30 settembre, 2013

Pensieri autunnali

Quando studiavo all'università, mi muovevo in treno ogni giorno.

Per quanto le ferrovie italiane siano (e fossero già allora) in condizioni drammatiche, adoravo quando, a fine giornata, potevo sedermi su quel lurido sedile e rilassarmi. Mi piaceva proprio, soprattutto quando ero sola, quando non incontravo nessuno (cosa non facile) e potevo, indisturbata, ascoltare la musica o perdermi in un libro.

D'inverno, con le giornate più corte, il mio viaggio di ritorno si svolgeva al buio, quando il sole era già a nanna da un po'. Nel buio di quei tardi pomeriggi, io mi ritrovavo a guardare incantata le finestre illuminate negli enormi condomini che costeggiavano la ferrovia. Intravedevo librerie, lampadari, televisori e a volte, anche persone. Provavo  ad immaginare le loro vite: la mamma è appena arrivata a casa con i bimbi, li cambia e li lascia giocare mentre lei finisce di preparare la cena e aspetta il papà, che rientrerà tra non molto.

E quel senso di pace dato dal ritorno a casa, invadeva anche me. La giornata volgeva al termine, dopo ore di lezione, magari pure un esame. Stanca e infreddolita, affondavo il naso nella sciarpa e mi godevo l'attesa del rientro a casa, dove mi aspettavano mamma, papà, gatto e una doccia calda, abiti comodi, un buon libro e un po' di tv. La mamma avrebbe pensato a tutto: alla cena, ai miei vestiti da lavare, alla pappa del gatto...

Quella favolosa sensazione che ti fa pensare "Oh, adesso mi riposo", in quel momento non lo sappiamo, ma non durerà per sempre. Un giorno torneremo a casa e dovremo pensare a tutto noi: lavare, ritirare, cucinare, spreparare. Il vero riposo si assapora dopo le dieci e mezza, quando la bimba finalmente dorme, dopo aver preteso Biancaneve, L'omino di Pan Pepato e le canzoncine di Peppa Pig.

Non scrivo queste cose con intento nostalgico, né con rimpianto dei tempi andati.
Vecchie gioie lasciano spazio a nuove gioie.
Pregusto l'autunno già sta arrivando, quando camminando per le vie della mia città, al buio delle 18.30, guarderò dentro alle finestre illuminate immaginando la vita degli altri. Affonderò il naso nella sciarpa e mi raggomitolerò nel cappotto, pensando all'abbraccio profumato della Ballerina che mi aspetta a casa e a Darcy che avrà già scaldato il forno per la pizza.

26 settembre, 2013

BB Boldrini&Barilla

L'On. Boldrini si indigna perché la pubblicità in generale presenta un'immagine della donna italiana che serve al tavolo i suoi famigliari, come una servetta.
Il Sig. Barilla si indigna perché gli fanno notare che sono spesso i suoi prodotti, nei loro spot, a presentare questa immagine, non prendendo in considerazione i cambiamenti socio economici del nostro paese (e non solo, ovviamente). In sintesi: non ci sono, negli spot della Barilla, coppie omosessuali.

E via che monta la polemica.

E quando c'è la polemica, io non resisto.


Parere personale.

Cara On. Boldrini, lei magari avrà anche ragione: la pubblicità ci offre un'immagine della donna italiana che passa la giornata ai fornelli e a servire a tavola i suoi cari. Spesso questa donna vive il paradosso di avere, ad occhio, 28 anni e due figli, uno di 16 e uno di 12. Ammazza che precocità. Il marito poi, può averne 28 come lei oppure 52, ma un bel cinquantadueenne, snello e brizzolato.
Codesta donna vive in case ricche di fascino, con pavimenti in legno o marmi elegantissimi, soffitti con volte celesti e finestre degne della Sala degli Specchi di Versailles.
In più, vive in uno strano luogo dove il sole sorge alle 6 del mattino (tutto l'anno), splende (tutto l'anno) ed è primavera (tutto l'anno).
Questa donna cucina manicaretti, ma non si macchia mai; sgambetta agile per casa sul tacco 12, magna pan di stelle come se non ci fosse un domani, ma se porta una 40 è già tanto.
Gentile On. Boldrini, crede che a noi donne che facciamo fatica a trovare uno straccio di lavoro dopo aver avuto la presunzione di fare un figlio, possa fregare qualcosa della tizia della pubblicità?
Crede che ci infastidisca dover servire la cena ai nostri mariti e figli, dopo una giornata passata a cercare disperatamente di fare colloqui di lavoro?
Crede che mi sfiori anche solo l'idea che quel modello sia attendibile, dopo che facendo i conti scopro amaramente che è un casino arrivare alla fine del mese?
Non crede, Onorevole, che abbiamo ben altre magagne per le mani, noi donne italiane?
Le dico questo: nel mio caso, mettere in tavola i piatti per mio marito e mia figlia, è L'ULTIMO dei miei problemi.

