30 marzo, 2013

Momento easy fashion

Non sono una che ama dispensare consigli, è già tanto se mi ascolto da sola, figuriamoci se ho la pretesa di essere d'aiuto al prossimo.
Nonostante ciò, oggi farò un piccolo strappo a questa non-regola, perchè altro non è che un'inclinazione caratteriale dovuta alla mia cronica mancanza di autostima.

Sta arrivando la primavera. Mah, boh. Forse no, ma almeno a livello di data, dovremmo già esserci e quei furboni dei negozianti se ne sbattono che fuori ci sia una massima di 7 gradi, le vetrine ci propongono già da un paio di settimane outfit assolutamente primaverili, con colori pastello, fantasie floreali, righe, tessuti impalpabili, shorts inguinali e jeans ultra asciutti.
Fermo restando che trattasi di una moda a mio avviso un po' crudele, perchè noi ragazze di ieri e mamme di oggi, col fianco "importante" e il sedere "con personalità", difficilmente potremo mai permetterci certi indumenti. Ma va beh.

Le vere dolenti note sono i prezzi.
Il portafoglio non sta vivendo la sua stagione migliore, tra crisi, uffici che chiudono, congedi maternità, contratti creativi, promesse da marinai e aziende che falliscono, non si può certo dire che si navighi nell'oro e perciò la naturale spinta allo shopping primaverile viene un po' tarpata sul nascere.

E qui arriva la mia genialata. Magari dirò una clamorosa banalità, ma stamattina ho scoperto che con un po' di fantasia e un pizzico di coraggio in più, possiamo cavarcela con ciò che abbiamo già nell'armadio.
Dunque: ci sono capi che non passano mai di moda e altri che basta abbinare diversamente per rendere attuali in maniera sorprendente. Oppure con l'aiuto di un accessorio: un foulard, una sciarpina, una cintura...
Credetemi, basta abbinare diversamente: io, che sono noiosa nell'abbigliamento, tendo ad abbinare sempre nello stesso modo i vari capi: la tal gonna con la tal camicia e il tal maglione, stessa cosa per i tali jeans, ecc... Mischiamo le carte, azzardando anche un pochino, provando a prendere spunto dalle vetrine, osando anche qualche abbinamento che ci sembra avventuroso, ma via, arriverà il sole prima o poi! Giuro che mi stupisco anch'io, a volte. Quando ho tempo (mi rendo conto che non sia facile da reperire), mi metto d'impegno e ci penso tra me e me, poi se oltre al tempo ho anche voglia, sperimento provando. Garantisco che provando anche a mischiare le stagioni (dove possibile, ovvio che non mi metto un maglione d'angora super peloso su un pantalone di lino!), si possono ottenere risultanti interessanti.
A costo zero.
E con soddisfazione.

E via, adesso copritemi pure di insulti!

27 marzo, 2013

Con la cuffietta in testa

Viviamo bersagliati continuamente da telefonate da parte di persone che vogliono proporci qualsiasi cosa: un nuovo operatore telefonico, la tv a pagamento, forniture di olio, cosmetici, cibi surgelati, investimenti finanziari....
A volte ci spazientiamo, rispondiamo male e buttiamo giù malamente il telefono. Diciamola tutta: queste persone hanno il dono di chiamare proprio nel momento meno opportuno, quando stiamo miracolosamente facendo mangiare la verdura al bebè, mentre siamo sotto la doccia, mentre abbiamo le mani affondate nell'impasto dei biscotti....
Poi sono insistenti, difficilmente accettano un NO come risposta e finita lì; nonnò, loro insistono, ci provano, ci riprovano. E ci snervano. Non li sopportiamo più.

Però....

