E' il 21 ottobre del 2003. Dieci anni fa.
Lizzie ha sfoderato i suoi pantaloni più belli, una camicia bianca e un cardigan di cotone nero con la zip. Effetto "formale ma non troppo".
Buffo come di quell'outfit, come si dice adesso, oggi non abbia più nulla. Tutto rovinato, consumato, sformato. Strausato.
Entra in ufficio per la seconda volta, la prima era stata la settimana precedente, per il colloquio, l'ultimo dei tre.
E' spaesata, anche se il pensiero che tra i colleghi vedrà un paio di facce amiche la conforta un po'.
Il pensiero dell'immensità dell'azienda e della difficoltà di ciò che tratta però, prende il sopravvento e Lizzie si ritrova con le mani fredde e sudaticce.
All'ingresso la accoglie una collega simpatica che per prima cosa le consegna un badge provvisorio, da tenere rigorosamente al collo (E' fondamentale per poter rientrare nell'open space quando si esce per andare in bagno, le spiega) e le indica la saletta break; dall'interno, un ragazzo alto e moro la vede attraverso le pareti di vetro ed esce a salutarla dicendo: "Ciao, tu sei Elizabeth, si ti stavamo aspettando, tu vieni dalle banche, vero? Io sono Carlo, adesso il tuo capo non c'è ancora comunque vieni che ti faccio vedere la tua scrivania, credo di sapere qual è, così appoggi la tua roba", dice indicando la sua borsa.
Lizzie si domanda che cavolo di importanza abbia il fatto di aver lavorato in banca in precedenza, non lo sa ancora, ma lo scoprirà prima di quanto creda.
Attraverso un corridoio, si accede all'open space.
Buon Dio.
Tanta luce.
Tante scrivanie.
Tanti squilli.
Tante voci.
Tante facce.
Pochi anni.
Sono tutti giovani, tutti dell'età di Lizzie, più o meno. E ci sono pure le piante. Vere, vive, non di plastica.
Lizzie capisce al volo di non essere capitata nel tipico ufficio italiano.
Questi ragazzi parlano inglese, vengono da tutt'Italia e hanno già vissuto all'estero.
Il clima è giocoso, sereno. C'è professionalità, modernità, spazio all'iniziativa. A Lizzie non sembra vero.
Arriva il capo. Pertuttiidiavolidell'Inferno, assomiglia a Jovanotti. E' serio, dall'aria intelligente e allo stesso tempo infonde calma e ispira simpatia, fin dall'accento. Le mani di Lizzie si riscaldano e si asciugano, pian piano.
Lizzie si accomoda alla sua nuova scrivania, che qui chiamano desk. Ha una grande sedia imbottita blu regolabile, la scrivania è gigantesca, di legno chiaro, ha un armadietto, un portapenne, un portacarte, matite, biro, evidenziatori, blocchi per appunti, post-it, un pc e due telefoni.....le gira la testa. La scrivania è in un angolo dell'open space, con doppia vista finestrata che manco Paola Marella.
Il capo-Jovanotti le fa fare un giretto di presentazioni e lei, tra i tanti, ricorda solo i quattro nomi di chi conosce già: Simone, Michela, Elisabetta, Luca. Tutti gli altri sono un calderone di gente con strani cognomi, gente già meravigliosa in partenza: Lizzie li ama già tutti, perché nei loro occhi non vede diffidenza o distacco, ma gentilezza, accoglienza, apertura e voglia di conoscersi. Anche se lo è, Lizzie non si sente - e non si sentirà mai, anche perché non ne ha avuto oggettivamente il tempo - l'ultima arrivata.
La tappa successiva è il caffè: che diamine, sono pur sempre le nove del mattino. In saletta break si fuma ancora, la legge sul divieto deve ancora entrare in vigore. Dentro stanno parlando di cose strane, ma che per Lizzie diventeranno assai famigliari: volano parole grosse come server, cluster, istanza, database, licenza, supporto.
Alla macchinetta c'è una ragazza con un taglio di capelli strafigo. Sorride a Lizzie, un sorriso timido, ma caldo e bellissimo.
"Ciao, io sono Seavessi. Cosa prendi?"
"Caffè grazie", risponde Lizzie cercando la moneta in tasca.
"No lascia, il caffè è gratis", interviene il capo-Jovanotti.
Datemi un pizzicotto, pensa incredula Lizzie, stentando a trattenere una fragorosa, gioiosa risata .
------------------------------------------------------------------------------
Questo è il ricordo del mio primo giorno di lavoro alla multinazionale americana. Il mio terzo lavoro, che è durato nove anni.
Le cose come sapete non sono sempre state idilliache, tutt'altro, e oggi riportare a galla quei momenti è particolarmente doloroso, ma a dieci anni da quel giorno comunque fatidico, mi piace rievocare quella fetta di vita con questo ricordo, con il primo giorno, con tutta la magia e la felicità che portava con sé.
21 ottobre, 2013
Iscriviti a:
Commenti sul post
(
Atom
)
Quindi lavoravi con SEAVESSI... che bello!!!!!!!!!!! sandra frollini buona settimana
RispondiEliminaEbbene sì, nove anni di onorata colleganza! Buona settimana anche a te :)
EliminaSono affascinata dal mondo delle aziende, soprattutto quelle che nn sono italiane...non conoscendo cosa significa lavorare con tanta gente mi chiedo sempre cosa si fa, come ci si coordina...bello il tuo ricordo!
RispondiEliminaHanno un loro fascino, è indubbio, ma lavorare in mille (mille davvero, non tanto per dire) a volte non è semplice!
Eliminapeccato che siano solo ricordi. Portano con sè la speranza per un altro lavoro così, però, secondo me!
RispondiEliminaSi e in questi giorni mi fanno particolarmente male....ma DEVO prendere sempre il lato positivo e ci provo ogni giorno!
EliminaIl primo giorno di lavoro... che ricordo lontano!!! me l'hai fatto rivivere!
RispondiEliminaSpero che come nel mio caso, sia un bel ricordo
Elimina