26 maggio, 2008

Sonnet XXIII

Ieri sera a letto, mi sentivo un po' sola e triste. Avevo freddo alle braccia e il pensiero del lunedì mattina che si avvicinava mi dava un senso di oppressione allo stomaco. Ho provato a leggere qualche pagina del libro che ho iniziato pochi giorni fa, ma ad un certo punto ho notato che la lettura non riusciva a rapirmi. Allora mi sono alzata, sono andata in soggiorno e da uno scaffale ho tratto uno dei volumetti a cui sono più affezionata di tutta la mia modesta (o forse neanche tanto) biblioteca: Shakespeare, Sonetti.
Partendo dal primo, ne ho riletti alcuni e come ogni volta, ci ho trovato qualcosa in più. Ieri sera è stato questo, che mi ha rapita ed è riuscito ad accompagnarmi verso un po' di tranquillità
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As an unperfect actor on the stage
Who with his fear is put besides his part,
Or some fierce thing replete with too much rage,
Whose strength's abundance weakens his own heart.
So I, for fear of trust, forget to say
The perfect ceremony of love's rite,
And in mine own love's strength seem to decay,
O'ercharged with burden of mine own love's might.
O, let my books be then the eloquence
And dumb presagers of my speaking breast,
Who plead for love and look for recompense
More than that tongue that more hath more express'd.
O, learn to read what silent love hath writ:
To hear with eyes belongs to love's fine wit.


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