Però pensiamoci bene.
Io ci ho lavorato, in un posto del genere. Taaanto tempo fa. Non vendevo nulla, facevo assistenza telefonica, ma vi garantisco che è ugualmente un infermo. Se i clienti chiamano l'assistenza è perchè hanno dei casini, se hanno dei casini sono incavolati e se tu non risolvi tutto tipo bacchetta magica, te ne senti di ogni. Se non prendi tot chiamate nell'arco della giornata, poi ti senti le tue pure dal capo, idem se per caso passa vicino al tuo loculo (non potrei mai definirla scrivania) e si accorge che ti dilunghi con un clienti e hai delle chiamate in coda.
Sacrilegio.
Non parliamo poi dello stipendio.
Da una parte e dall'altra, lavate di capo, trattamenti tutt'altro che carini, soddisfazioni zero e guadagno ridotto all'osso. Il tutto con la tua bella laurea quadriennale in tasca, a cui pensi con dolore e quasi quasi ci fai un aeroplanino di carta.

Non è una bella vita e in questo periodo di crisi chissà quante persone si stanno accontentando, potrebbero fare di meglio, ma non possono e si adattano ad un mestiere mortificante.
Ogni volta che mi "disturbano" cerco di contare fino a dieci e riflettere su queste cose prima di mandarli a stendere senza pensare e aggiungere altra mortificazione alle loro giornate.


25 marzo, 2013

Il trucco non c'è - post futile del lunedì mattina uggioso

In questa settimana sabbatica tra la fine del mio precedente lavoro e l'inizio del prossimo, mi sto dedicando un po' di più alla casa, quindi stamattina SPESA.
La mia tenuta per il supermercato prevede abbigliamento carino (sciatta, mai), ma comodo e zero trucco. Poi capita che alla cassa davanti a me c'è una morettona con la piega perfetta e un'opera d'arte in faccia che manco Monet.
Io penso "Chissà questa qui quanto tempo ci ha messo". Magari pochissimo, sono io che sono una frana con il trucco.

Per prima cosa, per me make-up vuol dire pochi, fondamentali strumenti: matita nera per occhi, mascara, ombretto e terra. Non uso altro.

Detesto il fondotinta, perchè mi sembra di impiastricciarmi la faccia e che poi la pelle non possa respirare. Non so mettere l'eyeliner: ne ho acquistato uno una volta, a prova di imbranata grave e pagandolo una fortuna, ma l'ho fatto seccare dopo non pochi tentativi che mi facevano somigliare a un panda ammalato.
Non ho idea di come si usi il primer, di cui tra l'altro ho scoperto l'esistenza solo qualche mese fa. So che è qualcosa che ha che fare con l'ombretto, ma oltre non vado.
Mi risulta che il blush sia una specie di cipria rosata che si usa per dar colore alle guance, io al massimo distribuisco un po' di terra, ma raramente perchè ho una reputazione da eternamente pallida da difendere.
I rossetti mi disturbano: mi disgusta lasciare il segno su bicchieri, cannucce e guance altrui, quindi non mi sono mai evoluta dal Labello.

Ecco le mie conoscenze finiscono lì.
Un discorso a parte lo potrei fare per gli smalti per le unghie, che mi piacciono un sacco e che metto appena ho tempo, compatibilmente con l'attivita di cambio pannolini-lava chiappette rosa-lava biancheria che ancora mi tocca alquanto spesso.

In sostanza sono appena appena sopra il livello dell'imbranitudine senza speranza, il mio massimo del trucco è: ombretto, mascara e riga, ma quest'ultima non sempre (sopra la palpebra o sotto l'occhio, con la matita me la cavo abbastanza, ma ho bisogno di tempo e concentrazione).

E poi mi stupisco quando mi dicono: "Che aria stanca, ma stai bene? Sei pallida".
Eh già, un po' me la cerco!


24 marzo, 2013

La bellezza della propria età

Sono convinta che la vita sia fatta di fasi, ognuna importante e tutte diverse da loro. Nell'arco del tempo, ho imparato che (per me) è fondamentale cercare di viverle al meglio e appieno tutte quante.

La mia riflessione nasce, oltre che un pomeriggio piovoso, dalla bella serata di ieri.