Egr. Sig. Barilla, a me sta bene che lei dica di voler essere libero di fare pubblicità come meglio crede, ci mancherebbe, sacrosanto. Ma cosa ci sarebbe di male nel mostrare due uomini che fanno colazione insieme con i Galletti? Mica le si chiede di vestirli con due magliette con su scritto "Io sono gay". E poi, siamo così sicuri che la famiglia che ci propone lei sia così perfetta? I tempi ci dicono di no, o sbaglio? Non crede che per esempio il Signor Ikea abbia fatto, a livello di marketing, una gran furbata producendo uno spot chiaramente mirato ai padri single? Non pensa che quella strategia porti nuovi clienti? Non pensa che l'apertura mentale, porti nuovi clienti?

Detto ciò.
Io compro, non sempre, la pasta Barilla, ma dello spot non mi può fregar di meno.
Credo che queste polemiche interessino ben poco a chi, come me, deve affrontare il problema di reintrodursi in un mercato del lavoro che ti ha ESTROMESSA come una ladra, di far quadrare i conti della famiglia e magari di capire come poter affrontare l'eventuale arrivo di un altro figlio.

E aggiungo: pensate che una coppia omosessuale che viene discriminata, si preoccupi di essere rappresentata in pubblicità, o che pensi che prima ci siano ben altre discriminazioni da affrontare?

Non so voi, ma io la penso così.

Perchè guardare le vetrine con gli uomini è un errore

E ora sdrammatizziamo: visto che nel post precedente abbiamo concluso che viviamo tempi duri e dobbiamo risparmiare, vi racconto perché sarebbe un errore andare a fare shopping con un uomo. Lo so, lo so, lo shopping si fa con le amiche. Ma perché non cadiate in tentazione, vi racconto la scena che vivo ogni volta con Darcy.



Bella questa gonna blu!
Ma non ne hai già una così?

Sì, cioè, no...ne ho una blu, ma è un tubino elegante, questa è più lunga, a onde, informale. Un po' gipsy.

Carina questa maglietta!
Sì, ma non ne hai già una fatta così?
(Fatta come, "a maglietta"?)

Cosa ne pensi di questa camicia?
Assomiglia ad una che hai già, mi pare, con quelle onde lì davanti.
Sì, ha le "onde", ma questa qui è scozzese, sull'azzurrino e di tessuto leggero. Quella che ho è bordeaux in tinta unita e decisamente invernale.

Ti piace questo maglione?
Sì, ma mi ricorda un pochino quello che hai già...sai quale, quello grigio di cotone!
Sì, ok, peccato che questo sia nero, di mohair e con le maniche lunghe. Quello che dici tu è smanicato. In sostanza in comune hanno solo di avere il buco per far passare la testa.


Bella questa borsa!
Non è un po' troppo grossa? Cosa te ne fai?
???

Che belle quelle scarpe!!!
Ma hanno i tacchi, poi non le metti.

Giusto, in questo caso ti dò ragione. Più o meno, però dovessero invitarci a un matrimonio...
Hai le altre vecchie, no?

...Scusa, ma perché tutto quello che ti faccio vedere ti ricorda qualcosa che ho? O sono una persona noiosissima che si veste sempre nelle stesso modo o non vuoi che compri!
Ma no amore, io lo faccio per te, perché magari ti dimentichi di qualcosa che hai già e io non vorrei mai che acquistassi un doppione, ci rimarresti male.


Genio.
Di più: genio altruista.

PS: ma a voi non capita??




