27 maggio, 2013

Padroni del proprio destino

La settimana scorsa ho letto questo post e tra un impegno e l'altro, non sono riuscita a commentare. Dato che ormai è passato troppo tempo, ci scrivo un post io, pari pari, con le mie idee e le mie riflessioni.
 
In linea generale, sono d'accordo con quanto scrive Chiara. La mentalità italiana tende a rallentare, posticipare e in estremi casi ad annullare, il distacco dei figli, la loro partenza, il "lasciare il nido".
Una persona di 19 anni che non lascia la casa dei genitori, non è niente di sorprendente, è la normalità, mentre forse all'estero lo sarebbe un pochino meno. Non neghiamolo. 
Loro però non sono meglio, secondo me. Sono diversi.
 
Penso a me stessa.
A 19 anni ho scelto di studiare a Milano, nonostante la facoltà che ho frequentato, una analoga, ci fosse anche nella mia piccola città. Ho scelto Milano e un'università privata con una specializzazione che alla Statale e nella mia città non c'era, specializzazione a cui tenevo davvero - e con ragione visto che quelle materie erano e sono rimaste la mia passione VERA, una scelta azzeccata non va mai rinnegata! Anche se non porta lavoro...
Quindi di fronte ad una retta salata e ad una distanza percorribile in giornata, non mi sono sognata di prender casa a Milano. Ho fatto 2 conti: avrei potuto cercare lavoro, ma questo avrebbe portato via tempo allo studio, prolungando la mia permanenza nell'ateneo, quindi aggiungendo rate. E poi chi l'ha detto che un lavoro da barista/commessa mi avrebbe permesso di pagarmi un affitto? A Milano erano già altissimi allora e non sempre si trova qualcuno con cui condividere casa. Forse era proprio questo l'aspetto che mi frenava maggiormente: non me la sentivo di convivere con estranei. Sarà per le esperienze negative raccontatemi da amici, la paura di trovarsi male, di imbattersi male, non so, ma non me la sentivo.
Alla fine, sono rimasta coi miei, dando costantemente ripetizioni per racimolare qualche soldo e non portare via troppo tempo allo studio.
Una volta laureata, appena avuto un contratto a tempo indeterminato (che poi non si è rivelato tale, ma questa è un'altra storia sob sob), sono andata a vivere da sola. Nella mia città, ovvio, perchè mi avevano CHIAMATA (chiamata, loro! mi avevano chiamata loro!) per questo lavoro che era proprio lì, in centro città. Era passato un anno esatto dalla mia discussione della tesi.
Il resto è storia.
 
Cosa avrei potuto fare? Mille altre cose. Non è vero che non avrei potuto per via soldi, perchè non ero ricca e non godevo di grandi disponiblità.
Avrei potuto non scegliere Milano, ma ad esempio Venezia, Bologna, Roma e trasferirmi là. Rinunciare alla mia inutile, ma amatissima specializzazione. Avrei potuto scegliere un'università statale che mi sarebbe costata meno, avrei potuto mantenermi lavorando e poi scegliere di andare chissà dove, trovando il coraggio di intraprendere una vita diversa, di condividere un mini appartamento con qualcuno.
Ma non l'ho fatto.
Perchè non mi andava di farlo. Ecco. Chiaro che i miei avrebbero patito, hanno solo me. Chiaro che avrebbero protestato, ma alla fine mi avrebbero lasciato scegliere, ne sono certissima, tutto sommato sono (erano...) giovani e aperti.
Il fatto è che nemmeno io volevo separarmi da loro così nettamente. Quando ho avuto il mio vero stipendio, ho subito cercato casa, sentivo fortissima la necessità di trovare la mia indipendenza. Ma prima non me la sono sentita, e non solo per i soldi! Perchè a 19 anni non me la sentivo, ma a 25 sì!
E' un male?
Non credo. Ognuno è diverso. Forse io sono maturata dopo.
Avevo diversi colleghi del Sud che per lavoro, per studio, hanno scelto di lasciare la famiglia e trasferirsi al Nord. Pensate che sia stato tutto rosa e fiori? Pensate che non abbiano sentito il distacco, provato nostalgia, solitudine, tristezza? Pensate che non se ne siano sentite di ogni dai loro "amici" che sceglievano di restare? Oh sì. In alcuni casi si sono sentiti dare dei traditori. Non è sempre facile.
Loro per necessità, l'hanno fatto. Io per scelta, no.
Nel mio caso la famiglia non c'entra nulla, non mi hanno tarpata o mortificata, ho sempre deciso IO. Non sono stati menefreghisti, ci abbiamo ragionato, ne abbiamo parlato, ma hanno fatto scegliere ME.
 
Questo fa di me una provinciale? Non lo so, ma io non mi sento provinciale. Non mi sento provinciale nella testa, e non perchè ho potuto viaggiare, visitare Londra e Buenos Aires. Io spero, credo di non essere provinciale per come ragiono.
 
Ho girato, ho viaggiato molto lo stesso. Ho visto tanti posti meravigliosi; 9 anni in una multinazionale mi hanno portata a contatto con persone, mentalità, culture e paesi diversi, stupendi e interessanti che mi hanno dato tanto, tantissimo, un sacco di ricchezza mentale.
 
Oggi, con questa crisona economica e di valori, penso che forse chi ha lasciato l'Italia ha fatto bene. Ma io ho scelto, tanti anni fa, di non farlo.
Poi chissà cosa ci riserverà il domani.
 

3 commenti :

  1. Grande Lizzie!
    Pure io avevo letto quel post e come sempre avevo pensato 'Ecchepp...un altro post contro l'Italia e che siamo provinciali e che siamo sfigati e bla bla bla'.
    Lasciare la propria casa ha un prezzo, e non solo economico. Capisco benissimo chi sceglie di non farlo. Io pure sono stata a casa. Poi non vuol dire che uno il mondo non lo pssa vedere dopo, quando ha un po' piu' di sale in zucca, si spera...

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  2. ...infatti poi i 19enni che fanno il gap year sono risaputamente gente matura e resposnabile, gia' gia'..
    https://www.youtube.com/watch?v=eKFjWR7X5dU
    ;-)

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  3. Ecco appunto! Che poi sia vero che la mentalità della famiglia media italiana sia diversa da quella che si trova all'estero siamo tutti d'accordo, ma ciò non significa che qui non sia necessario crescere, come asserisce il titolo del post, secondo me è una scelta individuale, dettata dai propri desideri, aspirazione e situazione contingete. Quasi sempre :)

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