Io e Darcy ci siamo concessi una serata in libera uscita, abbiamo affidato la Ballerina ai nonni e noi siamo usciti a cena. Niente di impegnativo, due pinte, un hamburger e una tagliata, cibo di qualità e locale accogliente. Finita la cena abbiamo fatto un giretto in auto (pioveva e faceva troppo freddo!) e poi dritti a casa. Per farla breve, alle 10pm eravamo già addivanati, caffè in mano (sì, noi abbiamo la caratteristica di poterlo bere a qualsiasi ora e dormire come sassi) e pigiama addosso. Darcy mi ha detto, sorridente: "Ammazza che seratona, alle dieci siamo già in piagiama sul divano!".
Ebbene, che bellezza. A me piace così tanto.
Se penso cosa voleva dire avere vent'anni, dover aspettare almeno le 10 per uscire, girare almeno 2 o 3 locali, dover quasi per forza far tardi, essere rimbambiti per tutto il giorno successivo....magari poi, per non divertirsi nemmeno troppo.

Oggi penso ai miei coetanei, amici e conoscenti (mica pochi) che ancora adesso vivono con quei ritmi, organizzano serate infinite, affrontano piombe (delle mie parti, ubriacature solenni) colossali che lasciano strascichi evidenti, si spostano di città in città per i vari avvenimenti che frequentano, si prendono delle stancate micidiali e poi comunque lunedì la sveglia suona, pure per loro.

Ben felice che a loro piaccia e si divertano perchè per me è sacro il vivi e lascia vivere. Inoltre ritengo che lo scandirsi delle fasi della vita non dipenda solo da come uno gestisce le proprie serate.

Ma io non tornerei a fare quella vita. L'ho fatta per diversi anni, non sempre felicissima, tra l'altro. Adesso che ho una bimba e un marito, preferisco una cena fuori veloce, o mangiare a casa con loro, preferisco vedere la Ballerina giocare dopo cena, mentre lancia i peluches per la casa urlando "Taaaaaat" (?), preferisco addivanarmi alle 10.
Perchè sento che sto vivendo la una nuova fase, una fase diversa, quella successiva. Sento che sono passata oltre, che sono cresciuta e tra qualche anno, non so quanti, magari ne inizierò una nuova.

21 marzo, 2013

Fastidio

Ho questo rospo in gola e adesso vedrò di sputarlo.

Ci vediamo dopo 9 mesi. Nove mesi in cui tu pur ritornando a volte in questa città, non sei mai passata a trovarmi. Ma lo so, tuo marito non vuole vedermi.
In questi 9 mesi hai ricucito un matrimonio che tutti davamo per morto, ma con un repentino passo indietro sei riuscita in ciò che sembrava impossibile.
Ora mi dici che tutto va "come avrebbe dovuto andare fin dall'inizio", che lui è "tornato quello di cui mi sono innamorata", "sto bene, lui finalmente è maturo e consapevole".

Ma io non posso dimenticare la violenza verbale, gli insulti, i ricatti psicologici, gli scatti d'ira, le ripicche e le cattiverie. Dunque mi chiedo, come puoi averlo fatto tu? Complimenti, la tua capacità di dimenticare o forse, perdonare, è molto superiore alla mia.

Dovrei essere contenta per te e da un lato lo sono. Dall'altro sento che si è rotto qualcosa, si è creata una distanza. La sensazione è quasi che io mi debba sentire anomala perchè ho sempre avuto, grazie al cielo, una famiglia e un matriomio sereno. Perchè vado d'accordo coi miei suoceri, perchè ho avuto una bambina, perchè mio marito va d'accordo coi miei.
E' una colpa? Me lo dici quasi come se lo fosse, o quasi come fosse qualcosa di ordinario.
Oh ma non è per nulla ordinario sai, anzi è straordinario ogni giorno. Ogni giorno.

E poi questa cosa che tuo marito mi odia (chissà se odia anche tutte le tue altre amiche...) perchè sostenevo che dovessi lasciarlo, quindi ora la sua presenza provoca inevitabilmente la mia assenza.
Anch'io non lo adoro, lo sai, ma per te sarei disposta a mangiare una pizza insieme, fare due chiacchiere. Ricominciare, come avete fatto voi. Invece no. Pazienza.

Oggi ti ho portato il regalo di Natale e tu mia hai detto: "Eh il tuo ce l'ha mio papà...se vuoi puoi passare a prenderlo".
Anche no grazie, se ti va di darmelo, come sto dando io il tuo a te, bene, ma scordati che io passi da tuo padre a ritirare il mio pacchetto. Non esiste.