25 settembre, 2013

Autunno, gioie e magagne quotidiane

Giovedì scorso visita da un cliente con il capo. Il capo ha un'auto cabriolet, che capite bene, nel fantastico clima padano si può sfruttare sì e no cinque giorni all'anno. Lui sostiene di no, che da aprile a settembre ogni giorno sia buono. Totale: 80 km a 160km/h senza tettuccio.
Venerdì: mal di gola.
Sabato: male di gola, raffreddore, dolori intercostali.
Domenica: idem.
Lunedì: spedita la figlia (già parzialmente contagiata) al mare coi nonni per una settimana a suon di iodio. Chiamato medico (per me): due giorni a casa con antibiotici (che non prendo...)
Martedì: sopravvivo e leggo tanto (figata!)
Mercoledì, oggi: rientro in ufficio unicamente perché in pausa pranzo avevo già fissato con l'appuntamento dalla parrucchiera. Non sono più presentabile.

Sto abbastanza male, testa ovattata, orecchie sorde, naso chiuso, tossetta fastidiosa...ma almeno non ho più la febbre.
La Ballerina al mare sta già meglio e sono contenta, ma mi manca quel cicinin.

Oggi le mie missioni sono:
1) Combinare qualcosa qui dentro, giusto perché mi sono alzata e ci sono venuta
2) Tornare guardabile dopo la parrucchiera
3) Andare a prendere il regalo di anniversario per Darcy (non scrivo cosa perché lui ogni tanto passa di qua!)

Direi che si può fare.
Nel frattempo, prima della sua fuga, abbiamo iniziato lentamente la fase spannolinamento della piccola.
Abbiamo comprato il vasino (già da tempo in realtà...) e stiamo cercando di far passare i concetti base.
Sarà dura, per adesso lei ci ride in faccia e si guarda ben bene dall'avvisare prima di compiere il fattaccio.

Intorno a noi poi, l'aria diventa fumosa e lattiginosa: hanno cominciato a tagliare il riso. Le zanzare schiattano e al mattino l'alba ci regala colori degni di essere fotografati. L'autunno è proprio arrivato. Il prossimo passo saranno i pocho di lana e gli stivali.

Per me oggi è anche po' lunedì, quindi buona settimana!

Aggiunta del dopo pranzo:
Il taglio di capelli e i riflessi chiari hanno fatto miracoli, sono tornata guardabile.

Ah, ho dimenticato di scrivere la cosa più interessante.
Ieri sera io e Darcy abbiamo fatto due conti della serva per vedere come va la nostra gestione famigliare. Ebbene, nonostante io stia limando tutto il limabile, facendo con attenzione la spesa, pianificando le spese per la bambina, eliminando il superfluo, riducendo i consumi, la sostanza è che non riusciamo più a mettere da parte un soldo bucato. Le bollette sono aumentate nonostante il calo dei consumi e nel mio portafoglio conservo gli scontrini delle carte di credito: solo spese al supermercato e farmacia.
Dove sbaglio??

20 settembre, 2013

Sottintesi. O forse no?

Post difficile, post pesante, ma voglio scriverlo.

Questi femminicidi, neologismo drammatico di tempi disumani, mi lasciano sconvolta e impaurita per il futuro, in particolare per mia figlia, ça va sans dire.

C'è qualcosa però di sottile che mi urta e mi ferisce in maniera pungente. Come un ago che pizzica dolorosamente e non si può sfilare, come una fitta intercostale che toglie il respiro.

Tralasciando l'atrocità del fenomeno, di cui non parlerò perchè argomento più grande di me, trovo disgustoso come vengano presentate ed etichettate talvolta le vittime.

Tempo fa, nel mio lavoro alla grande multinazionale, avevo a che fare quotidianamente con colleghi di tutto il mondo. Colleghi e soprattutto colleghe. Donne.

Irlandesi, francesi, tedesche, americane, indiane, rumene. Tante, tante rumene.
Di tutte queste colleghe, le uniche a parlare italiano correntemente erano proprio le rumene. Tutte donne giovani e con un titolo di studio equivalente alla nostra laurea.

Eppure.

Eppure erano le uniche ad essere ficcate in un grosso calderone, le uniche ad essere indicate genericamente con la loro nazionalità: Le rumene.
Mai sentito un collega parlare "delle francesi", "delle inglesi" e nemmeno "delle indiane".
Solo "le rumene".

