Succede che abbia per la testa di fare delle cose, compiere dei passi, iniziare avventure.
Succede, perchè quello di cui mi occupo al momento non è mio, non lo sento mio, non mi appartiene e non mi trasferisce niente.
Quindi mi sono rimboccata le maniche e il cervello e ho trovato una strada percorribile, che potenzialmente mi porterà nella direzione che mi interessa.
Ciò significa però abbandonare alcune sicurezze, una in modo particolare: la retribuzione.
Allora sono scattate le domande:
1. E' giusto che io, con una lavoro sicuro a tempo indeterminato, mi arrovelli per cercare di realizzare altro?
2. Non è indelicato nei confronti di chi un lavoro non ce l'ha e lo cerca disperatamente?
3. E' giusto che tante persone a cui chiedo consiglio mi rispondano - in buona fede, eh - con la parola Maternità?
4. Non è una follia risolvere un'insoddisfazione professionale mettendo al mondo un figlio?
5. Non bisognerebbe prima cercare di realizzare un pochino se stessi prima di far nascere un esserino innocente su cui scaricare tutte le nostre possibili frustrazioni?
6. Il problema non verrebbe solo posticipato?
7. E' più responsabile mantenere la propria solida, frustrante posizione, gioendo di aver già portato a casa un risultato memorabile avendo un lavoro, oppure è più corretto verso se stessi perseguire i propri difficili sogni e aspirazioni, affrontando incertezze non da poco?
Si accettano suggerimenti.
08 giugno, 2009
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Commenti sul post
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Alle varie domande sul lavoro non saprei bene cosa rispondere... io ti posso solo dire che nel mio caso, da quando ho cominciato a considerarlo solamente un gioco, le cose mi sono andate molto meglio...
RispondiEliminaPer i figli:
se uno ci ragiona sopra, i figli non li farebbe mai... secondo me vanno fatti ascoltando l'istinto :-)
Sicuramente prendere le cose con più leggerezza mi aiuterebbe, diciamo che ogni tanto tendo al catastrofismo. Proverò a seguire il tuo consiglio...grazie!
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