Lo so che è tardi, che sono già indietro ancor prima di cominciare, ma i giorni che hanno preceduto il Natale sono stati convulsi. Per prima cosa, ho avuto un forte raffreddore che ha seriamente compromesso le mie facoltà mentali...ma non voglio accampare scuse. Seconda cosa, ho lavorato come un cretina, prendendomi i soliti mal di fegato, staccando la spina solo la vigilia alle ore 15.00: insomma, pare che non cambierò mai, scema ero e scema resto. Ovviamente poi durante il clou delle feste non è pensabile intraprendere un'attività che non sia mangiare o farsi gli auguri, quindi in un battibaleno eccoci qui, la sera del 27 dicembre.
Finalmente ho cominciato! Internet disponbile, dizionari alla mano e Darcy come consulente/revisore: stasera ho tradotto. E anche benino, direi, per essere super-arrugginita. Ma la cosa bella qual è? Che mi sono divertita, come mi divertivo ai tempi dell'università. Tradurre mi piace e mi diverte ancora.
Le storie d'amore, non finiscono mai!
28 dicembre, 2009
24 dicembre, 2009
Vigilia di Natale
Questa mattina camminando verso l'ufficio ho visto tanti visi scuri: persone in ritardo, persone arrabbiate, persone incavolate con la neve, persone incavolate con mondo perchè lavorano la vigilia di Natale...
Ho pensato che sarebbe bello invece riuscire ad iniziare la giornata con un sorriso.
Sarebbe un bel regalo, per noi stessi e per gli altri.
Auguri a tutti!
Ho pensato che sarebbe bello invece riuscire ad iniziare la giornata con un sorriso.
Sarebbe un bel regalo, per noi stessi e per gli altri.
Auguri a tutti!
23 dicembre, 2009
Incancellabile
Era un po' che volevo scrivere su questo fatto, ma non mi decidevo mai perchè mi sembra un argomento più grande di me, per il quale mi sento inadeguata.
Poi per caso oggi ho visto un internet una foto e le parole mi stanno uscendo dalle dita e dai tasti del pc senza che io possa impedirlo.
Il furto della terribile e beffarda insegna di Auschwitz mi ha riportato alla memoria un fatto della vita che non potrò mai dimenticare: ad otto anni, ho visitato Dachau.
Io e i miei eravamo in Germania per una mini vacanza pasquale ed il programma di viaggio prevedeva anche quella visita. Mio papà tentennava un po', riteneva fossi troppo piccola; mia madre, invece da brava insegnante, mi ha spiegato ben bene di cosa si trattasse e ha detto che se io me la sentivo, non c'erano problemi.
Quindi andammo. Ho pochissimi ricordi visivi: edifici grigi, bassi, corridoi vuoti, stanze vuote; un grande cortile, spoglio. E' buffo come io conservi solo questi pochi frammenti visivi, mentre indelebile sia la sensazione che provavo, intatta e chiarissima a distanza di 25 anni. Lì dentro niente mi sembrava reale, mi sentivo in una dimensione parallela, in un mondo che non esiste, che non poteva esistere, tutto era irreale, impossibile. Quella sensazione per me è incancellabile e mi ha fatto restare, nel corso degli anni, particolarmente sensibile all'argomento.
Quel giorno la visita per me terminò prima del previsto, ma non fui io sentirmi poco bene, fu mio padre. Proprio lui che era preoccupato per la sua bambina, di fronte alla realtà di quel luogo, si è sentito male. Era inaffrontabile, per lui. Inconcepibile la presa di coscienza di esserci dentro e pensare "è successo davvero, perchè ci sono dentro". Eccolo lì, grande e grosso, un metro e ottantacinque centrimetri d'uomo con le gambe molli, che chiede di uscire prima che la visita finisca. Mi ricordo che lo accompagnai fuori. Era a pezzi e io non sapevo cosa dirgli per farlo stare meglio; non potevo dirgli proprio nulla.
Quel giorno pensai che sarebbe stato bello se al mondo ci fossero stati più uomini con la sensibilità di mio papà, che smise di essere invincibile ai miei occhi, ma diventò uno splendido essere umano imperfetto.
Poi per caso oggi ho visto un internet una foto e le parole mi stanno uscendo dalle dita e dai tasti del pc senza che io possa impedirlo.