Ricordo una terribile catena di email in cui un collega (uomo) ad un certo punto scriveva "....dì alla rumena di fare la-tal-cosa-e-la-tal-altra...".
Lo trovai di pessimo gusto.
1) Prendi le tue manine sante e scrivile direttamente, o meglio ancora, chiamala, perchè sai, parla italiano meglio di te.
2) Poi immancabilmente la mail è arrivata alla collega in questione che, giustamente scocciata, ha risposto: "La rumena SONO IO, provvederò quando prima e comunque mi chiamo Laura e sono una collega. Ciao"

Spero almeno che il collega sia andato fino al centro della terra and back nel leggere quelle parole.

Ecco ora noto un po' la stessa cosa nei media, nel loro modo di parlare delle vittime.
Perchè "La brasiliana"? Perchè cercare di sottindere chissà cosa che non c'è? Perchè?
E perchè invece poi "L'avvocatessa", "La stimata professionista"? Perchè?

Non so, forse sono solo fisime mie.

Ma per me le donne uccise sono tutte uguali e percepisco una sottile disparità di trattamento, a volte, che mi fa ribollire il sangue.

17 settembre, 2013

Farfalla

Il processo continua.
Credevate forse che il bruco si fosse già tramutato in farfalla?
No, not yet.

Quest'estate ho scartato un bel po' di indumenti che non mi andavano più bene e tenevo lì solo per una strana forma di nostalgia per quella che non sono più. Non che io voglia tornare indietro o abbia mai voluto farlo, anzi, sto cercando di andare avanti, ma quegli indumenti rappresentavano la mia versione più giovane, quella di quando pensi che tutto è ancora possibile.

Poi mi sono decisa e ho iniziato a mettere da parte roba che è finita in parrocchia, per chi poteva farne buon uso (anche se qualcosa ho salvato, inventandomi degli usi diversi: è stato anche divertente).

Le magliette troppo corte, un po' passate di moda e un po' inadatte ad un pancino che ha ospitato una creatura.
Le camicie diventate strette, per chi ha messo qualche chiletto e ha allattato.
I pantalonti un po' troppo stretti, per chi ha qualche centimetro in più sul girovita (ma sempre un signor girovita eh!)
Le gonne troppo vecchie, che avevano fatto il loro tempo.
Colori che non mi piacevano più, fogge che non mi convincevano, abiti in cui non mi ritrovavo più.

Perchè sono cambiata, dentro e fuori.
Oggi sono nuova e ne sono felice.
La vecchia Lizzie mi piaceva, ma il suo tempo è finito.

Gli abiti scivolavano in un grosso sacco, cadendo come petali, come foglie d'autunno.
Solo che io rinasco, non appassisco.
Mi alleggerisco.
Mi tolgo un peso dalle spalle.

Come scrivevo all'inizio, il processo non è ancora terminato.
Anche il guardaroba invernale ha i suoi rami secchi che devono essere potati, il che avverrà presto, appena il clima renderà necessario il cambiamento. Allora anche gli ultimi strati della vecchia Lizzie prenderanno il volo e sulla fresca aria autunnale se ne andranno via, nel passato.

Ed io sarò ancora più leggera.
E libera. Libera di essere quella che sono ora.

In questo processo, banalmente, mi ha aiutato anche l'alimentazione: un mesetto di purificazione sta facendo miracoli e non in termini di magrezza perchè rotonda sono e rotonda resto, ma sto meglio, dentro (soprattutto) e fuori.

Sono pronta ad affrontare l'autunno con occhi nuovi, senza ombre, senza filtri.

Ho fatto spazio alla nuova Lizzie.
Tranquilla ed inquieta come sempre.
Eh già, perchè certe cose non cambiano mai.

13 settembre, 2013

Verso il basso

No, non ci siamo mica capiti.

Quando si parlava di pari opportunità, noi non ci riferivamo a questo.
Insomma, c'è di peggio nella vita, però non era questo che avevamo in mente.

Perchè così è come quando, in seconda media, io e la mia compagna di classe A., alla consegna dei compiti in classe di matematica ci siamo rese conto che i nostri elaborati erano identici (e meno male che eravamo sedute distanti, o l'accusa di aver copiato ci avrebbe subito colpite): stessi identici errori, ma voti diversi: io 7-, lei 7+. Con fare incazzoso ci rechiamo dalla prof. di mate urlando alla disparità di giudizio e lei serafica, guardando i compiti ci dice: "Sì, avete ragione, ho sbagliato: 7- a tutt'e due".
Della serie, la prossima volta ci pensiamo un attimo, prima di chiedere spiegazioni.

