? Così?"

Queste sono le mie frasi più gettonate.

Certe volte vorrei vedere la mia faccia perchè sento chiaramente di avere un punto di domanda dipinto in fronte e gli occhi vuoti come un uovo di Pasqua senza sorpresa.
Che sensazione orrenda.
Per non parlare poi di quando tutti parlano, tutti capiscono e tu sei lì, immobile, con un'espressione diversamente intelligente, che brancoli nel buio assoluto, come se gli altri stessero parlando un estinto dialetto ugro-finnico. Che ovviamente tu non conosci.
Verrebbe voglia di sprofondare. Tu e la tua autostima. Tu e la tua convinzione dei tuoi mezzi. Con cui già di norma non è che tu ci vada proprio a braccetto.
E' vero che la novità mi stimola, mi invoglia e mi interessa, ma che fatica. Forse non mi aspettavo una difficoltà simile, non pensavo che sarebbe stato così complicato acquisire nuove competenze. Diciamo la verità, ultimamente mi ero un po' accasciata sul mio sapere, sulla mia esperienza e complice il fatto di avere una figlia-assorbi-energie a casa, avevo dedicato molto meno impegno al lavoro.
Meglio così allora, meglio usare il cervello che non usarlo o usarlo al minimo sindacale, meglio imbarcarsi in nuove avventure, Dio solo sa quanto ne avevo bisogno.
Devo solo abituarmi all'idea che ora sono io quella che deve continuamente affidarsi agli altri e imparare a farlo senza vergognarsi, senza sentirmi un peso, senza sentirsi troppo idiota. 

Solo un pochino.
Concedetemelo, non riesco a fare di meglio.

16 novembre, 2012

Casa

Quando si è nati nel 1976, certe voci, certi suoni, sono famigliari come la voce della mamma, come il glanc della porta della propria casa quando si apre, come il rumore della pioggia, come il miagolio inconfondibile del proprio gatto, come il rumore delle proprie ciabatte sul pavimento. 

Quei suoni, quelle voci, sono la nostra casa.


Così capita che un mattino, guidando verso l'ufficio su un tratto di autostrada semideserta, con il sole rosso che sorge alla mia destra e le montagne dipinte di rosa davanti a me, mentre sogno un buon caffè invece della porcheria della macchinetta che mi aspetta alla meta, dicevo, mentre sono lì sola soletta, io e la mia piccola auto, ecco che dalle sue casse esce questa musica

http://www.youtube.com/watch?v=XmSdTa9kaiQ

Come se mi scorresse nelle vene, come se facesse parte delle mie orecchie, come se abitasse in un angolo del mio cervello, eccola qua. E io canto, canto forte, tanto chi mi sente, canto perchè conosco bene le parole e ogni singolo suono prodotto dagli strumenti. Mi sento così bene.

Intanto arrivo allo svincolo, cambio autostrada, lascio quella deserta e prendo quella sovrappopolata. Mi immetto in un serpentone di auto e camion guidati da sconosciuti e penso che non conta poi così tanto il luogo: ci si può sentire a casa anche in auto, mentre si viaggia.

03 novembre, 2012

Tetris

Sono totalmente sommersa da pensieri e sentimenti, così tanto da far fatica a tener la testa fuori e respirare.
In certi momenti sembra che la vita giochi a tetris con gli eventi, così i pezzetti si incastrano alla perfezione e tu resti lì, un po' stupito e incredulo, pensando come sono strane certe coincidenze. 

Ieri ha chiuso i battenti in maniera definitiva la sede dell'azienda per cui lavoravo, la sede in cui ho vissuto per nove anni. Lunedì inizia il mio contratto presso una nuova azienda. Quando, a fine settembre, ho firmato per quest'ultima, ancora non si sapeva con certezza i tempi della chiusura della sede dell'altra azienda. Poi il caso/fato/destino ha messo insieme i pezzi e ha creato questa successione di eventi.

Per me è come uscire da quella porta e, senza quasi respirare, aprirne un'altra. Una vita dietro l'altra, senza interruzioni, senza tempi morti, senza nemmeno il tempo per rifletterci troppo. 

A dir la verità una riflessione va fatta.

Saputa la data di chiusura, non mi sono scaldata più di tanto: sapete bene ormai che da giugno sono in aspettativa, non sto lavorando da mesi, quindi all'atto pratico per me l'ufficio aveva chiuso da tempo.
Ma questa chiusura, ha scatenato qualche piccolo fenomeno su FB: status nostalgici, pubblicazione di vecchie foto e video, condivisione di articoli di giornali locali...Tutto che ruotava intorno alla nostra piccola sede provinciale, su cui tanto si era detto, sperato, fantasticato 10 anni fa, quando aveva aperto.

Questo moto di nostalgia di colleghi ed amici mi ha mosso qualcosa nella testa. Non sono rimasta più così indifferente. Rivedere facce, risentire voci, ripensare ad episodi...mi sono tornate in mente tante di quelle cose, ma così tante....ed eccomi qua, subissata dalle sensazioni. 
In questi anni mi è capitato di tutto e il contrario di tutto, mi sono successe cose che mai e mai più avrei pensato mi sarebbero capitate. Non riesco nemmeno a metterle in fila. Tante cose bellissime e altre invece che non sono andate come avrei pensato, o forse dovrei dire non proprio come avrei pensato e che mi hanno lasciato un po' di amarezza. Poi l'amarezza si è sciolta, come lo zucchero nel caffè girando con il cucchiaino. Si è sciolta e volatilizzata, fino a non sentirla più.

E alla fine di tutto, sulla bilancia non c'è proprio storia.

Ringrazio tanto la vita e le persone, perchè sono stati nove anni densi e indimenticabili.