Il furto della terribile e beffarda insegna di Auschwitz mi ha riportato alla memoria un fatto della vita che non potrò mai dimenticare: ad otto anni, ho visitato Dachau.
Io e i miei eravamo in Germania per una mini vacanza pasquale ed il programma di viaggio prevedeva anche quella visita. Mio papà tentennava un po', riteneva fossi troppo piccola; mia madre, invece da brava insegnante, mi ha spiegato ben bene di cosa si trattasse e ha detto che se io me la sentivo, non c'erano problemi.
Quindi andammo. Ho pochissimi ricordi visivi: edifici grigi, bassi, corridoi vuoti, stanze vuote; un grande cortile, spoglio. E' buffo come io conservi solo questi pochi frammenti visivi, mentre indelebile sia la sensazione che provavo, intatta e chiarissima a distanza di 25 anni. Lì dentro niente mi sembrava reale, mi sentivo in una dimensione parallela, in un mondo che non esiste, che non poteva esistere, tutto era irreale, impossibile. Quella sensazione per me è incancellabile e mi ha fatto restare, nel corso degli anni, particolarmente sensibile all'argomento.
Quel giorno la visita per me terminò prima del previsto, ma non fui io sentirmi poco bene, fu mio padre. Proprio lui che era preoccupato per la sua bambina, di fronte alla realtà di quel luogo, si è sentito male. Era inaffrontabile, per lui. Inconcepibile la presa di coscienza di esserci dentro e pensare "è successo davvero, perchè ci sono dentro". Eccolo lì, grande e grosso, un metro e ottantacinque centrimetri d'uomo con le gambe molli, che chiede di uscire prima che la visita finisca. Mi ricordo che lo accompagnai fuori. Era a pezzi e io non sapevo cosa dirgli per farlo stare meglio; non potevo dirgli proprio nulla.
Quel giorno pensai che sarebbe stato bello se al mondo ci fossero stati più uomini con la sensibilità di mio papà, che smise di essere invincibile ai miei occhi, ma diventò uno splendido essere umano imperfetto.
21 dicembre, 2009
Surgelati
Dopo un weekend di gelo, di temperatura ampiamente sotto alla media stagionale....vengo in ufficio e cosa trovo? 10 gradi, la caldaia è rotta, non ha sopportato le temperature rigide degli scorsi giorni e l'acqua all'interno si è congelata. Totale: temperatura artica e bagni inagibili. E dobbiamo restare almeno fino all'ora di pranzo!!! Poi, grazie al cielo, possiamo tornare a casa.
Quanta umanità.
Quanta umanità.
14 dicembre, 2009
Riflessioni post-seminario
Sabato mattina, ore 10.00 Seminario sulla traduzione editoriale-letteraria. Una cosa ben fatta, organizzata da una casa editrice non distante da qui, presenti i due soci fondatori e l'avvocato con cui collaborano per la gestione dei contratti con i traduttori, appunto.
Siamo in 20 a partecipare, tutte donne, a sottolineare il fatto che la letteratura e le lingue sono materie prettamente femminili (io all'Università avevo 3 o 4 compagni di corso maschi, degli esseri misteriosi...).
Poco dopo le 9.30 entro in hotel e trovo già due ragazze che parlano fitto fitto. Prendo un caffè e le ragazze mi fanno segno di unirmi a loro. In pochi minuti siamo una decina e quando arrivano le 10 siamo al completo, venti fanciulle di età diverse pronte a cominciare. Ci riuniamo nella sala congressi, la signora e padrona della casa editrice si presenta e poi, come sempre accade, chiede ad ognuna di noi di presentarsi, facendo il giro della tavolata.
Ed ecco che io resto basita. Per 3 ore e ribadisco 3 misere ore di seminario, c'è una ragazza che viene da Palermo, laureata da 3 settimane; ce ne sono 2 che vengono da Macerata, laureate e con anche un master alle spalle; una viene dalla Romagna, una dalla Toscana (addirittura questa già ampiamente avviata nella professione), una viene da Verona...Insomma, ci sono ragazze da tutta l'Italia.