Essì, perchè così è un'uguaglianza antipatica, è un livellare verso il basso. Non era questo che volevamo, no davvero.

E' come quando dicono che a scuola non si devono fare più i lavoretti per Natale per non discriminare i bambini appartenenti ad altre fedi o confessioni. Non sarebbe meglio invece fare lavoretti per tutte le ricorrenze che interessano gli alunni presenti in classe? Non sarebbe meglio far conoscere a tutti le tradizioni, le culture e le religioni altrui? Imparare a conoscerle, capirle e magari, apprezzarle?
Ma no, suvvia, troppo complicato. Aboliamo tutto che facciamo prima.


Livelliamo verso il basso.

E' un po' così anche adesso.
Non avevamo in mente questo, noi donne.
Pensavamo, che so, a maggiori tutele in fase di assunzione, a garanzie durante eventuali gravidanze, pensavamo a nidi aziendali, a pari opportunità di carriera, a maggiore attenzione a fenomeni scomodi come il mobbing...Certo la nostra mente non pensava ai


Velini Maschi

 

No, no. Mi sbaglierò, ma penso che ne avremmo anche fatto a meno.

12 settembre, 2013

Il cuore oltre l'ostacolo

Ok, io ve la butto lì.

Alla facciazza della scaramanzia, a cui non voglio credere.


La mia età anagrafica.
Il tempo che ha cancellato il dolore.
L'idea magica di rivivere tutto di nuovo.
Il pensiero rassicurante che ora la Ballerina "è grande".
Il timore che ci vorrà del tempo.
La consapevolezza di non aver nulla da perdere sul piano lavorativo (se non il lavoro stesso...)
L'incapacità di aspettare marzo per un rinnovo che forse non arriverà mai.
La casa che nonostante tutto è abbastanza grande.
Il desiderio di non lasciare sola la Ballerina.
La sensazione che sarebbe meravigliosa, con un altro piccino per casa, piccino anche per lei.

Tutto ciò ci ha fatto comprendere e decidere.


E alla base di tutto, il desiderio nostro.


Capito?
Qua si insegue, di nuovo. E giuro che è come la prima volta.

Ah, lo sapete solo voi!

11 settembre, 2013

Piaceri sottili di fine estate

Un clima clemente ci sta regalando giornate limpide e soleggiate, ma non troppo calde, perchè non appena la temperatura sale, arriva puntuale il temporale a rimettere tutto a posto.

Come conseguenza posso usare la bicicletta e mentre pedalo lungo i viali che mi portano in ufficio, posso sognare che le piante che mi circondano siano quelle di St. James Park.

Stendere fuori, all'aria aperta e in poco tempo ritrovare panni caldi che profumano di sole. Ritardare l'uso del seppur provvidenziale deumidificatore.

Assaporare la quotidianità.

Sabato pomeriggio, mentre la piccola dorme, poter leggere seduti fuori sul balcone, accarezzati dall'arietta.

Fare la spesa con calma dopo il lavoro, perchè le giornate sono ancora abbastanza lunghe.

Procurarsi piccoli capi invernali: una cuffia di lana per me e per la mia piccola una speciale a forma di Hello Kitty, entrambe fatte a mano da una vecchia (ma giovane!) cara amica.

Cominciare a pensare ai regali di Natale, attività che per me è davvero una gioia.

Poter variare un po' dal solito menu estivo, la stagione sta cambiando.

Notare soddisfatta gli effetti positivi della dieta detox-post-bagordiestivi: i vestiti cominciano a essere comodi, quasi larghi.

Concedersi un aperitivo festeggioso (una delle due è in attesa) con le amiche, immaginando di essere chissà dove, anche se pure a casa tutto sommato, si sta bene. Condividendo paure e problemi, per farli diventare più piccoli.

Pensare a weekend al mare e poi, ad uno in montagna, prima che le foglie cadano, prima che sparisca il mosaico di colori che comparirà tra un mesetto.

Prendere la vita un minuto alla volta, perchè così diventa più semplice.

10 settembre, 2013

Bivio

Leggendovi, care amiche blogger, mi rendo conto di come siamo messe.
Sentendo i telegiornali, leggendone le versioni online, comprendo che il panorama è più mai fosco.

