Recentemente mi sono arrivate un paio di segnalazioni per possibili occasioni di lavoro all’estero.
Una riguarda un luogo che conosco molto bene e che sento decisamente famigliare, Dublino. Là ci sono già delle persone che conosco, mi muoverei agevolmente per la città, perchè conosco i mezzi pubblici, i locali, alcuni quartieri, i ritmi, le abitudini, l’indole degli irlandesi...
L’altra riguarda una delle mete più ambite dai giovani europei: Barcellona. Il discorso in questo caso è decisamente diverso. Ci sono stata una sola volta tre anni fa per un giorno, quindi l’ho visitata al volo e non posso esprimere un giudizio, solo pensare a quello che dice la gente più esperta di me. Si parla di ambiente vivace, multiculturale, sfrizzante, stimolante, si parla di un clima eccezionale, di un’ ipotetica sede di lavoro fighissima...
Insomma, in entrambi i casi ci sarebbero tanti pro.
Ma senza mettermi a valutare i contro, il primo pensiero che mi è venuto è che ora come ora sto bene qua, a casa, nella mia piccola, provinciale città, con un pessimo clima, l’economia in stasi, la popolazione che cala e invecchia, con le zanzare d’estate e la nebbia d’inverno, quella nebbia che solo chi è nato qui riesce in qualche modo ad amare, quando cammini per i viali d’inverno e ti ci puoi nascondere, respirandone lo strano profumo, mentre ti stringi nel cappotto, mentre le guance pungono per il freddo.
Forse sono un po’ matta. Forse no.
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