Ragazze laureate (lingue straniere, interpreti e traduttori, laurea triennale, laurea quadriennale, di tutto un po'), ragazze con master, con esperienze pazzesche, donne di 40 anni, donne che si sono laureate nel 1995, ragazze di 22 anni con gli occhi brillano di aspettative. Donne e ragazze qualificate, con una spiccata professionalità e con tanta voglia da fare. Ragazze che non riescono ad entrare nel mondo del lavoro e donne che non riescono a rientrarci! Sì, perchè c'è qualcuna che aveva il lavoro della vita, ma da un giorno all'altro la multinazionale ha chiuso il dipartimento e quindi...a casa col sussidio di disoccupazione. Persone incredule di fronte alla possibilità di frequentare un seminario pratico, a cui segue una prova che, se ben valutata, può portare ad una collaborazione, sebbene non continuativa.
Ecco com'è il panorama oggi. Donne coi titoli e con esperienza, che prendono un aereo per 3 ore di seminario, nella speranza di un contratto a progetto pagato una miseria.
Il seminario in sè è stato molto interessante e formativo, complimenti alla casa editrice. Ma la visione del mondo del lavoro che mi ha lasciato...beh, posso solo definirla deprimente.
Siamo in 20 a partecipare, tutte donne, a sottolineare il fatto che la letteratura e le lingue sono materie prettamente femminili (io all'Università avevo 3 o 4 compagni di corso maschi, degli esseri misteriosi...).
Poco dopo le 9.30 entro in hotel e trovo già due ragazze che parlano fitto fitto. Prendo un caffè e le ragazze mi fanno segno di unirmi a loro. In pochi minuti siamo una decina e quando arrivano le 10 siamo al completo, venti fanciulle di età diverse pronte a cominciare. Ci riuniamo nella sala congressi, la signora e padrona della casa editrice si presenta e poi, come sempre accade, chiede ad ognuna di noi di presentarsi, facendo il giro della tavolata.
Ed ecco che io resto basita. Per 3 ore e ribadisco 3 misere ore di seminario, c'è una ragazza che viene da Palermo, laureata da 3 settimane; ce ne sono 2 che vengono da Macerata, laureate e con anche un master alle spalle; una viene dalla Romagna, una dalla Toscana (addirittura questa già ampiamente avviata nella professione), una viene da Verona...Insomma, ci sono ragazze da tutta l'Italia.
Ragazze laureate (lingue straniere, interpreti e traduttori, laurea triennale, laurea quadriennale, di tutto un po'), ragazze con master, con esperienze pazzesche, donne di 40 anni, donne che si sono laureate nel 1995, ragazze di 22 anni con gli occhi brillano di aspettative. Donne e ragazze qualificate, con una spiccata professionalità e con tanta voglia da fare. Ragazze che non riescono ad entrare nel mondo del lavoro e donne che non riescono a rientrarci! Sì, perchè c'è qualcuna che aveva il lavoro della vita, ma da un giorno all'altro la multinazionale ha chiuso il dipartimento e quindi...a casa col sussidio di disoccupazione. Persone incredule di fronte alla possibilità di frequentare un seminario pratico, a cui segue una prova che, se ben valutata, può portare ad una collaborazione, sebbene non continuativa.
Ecco com'è il panorama oggi. Donne coi titoli e con esperienza, che prendono un aereo per 3 ore di seminario, nella speranza di un contratto a progetto pagato una miseria.
Il seminario in sè è stato molto interessante e formativo, complimenti alla casa editrice. Ma la visione del mondo del lavoro che mi ha lasciato...beh, posso solo definirla deprimente.
11 dicembre, 2009
Qualcosa per me
Domani, sabato, giornata per me solitamente consacrata al sonno la mattina e ad attività riposanti come vedere gli amici, fare compere, sistemare - con calma - la casa nel pomeriggio...ebbene, dicevo, domani sarà un sabato diverso. Rinuncio alle ore di beato sonno mattutino come a tutto il resto, mi alzerò alle 7.15, Darcy (sant'uomo) mi accompagnerà alla stazione e prenderò un lurido treno. In una ridente cittadina alle porte di Torino, frequenterò un Seminario sulla Traduzione Editoriale.
Signori, sono emozionata come una scolaretta, sono in subbuglio, sono curiosa ed impaziente. Finalmente compio il primo sospirato passo per dare una raddrizzata alla mia vita lavorativa, una sottile riga da aggiungere al mio cv, un piccolo segnale che Sì, qualcosa sta cambiando.
