21 giugno, 2013

Appartenenza

Appartenere a qualcosa non è mai stato il mio forte.

Fin da piccola ho manifestato un'indole indipendente, maniacalmente gelosa dei fatti miei e dei miei pensieri. Qualsiasi stupida domanda, finive per irritarmi, tutto per me era un'invasione nel mio territorio e non volevo avere niente a che fare coi territori altrui.
Mia mamma è diventata quasi matta prima di capire quanto fossi diversa da lei, quanto non sentissi il bisogno di inquadrarmi in qualsiasi gruppo, di uniformarmi a qualcosa e quanto invece sentissi un profondissimo bisogno di indipendenza, di trovare me stessa solo in me stessa.
Figuriamoci sentire sentimento di appartenenza per qualcosa.

Mi venivano i brividi, guardando i film americani e sentendo parlare di "gruppo delle cheerleaders", "confraternite", "gruppo del giornale del liceo", "gruppo delle ragazze più popolari della scuola". Mi venivano i brividi rendendomi conto che chi non rientrava in una di queste o delle altre realtà di cui è composta la vita scolastica americana, sarebbe stato un tagliato fuori.
Del resto è un po' quello che raccontavo qui

In ogni fase della vita ho avuto i miei buoni motivi per "non appartenere". Rossa di capelli, già questo mi poneva in un piccolo semi-isolamento cromatico (vi gaarantisco che da bambina in certi momenti è stato un calvario), con idee un po' particolari in testa e soprattutto l'odio viscerale per tutto quello che consideravo "atteggiamenti da oca", la mia adolescenza è trascorsa in compagnia di Bono, Freddie, Axl e altri simpatici signori (tipo Beatles, Deep Purple, Clash...). Erano loro i miei migliori amici. Ci sono stati i momenti in cui si è insinuata nel mio cervello una punta di invidia per chi era popolare, per chi era parte di qualcosa, per chi al centro di qualcosa. Ma poi, razionalmente, io sarei stata a mio agio nei loro panni? No, io stavo bene dove stavo. Nella mia stanza, con la mia musica e i miei libri.

Poi si cresce, si cambia, si va all'università e anche lì, nonostante tutto, si appartiene a poco. Ma non importa più.

Forse a ben pensarci, l'unico momento in cui mi sono sentita di appartenere a qualcosa con piacere, è stato durante il corso di formazione per il lavoro alla Multinazionale. Ma c'erano delle condizioni particolari a contorno.
  • ero ubriaca di gioia per aver ottenuto un contratto a tempo indeterminato
  • ero ubriaca di gioia perchè avevo sempre desiderato tantissimo visitare l'Irlanda e non solo ci sarei andata, ma pure gratis
Quindi immaginatevi quando mi sono ritrovata a cammianre sotto quei palazzi specchiati in mezzo al verde, a girare per quegli uffici pieni di gente giovane e proveniente da tutti gli angoli del pianeta, io, piccola italiana media col mio bicchiere di polistirolo in mano pieno di orrendo caffè. Un caffè buonissimo, in realta.
Appartengo a qualcosa di grande, di importante, mi dicevo. E ne ero superfiera.
Come ben sapete però, è stato un senso di appartenenza tanto intenso ed inebriante quanto effimero.

Oggi so che appartenere non è proprio nelle mie corde. Sono come un gatto. Amo la mia casa, mi ci rifugio quando fa freddo, ci sto bene, benissimo, ma non appartengo a niente. Cerco e ho bisogno dell'affetto e dell'amore della mia famiglia, di cui non potrei mai fare a meno, ma non appartengo a nessuno, non cerco il senso di appartenenza. Sono sempre stata fuori e continuerò a stare fuori.

Anche qui, nella blogsfera, ho trovato un sacco di fantastiche blogamiche che mi hanno dato comprensione, conforto e supporto, ma il mio blog, come me stessa, non appartiene a nessuna precisa categoria.


Questo post partecipa al Blogstorming del mese sul tema dell'appartenenza.


8 commenti :

  1. bel posto, non sapevo che avessi i capelli rossi, ma rosso rosso fuoco?
    Nel senso irlandese dentro e fuori, no? : )
    Sì in effetti anch'io appartengo ben poco, faccio fatica a fare squadra, e nonostante sia molto ciarliera e lo sia stata fin da piccola, sono stata molto solitaria, e ancora oggi sono una strana solitaria socievole. E comunque visto che siamo in diretta, a proposito del tuo post sul lavoro di tuo marito di qualche giorno fa, il mio non è ancora rincasato e sono le 22.55 la sua giornata è cominicata alle 8.22 in ufficio, dopo avar portato Natallia al centro.
    Fanculo va. Sandra

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  2. Non rosso fuoco, ramato direi. Irlandese dentro e fuori, si! Mi piaceva un sacco quando mi scambiavano per una del posto ;-)
    Solitaria socievole potrebbe essere la mia definizione di oggi, prima ero decisamente solitaria.
    Oh ma che cavolo! Povero Emanuele :( Mi unisco al vaffa

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  3. Mi verrebbe da dire, se non fosse una frase un po' ritrita, che ci hanno separate alla nascita!!!

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    1. Sarà pure ritrito, ma se è vero, è vero! E diciamolo! :)

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  4. Non rossa, ma molto riccia...anch'io da ragazzina ho passato momenti difficili per colpa dei capelli...che poi, ripensandoci ora, fossero questi i problemi della vita...

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    1. I capelli da ragazzina possono essere un vero cruccio!

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  5. mi sento molto simile a te.
    voglia di essere solo me stessa.
    e spesso mi paragono ad una gatta per questi motivi.
    il bello è mantenere il senso originale della diversità, dell'essere lontani da stereotipi e giudizi sterili.
    non appartenenza è sentire la leggerezza della libertà di essere.

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    1. "non appartenenza è sentire la leggerezza della libertà di essere". Mi piace, sembra mi sia stato cucito addosso. Grazie per questo commento!

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