Mi sono sentita spesso in colpa (vedi post precedente...), oppure un'emarginata, a volte una vittima. Sola.

Niente di più sbagliato. In questi mesi di travaglio, di perdita-ricerca-ritrovamento momentaneo del lavoro, ho capito una cosa drammatica: quale sia la portata del problema mamma che vuole/deve lavorare.

Se qualche anno fa, pensavo che una donna che mette al mondo uno o due figli scegliesse autonomamente di stare a casa, ora credo che chi sceglie il proprio destino in materia sia una minoranza.

Certo, ci sono tante mamme che optano per farlo a tempo pieno e a loro va tutta la mia ammirazione: ci vuole coraggio, forza, dedizione, pazienza.
Sospetto però che delle tante che sento in questa situazione, ormai poche l'abbiano deciso autonomamente.

Girando per il web, scopro che tante, tantissime di voi vivono situazioni simili alla mia, situazioni in cui ci si ritrova nostro malgrado, situazioni in cui ci troviamo di fronte a scelte importantissime, in cui dobbiamo conciliare, mediare, scendere a compromessi, accontentarci.

Siamo la maggioranza, questo ho capito.

Le donne, le mamme con un figlio o più e con un lavoro sicuro e magari pure di una media importanza, sono rare. Spesso e volentieri la prima gravidanza viene "tollerata", ma la seconda, no.

Chi ha la "fortuna" di avere un titolo di studio che porta verso quella strada, può gestire un'attività propria, penso ai liberi professionisti, per esempio. Ma quanta fatica, quanti sacrifici, quanti punti interrogativi, nell'essere il datore di lavoro di se stessi.

Chi non ha questa possibilità si barcamena, si accontenta, spera nella fortuna, si dà da fare per non lasciare nulla di intentato, ma può essere frustrante, umiliante, deprimente.
E restare in stallo, alla ricerca per tanto tempo, con un buco nel cv e nella contribuzione che si pagherà caro, fa male, fa tanto male.

Ammiro anche chi, con il coraggio a due mani, apre una propria attività: uno shop online, un negozietto, un bar, un blog professionale. Tanto di cappello. Davanti ci sono tante spese, investimenti e sacrifici e di sicurezza, zero.

Finirà mai questa discesa? Cambierà qualcosa prima o poi?
O siamo destinate a dover scegliere, a dover affrontare il classico bivio famiglia-lavoro?

06 settembre, 2013

Parla la Vocina

Buongiorno a tutte, chi vi scrive è la Vocina di Lizzie, quella incostante, oscillante, scriteriata che gestisce e imbratta questo blog.

Vi chiedo aiuto, care amiche blogger.

Lizzie ce la mette tutta, ci prova davvero con grande impegno, ma di starmi a sentire davvero non ne vuole sapere.
E dire che la conosco da così tanto tempo!
Anch'io, da parte mia, dovrei aver capito con che razza di caso patologico ho a che fare, ma cosa volete che vi dica, coltivo un inguaribile ottimismo, una recondita seppur viva speranza che un giorno la mia ospite possa finalmente ascoltarmi e mettere in pratica ciò che le suggerisco.

Sapete, siamo passate per la camminata acrobatica sul filo della depressione, sui carboni ardenti di una mezza (solo mezza, per fortuna, gastrite), per poi atterrare placidamente sul terrendo infingardo della colite nervosa, unita ad una sana dose di mal di testa semi-cronico.

Eh già, siamo esperte in materia. Ma ne siamo uscite, in qualche modo. Acciaccate, ferite, con in testa i più neri pensieri, ma ne siamo uscite.

Per fortuna ci mette una pezza quel sant'uomo di Darcy, che oltre ad avere oggettivamente gli occhi più belli del sistema solare, è dotato di una grande dote in via di estinzione più che i panda: la pazienza.
Darcy la ascolta, nei suoi sfoghi deliranti, nelle sue arringhe d'accusa verso chi le avrebbe buttato fango addosso e ostacoli sulla via, per poi sentirla giungere sempre alle solite noiose conclusioni: è tuuuuutta colpa sua.
Darcy ascolta.
Anche me.
Darcy mi sente, anche se io non gli parlo, e dice alla scriteriata tante cose vere e giuste e lei, un pochino, lo ascolta.
Più di quanto ascolti me di sicuro, anche se non ci vuole tanto.