Ecco ho un gran fastidio addosso, questo incontro di oggi mi ha lasciato una strana sensazione sulla pelle, una specie di irritazione, un prurito, qualcosa di sottile e che eppure tormenta, come una puntura di zanzara.

Hai scelto - a quanto pare giustamente - di restare con tuo marito e io mi faccio volentieri da parte, ma la mia vita non è ordinaria e credo, dopo tanti anni di amicizia, di sostegno, di parole e lacrime asciugate, che forse avresti potuto comportarti diversamente. Non sto chiedendo il conto, l'amicizia non vuole niente in cambio, ma per oggi avrei voluto qualcosa di differente. Non so bene che cosa, ma così com'è andata, mi ha dato fastidio.

20 marzo, 2013

Due parole su questa foto

Template nuovo, foto nuova.
Ve la racconto.

E' stata scattata dell'autunno del 2006, durante una gita in Danimarca.
Il gruppo: quattro single stranamente assoriti, cioè io, il mio migliore amico, il suo migliore amico e un'amica del mio migliore amico che conoscevo appena. E' subito evidente che costei ci prova col mio migliore amico, ma va beh, fatti suoi.
Avendo affidato alla sottoscritta l'organizzazione del viaggio, si parte all'alba (o forse prima) per avere poi più tempo a disposizione. Infatti dopo i malumori inziali dovuti alla levataccia, nessuno ha da ridire sul fatto che in 48 ore riusciamo a: visitare esaustivamente Copenhagen, fare il giro in battello sui canali, visitare il castello di Elsinor e fare una capatina in Svezia col traghetto.

La foto viene proprio da lì, dallo stretto che separa la Danimarca dalla Svezia. Il tempo era così uggioso che la foto, se non fosse per la vela rossa, sembrerebbe quasi in bianco e nero. Ricordo che durante la breve traversata, c'è stato un attimo in cui intorno a noi non si vedeva niente: il faro del porto di partenza non si vedeva più, il sole era avvolto dalla nebbia e le prime case della Svezia ancora non si avvistavano. Immersi nel grigiore, compare quella vela rossa. Il migliore amico del mio migliore amico pensa bene di fotografarla ed ora eccola lì, a simboleggiare il mio viaggio, il mio transitare, il mio continuo movimento. Come allora, anche se per motivi profondamente diversi, vivo una fase di transizione, ma seppur avvolta dalla nebbia, proseguo, cambio, vado avanti. Perchè ferma non posso restare.

Altro motivo per cui l'ho scelta è che semplicemente la trovo bellissima. E pensare che è stata scattata con una macchina fotografica compatta senza pretese.

Ah. Note a margine.
L'amica del mio migliore amico si è strusciata senza successo per tutta la vacanzina, stufandosi subito e cambiando obiettivo appena rientrati in patria. Ora è sposata e ha una figlia.
Il mio migliore amico è felicemente fidanzato da 6 anni, lui e la fidanzata sono all'eterna ricerca della casa ideale che avanti così, non troveranno mai. Ma forse è proprio ciò che vogliono.
Io ho sposato il migliore amico del mio migliore amico. Uno che scatta una foto così, non si può certo farselo scappare.

19 marzo, 2013

Rido

Avete presente che al mio primo monitoraggio, vi raccontai di essere stata visitata da una giovane e bella ginecologa, bella quanto stronzetta, che constatando il mio scarso liquido amniotico mi disse con tono accusatorio: "Signora, ma lei BEVE?"
Avete presente che io le risposi con tono accondiscendente: "Certo, ACQUA. Ma sa com'è, sono alla 40esima + 2."

Avete presente che quando stavano per dimettermi, con già la valigia pronta in bella vista sul letto, pargola in carrozzina e tutto impacchettato, nella mia stanza si palesò finalmente la Primaria, finalmente giunta al lavoro dopo un doveroso weekend lungo + annesso ponte del giugno e vedendomi mi disse: "Buonasera, sono la Primaria" e poi rivolgendosi alla lì presente infermiera: "La signora quando verrà dimessa?". Oca, c'è la valigia sul letto e la pupa in carrozzina...credi che mi tratterrò a lungo?