Signori, sono emozionata come una scolaretta, sono in subbuglio, sono curiosa ed impaziente. Finalmente compio il primo sospirato passo per dare una raddrizzata alla mia vita lavorativa, una sottile riga da aggiungere al mio cv, un piccolo segnale che Sì, qualcosa sta cambiando.
09 dicembre, 2009
Pensieri sparsi
Ci sarebbero tante cose da dire, però io sono in una condizione mentale confusa e l'ambiente intorno a me non è dei più consoni a raccogliere le idee con ordine.
Cercherò di fare il possibile.
- Roma è un incanto, sempre e comunque. "Ovvio", dice chi ci abita, "tu te la vivi da turista, prova a starci in pianta stabile!", il che per carità, può essere vero. Il traffico è un delirio a qualsiasi ora del giorno e della notte, il parcheggio è ormai un ricordo di qualcosa che accadeva solo negli anni 70, i turisti - per quanto portatori di soldi - ammorbano l'esistenza di chiunque voglia fare in santa pace un giro in centro; le distanze sono immense, i tempi dilatati, l'economia zoppica, le opportunità di lavoro scarseggiano....
Però basta alzare il naso per trovarsi di fronte a qualcosa con valore storico (un palazzo, una via, un quartiere, una piazza...), per trovare sorprendenti rovine romane, angoli di verde inimmaginabili, scorci che lasciano senza fiato. A Roma c'è sempre qualcosa da vedere, anche se ci vivi o se, come me, si ha la fortuna di andarci più volte l'anno. Io ringrazio il cielo di avere là un pezzo di famiglia che ogni volta mi accoglie con gioia e mi porta in giro a fare la turista.
Voglio tornarci entro la fine di febbraio, perchè, accidenti, mi sono persa la mostra su Grace Kelly! (Ma si può?? Era chiusa il lunedì!!!)
In compenso ho fatto uno shopping di gran classe:
Son soddisfazioni.
- Andare a Roma per me significa anche stare in famiglia ed entrare in contatto con una situazione non proprio rosea. Mio cugino ha quasi trent'anni e un diploma di geometra. Da quando l'ha conseguito, ha lavorato 2 anni in catena di montaggio (di lavatrici) e nulla più. Da ragazzino era allergico allo studio, si è diplomato a calci, era il classico ragazzotto con un accento che neanche Totti si sogna, tutto interessato unicamente alla sua auto nuova. Poi, dopo le delusioni del lavoro, l'allontanamento dagli amici (alcuni, i più buzzurri, si sono persi. Gli altri, hanno preso il volo, altri, chissà...), è diventato un ragazzo chiuso e spaventato del mondo. Sempre più legato ai genitori (ora entrambi pensionati), ora è arrivato al punto di uscire solo per fare la spesa (col padre) e per portare a spasso il cane (uno splendido meticcio prossimo ai 15 anni, quindi tutt'altro che eterno). Mi domando come possa andare avanti così. "Lavoro non ce n'è, a Roma è diverso, qui bisogna essere amici di qualcuno, io non so neanche l'inglese..." sono tutte le scuse che mi sono sentita dire in questi giorni, a giustificazione del fatto di essere a casa a marcire. Hobby non ne coltiva, sostenendo di non poterseli permettere, visto che non lavora...
E dire che non sarebbe stupido, anzi, è anche sensibile. Ma è talmente spaventato dall'idea di staccarsi dal nido, di prendersi le proprie responsabilità, di camminare nella vita da solo, senza i genitori accanto ad ogni passo, è talmente spaventato dall'idea di un qualsiasi fallimento, che si fa andar bene quella specie di non-vita che conduce ora. Che non può bastargli, non ci credo. Non so cosa fare, ho provato più volte a parlargli, ma è sempre spento, rassegnato.
E io provo un amaro senso di impotenza...
Cercherò di fare il possibile.
- Roma è un incanto, sempre e comunque. "Ovvio", dice chi ci abita, "tu te la vivi da turista, prova a starci in pianta stabile!", il che per carità, può essere vero. Il traffico è un delirio a qualsiasi ora del giorno e della notte, il parcheggio è ormai un ricordo di qualcosa che accadeva solo negli anni 70, i turisti - per quanto portatori di soldi - ammorbano l'esistenza di chiunque voglia fare in santa pace un giro in centro; le distanze sono immense, i tempi dilatati, l'economia zoppica, le opportunità di lavoro scarseggiano....