Però ho pensato che forse potevo fare un tentativo anche con voi, perchè a voi vuole bene, tiene al vostro parere, alla vostra amicizia e chissà, forse ascolterebbe i vostri consigli.

Scusate eh, se vi disturbo con le paturnie di Lizzie, ma non vorrei che proprio ora che sua figlia sta crescendo, così bella, amata e sana, proprio ora che arriva l'autunno, con le sue rinascite e le sue partenze, proprio ora che muoiono le zanzare e l'aria si rinfesca, proprio ora che, brutto o bello che sia, ha un lavoro, sebbene temporaneo, dicevo, non vorrei che proprio ora quell'oca si inventasse qualche altro disturbo recondito per dar sfogo ai suoi folli sensi di colpa, di inadeguatezza e rimorsi vari ed eventuali.
Ammorbando la vita del prossimo, nello specifico nelle persone di suo marito e sua madre, principalmente.

Ecco perchè mi appello a voi.

Diteglielo

che non è colpa sua se ha perso il lavoro
che non ha fatto male ad accettare la buonuscita
che non è vero che avrebbe potuto fare qualcosa (che non ha fatto) per tenersi il posto
che quando non lavorava non era una parassita, non avrebbe dovuto sentirsi un peso
che ora che lavora non può sentirsi in colpa perchè sta poco con sua figlia
che i due punti qui sopra non possono coesistere
che deve mettersi in cuore in pace, che il suo "vecchio lavoro" non tornerà più
che forse è un bene
che questo di adesso non è bello, ma c'è chi farebbe carte false per averlo
che imparerà, anche questa volta
che i modi bruschi devono scivolarle addosso
che alle 18.01, lei è già fuori e corre da sua figlia
che a fine mese, arriva lo stipendio
che non è pazza a pensare a un altro figlio
che non uccide nessuno, se ogni tanto si concede un regalo
che anzi, forse, se lo merita.

Dai su, ragazze, forse tutte insieme la convinciamo.

05 settembre, 2013

Mi affascini ogni giorno di più

Ogni tanto capita di pensare "Ah, questa fase è meravigliosa" e poi mi rendo conto che ogni momento lo è.

Adesso che hai due anni e due mesi e con te, piccola donnina, si può parlare, ragionare e oserei dire dialogare.

Ti spiego le cose, ti insegno, ti parlo e tu rispondi con quel tuo "Sì mamma", così delicato che ti mangerei di baci.

Trotterelli per casa, perchè camminare proprio no, non se ne parla. Tu salti e corri. E cadi, piangi e io ti consolo. E a te passa, piano piano.

Ti faccio i codini, ti raccolgo i capelli, perchè sto tentando di farteli crescere, ma sono così fini e senza capo nè coda, che ora lasciarli liberi mi dispiace, non hanno forma, così preferisco tentare di pettinarli in qualche modo. Poi coi codini sei così bella :)

Assecondo i tuoi gusti, che esprimi piuttosto nettamente: è chiaro a tutti che prediligi il blu, ma la tua ultima scoperta è il verde acqua, come la bici di papà, come il tuo casco con gli adesivi di LoKitty, come la chiami tu.

Vuoi mangiare da sola e distribuisci cibo un po' ovunque, ma chissenefrega sai? Preferisco che tu acquisisca manualità. Stai già migliorando tanto, c'è chi si sbrodola ancora a quarant'anni!

Mi chiedi di prenderti per mano e di andare a giocare, mi chiedi di darti un Baso, un bacio, detto alla tua maniera, mi chiedi di leggerti Cappuccetto Rosso (che so a memoria) e di cantarti le canzoni di Natale. Sissì, anche in questi giorni estivi. Mi chiedi di disegnarti una Kitty blu, un albero, una stella, la luna: ecco i tuoi soggetti preferiti.

Ridiamo insieme, ti dico che i tuoi pannolini sporchi sono bombe e tu ridi come una bambina grande.

Battiamo amorevolmente la testa insieme come due gatte e tu ridi, ridi tantissimo.

Non c'è niente di più emozionante della tua risata e della tua voce, delle tue parole.

Mi affascini ogni giorno di più. Ora poi che le ferie sono finite e il limbo estivo volge al termine, la cosa mi appare ancor più lampante: dopo tanto tempo trascorso insieme, anche col tuo papà, dopo aver fatto il pieno di noi tre, dopo aver condiviso ogni attimo della giornata, tornare in ufficio e vederti solo al mattino e alla sera, mi fa apprezzare ancor di più le tue piccole imprese quotidiane.
So che ci aspetta un autunno di nuove favolose conquiste.