Ecco.
La prima: lincenziata dall'ASL locale.
La seconda: quattro mesi di sospensione, anche se ora si vocifera di tramutare la sospensione in multa.

Pare che la seconda avesse favorito la prima durante il concorso per le assunzioni in suddetta ASL.

TIE'.

18 marzo, 2013

I'm back

Ve lo dicevo che non sarebbe durata. Mi conosco, so che scrivere prima che piacermi mi serve.
Perchè è terapeutico
perchè mi aiuta a riordinare le idee
perchè a modo mio, sono una comunicatrice
perchè mi mancavate
perchè tanti anni di attività da blogger non si cancellano.
Quindi rieccomi, con non poche novità.

Sono stati mesi faticosi, freddi e lunghi. Ho fatto tanta strada, non metaforicamente, in concreto: ho fatto diecimila chilometri in 4 mesi.
Ho imparato un mestiere nuovo, che non è durato, ma che mi ha dato esperienza e nuove capacità.
Ho conosciuto persone nuove e una realtà nuova, un altro mondo del lavoro, un mondo che mi era totalmente sconosciuto.
Sono venuta a contatto con mentalità che credevo ormai estinte, con personaggi che pensavo, erroneamente, potessero esistere solo nella finzione.

Ho scoperto delle cose di me. Ancora più importante.
Ho scoperto che fare l'eroina non giova: non giova a me perchè ne esco massacrata e non giova agli altri, perchè gli altri manco se ne accorgono.
Ho scoperto che odio profondamente una serie di cose:
guidare con la pioggia
l'asfalto non drenanate
l'arroganza
l'ottusità di chi ha la mente chiusa
i razzisti
pranzare da sola
alzarmi presto, troppo presto

E poi ho scoperto che ci sono cose che pensavo di poter affrontare saltellando su una gamba sola e invece no. Tipo che non è poi così semplice cambiare tipologia di lavoro. Non è che si passa dalla fuffa (leggi: software) alle scarpe - che sono la quint'essenza del concreto - così, senza accusare il colpo. Ho scoperto che dopo nove anni di fuffa, la fuffaggine ti si attacca addosso e non si stacca tanto facilmente.
Ho scoperto quanto sia allucinante la realtà delle media azienda italiana, io che pensavo fosse una giungla la multinazionale. Oh lo è, per carità, è una giungla dove nessuno ti aiuta quando ti trovi davanti alla tigre e hai il fucile scarico.
Ma la media azienduccia italiana è un posto dove il tuo capo legge Il Giornale, odia i bambini, i meridionali e gli extracomunitari, facendo di tutta l'erba un enorme fascio (guarda caso) con tutto ciò che è diverso da sè.

Ero nauseata. Stanca. Stanca fino ad avere voglia di vomitare. Stanca fino a non ricordarmi cosa mangiavo (è grave, vi assicuro). Stressata al punto da sognare me stessa incastrata sotto un guardrail nella mia macchina accartocciata, diventata tagliente e senza uscita. Ero demoralizzata dal mio sentirmi estranea, non integrata, la straniera, la forestiera. Stufa di sentire pezzi di frasi come "Dalle tue parti" "Al tuo paese" (???) "Ma da casa tua quanto ci metti ad arrivare al-tal-posto...".
Signori io vivo a 60 km da voi, non vivo in Tasmania, perdio.
Io che ero abiutata ad un lavoro dove praticamente il concetto di "straniero" non esisteva.

Pensavo fosse più facile.

E poi la sottile cattiveria. Le malefiche dinamiche che nascono da una popolazione composta da stagisti, manpoweristi, contratti a terministi....morte tua, vita mia. Se tu fallisci, io ho più chances; se tu molli, mi tengono; se tu ti stufi e te ne vai, io sono il pole position.

Ed eccoci qui. Mi sono dimessa.
Ho trovato un'altra strada. Stretta, impervia, lunga, sconosciuta e sono senza navigatore. Ma l'ho scelta. Ho scelto un altro cambiamento, un altro salto nel buio, un'altra stramaledetta sfida.
Per tornare a dormire, a respirare, a mangiare.
Per tornare a sorridere.

E per tornare qui.