Però basta alzare il naso per trovarsi di fronte a qualcosa con valore storico (un palazzo, una via, un quartiere, una piazza...), per trovare sorprendenti rovine romane, angoli di verde inimmaginabili, scorci che lasciano senza fiato. A Roma c'è sempre qualcosa da vedere, anche se ci vivi o se, come me, si ha la fortuna di andarci più volte l'anno. Io ringrazio il cielo di avere là un pezzo di famiglia che ogni volta mi accoglie con gioia e mi porta in giro a fare la turista.
Voglio tornarci entro la fine di febbraio, perchè, accidenti, mi sono persa la mostra su Grace Kelly! (Ma si può?? Era chiusa il lunedì!!!)
In compenso ho fatto uno shopping di gran classe:
- una paio di guanti di pelle neri con impunture e bottoncino viola sul polso;
- un paio di guanti di cachemire neri, lunghi fino al gomito;
- un abito di seta e velluto verde scuro e annesso coprispalle;
- 2 libri in inglese
Son soddisfazioni.
- Andare a Roma per me significa anche stare in famiglia ed entrare in contatto con una situazione non proprio rosea. Mio cugino ha quasi trent'anni e un diploma di geometra. Da quando l'ha conseguito, ha lavorato 2 anni in catena di montaggio (di lavatrici) e nulla più. Da ragazzino era allergico allo studio, si è diplomato a calci, era il classico ragazzotto con un accento che neanche Totti si sogna, tutto interessato unicamente alla sua auto nuova. Poi, dopo le delusioni del lavoro, l'allontanamento dagli amici (alcuni, i più buzzurri, si sono persi. Gli altri, hanno preso il volo, altri, chissà...), è diventato un ragazzo chiuso e spaventato del mondo. Sempre più legato ai genitori (ora entrambi pensionati), ora è arrivato al punto di uscire solo per fare la spesa (col padre) e per portare a spasso il cane (uno splendido meticcio prossimo ai 15 anni, quindi tutt'altro che eterno). Mi domando come possa andare avanti così. "Lavoro non ce n'è, a Roma è diverso, qui bisogna essere amici di qualcuno, io non so neanche l'inglese..." sono tutte le scuse che mi sono sentita dire in questi giorni, a giustificazione del fatto di essere a casa a marcire. Hobby non ne coltiva, sostenendo di non poterseli permettere, visto che non lavora...
E dire che non sarebbe stupido, anzi, è anche sensibile. Ma è talmente spaventato dall'idea di staccarsi dal nido, di prendersi le proprie responsabilità, di camminare nella vita da solo, senza i genitori accanto ad ogni passo, è talmente spaventato dall'idea di un qualsiasi fallimento, che si fa andar bene quella specie di non-vita che conduce ora. Che non può bastargli, non ci credo. Non so cosa fare, ho provato più volte a parlargli, ma è sempre spento, rassegnato.
E io provo un amaro senso di impotenza...
04 dicembre, 2009
Torno a Roma...per qualche giorno
In occasione di questo propizio ponte, torno in una delle città che amo di più al mondo, Roma. Sarà una visita molto "famigliare" e poco turistica, visto che in sostanza, vado a trovare i cugini. Quindi i propositi sono: riposare, mangiare bene e vedere qualche mostra interessante...a Roma gira e rigira ce ne sono sempre.
Staccherò il collegamento con tutto quello che anche solo vagamente è connesso con il lavoro, mi godrò le attenzioni di parenti che mi vedono una volta all'anno e le sfavillanti luci della città addobbata per le festività natalizie.
Nella borsa: un libro fresco da iniziare, iPod ben carico, occhiali da sole, e macchina fotografica. That's it!
A mercoledì!
Staccherò il collegamento con tutto quello che anche solo vagamente è connesso con il lavoro, mi godrò le attenzioni di parenti che mi vedono una volta all'anno e le sfavillanti luci della città addobbata per le festività natalizie.
Nella borsa: un libro fresco da iniziare, iPod ben carico, occhiali da sole, e macchina fotografica. That's it!
A mercoledì!
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