Si parte.

03 settembre, 2013

Povertà

Il mondo è pieno di mendicanti, di persone disperate, la cui unica speranza, è il nostro aiuto.
Anni fa, nella mia città era abbastanza raro imbattersi in queste persone; ce n'era qualcuna, per lo più uomini arrivati dall'Africa in cerca del modo per mantenere la famiglia, rimasta a casa. Fine.

Quando ero piccola e sono stata per la prima volta dai miei parenti a Roma, sono rimasta sconvolta dalla povertà dilagante per le strade: persone menomate, ferite, disabili, mamme, bambini.
Qui era diverso.

Ora non tanto. Ormai anche in "provincia", la povertà serpeggia come un enorme boa che arriva dappertutto, strozzando chiunque.
Guardo queste persone e penso: "E io cosa posso fare? Posso aiutarle tutte? Io ho tutto, non mi manca niente, ma non posso far qualcosa per tutti".

Così ho scelto. Ho deciso di aiutare uno di loro, visto che tutti non posso. Ho scelto il papà che sta sempre qui sotto, ogni mattina, all'ingresso del supermercato. Lui è qui da anni e manda i soldi alla famiglia, in Africa. Ho scelto lui perchè è gentile e perchè ormai lo conosco: lo vedo e ci salutiamo ogni mattina. Farò così, ogni settimana gli darò qualcosa, perchè ogni giorno non posso, ma una volta alla settimana sì. Basta rinunciare al caffè e cornetto al bar.

Non credo di essere la fata turchina e di aver trovato una soluzione, nè penso che così facendo io possa lavarmi la coscienza.
Ma piuttosto che restare lì come una cretina di fronte alla moltitudine e pensare che non posso aiutare tutti, almeno così aiuto lui.

02 settembre, 2013

Parigi per me

Parigi mi fa un po' l'effetto di Venezia: fatico a pensarla come una città "vera", un luogo quotidiano, dove vivere. Fatico a immaginare che ci sia qualcuno che ci è nato, ci abita e ci lavora. Mi dà l'impressione di essere un enorme monumento, qualcosa di visitare e basta, qualcosa da ammirare. Ma non da vivere. Guardare e non toccare.
Non è una critica, è la sensazione che mi dà, molto diversa da quella che mi dà invece Londra, tanto per fare un paragone impossibile quanto abusato.

Parigi ci regala cinque giorni di sole e clima fresco, mattina e sera con maglioncino sulle spalle e pomeriggi assolutamente vivibili.

Parigi arriva per me in un momento un po' critico.
E' quel che ci vuole, i giorni da sposini che sogno di passare da tanti mesi, ma che per un motivo o per l'altro, erano sempre slittati.
Parigi mi ridà forza e slancio.
E' finito il tempo dei rimpianti, ciò che è stato è stato.
E' finito il tempo dei dubbi, è ora di decidere.

Parigi è la vacanza sola con Darcy in un luogo meraviglioso ed estraneo, dopo due settimane di dolce e tranquilla vita a tre tra le montagne di casa. A casa.

Parigi mi ricorda come eravamo io e Darcy, cioè due compagni di viaggio che quasi tutti ucciderebbero: pianificazione giornaliera, sveglia presto, colazione consistente e pranzo light, tanti passi, per godersi al meglio la città e i quartieri meno "in", cibo rigorosamente locale, attenzione alle spese futili, ma benvenga l'acquisto che ci ricorderà per sempre la vacanza. Regola d'oro: vedere quanto più possibile, ma godendoselo, senza ansia.

Non siamo cambiati. A distanza di tre anni dalla nostra ultima vacanza da coppia senza figlia, posso affermare con certezza che non siamo cambiati di una virgola.
O forse sì.
Sì: il pensiero, era sempre con LEI. Quando guardavamo gli altri bimbi, i libri in una vetrina, i vestitini in un'altra, sentendo una parola che lei storpia in modo buffo, ripetendo come due scemi le frasi che lei ama dire. E poi con i "chissà come sta", "chissà cosa fa", "chissà se si diverte".

In questo sì, che siamo cambiati.