Arriva l'estate e siamo tutte contente.
Siamo contente perchè questa primavera è stata piovosissima, non se ne poteva più, abbiamo voglia di sole, di sandali...e di gonne. E lì casca l'asino. Care mamme, va bene i chiletti sui fianchi, va bene un po' di panzetta, ma aver partorito non ci esenta dalla tortura della depilazione.
Tortura è la parola giusta, qualsiasi metodologia si utilizzi.
1. Lametta: è una tortura perchè va fatto molto frequentemente e i nostri cari peli di solito si rinforzano, invece che indebolirsi...In più, passare la lametta porta via un pochino di quella sudata abbronzatura che abbiamo guadagnato sgambettando per la città.
2. Crema depilatoria: ma come si fa a sopportarne la puzza? E poi il risultato dura poco, diciamo la verità.
3. Ceretta: la tortura per definizione, doloroso sul momento, costoso se fatto dall'estetista, ma anche l'attrezzatura DIY non è economicissima...Poi per fare la successiva occorre che i peli siano abbastanza lunghi, quindi dobbiamo sorbirci giorni e giorni di afa con gonne lunghe o, peggio, pantaloni lunghi (in questo caso, viva il lino).
4. Aggeggi elettrici: idem come sopra. Ah, e vogliamo parlare dell'effetto morbillo che si forma sulle gambe dopo l'operazione? Tutti quei puntini rossi che non svaniscono se non dopo ore....
Nota divertente: quest'inverno mi è stata proposta una "promozione" per depilazione definitiva. Ecco, duemila euro solo per l'inguine!! Diamo i numeri.
Insomma, comunque la si guardi, la depilazione è una terribile rottura di scatole.
Vi prego, ditemi che non sono la sola a viverla così male!
25 giugno, 2012
20 giugno, 2012
La mia città #3
Sono scomparsa per quasi una settimana: nonostante abbia smesso di lavorare, ho molto meno tempo per scrivere, perchè prima in ufficio, essendo tutto ormai in disarmo, avevo parecchi tempi morti, diciamo così. Ora invece sono a casa con Ballerina ed è tutto un altro tran tran.
Oggi è mercoledì, giorno dedicato alla mia città. Non avendo avuto la testa di maturare qualcosa di più interessante, oggi parlo di casa mia, delle mie case.
Ho vissuto per 27 anni coi miei, nel classico appartamento col corridoio e le stanze che si affacciano su di esso: salotto, cucina (grande per fortuna) camera, cameretta e bagno. Condominio enorme, con 2 scale e 6 piani, un sacco di famiglie e poca confidenza, piccolo cortile in cemento e zero giardino. Posizione: centrale, ma non centro storico, su una direttrice ad alto livello di traffico, in particolare di ambulanze. L'incubo della mia gioventù era prendere sonno. Siamo noi, i ragazzi cresciuti negli anni 80, quando già era un lusso poter giocare per le strade.
Forse da queste righe traspare che io da quell'appartamento, sono letteralmente fuggita. Appena ho avuto un contratto a tempo indeterminato (quello che ho appena perso, per intenderci), ho cercato una casa tutta per me, come direbbe Virginia Woolf. Quindi mi sono messa in caccia e dopo pochi mesi mi sono trasferita nella mia casetta "da single": centrissimo, centro storico, terzo piano senza ascensore, parcheggio manco a parlarne, ma tanto non ho la macchina; cucina, bagno, camera e grande salotto. La mia casina. Ricordo benissimo la difficoltà ad adattarsi alle luci della notte che filtravano dalle persiane, io che ero abituata a delle ermetiche tapparelle; ricordo la leggerezza che mi dava avere tutto quello spazio per me, la mia cucina, il mio bagno...e ricordo com'era migliorato il mio rapporto coi miei genitori!
Il legame con la mia casina è forte, molto, soprattutto perchè poi io e Darcy ci abbiamo trascorso i primi mesi da sposini, da novembre 2008 a luglio 2009, dato che la nostra attuale casa era tutt'altro che pronta nei tempi stabiliti! Con grande fatica, lo ammetto, gli ho fatto spazio nell'armadio, in bagno, in soggiorno. E' stato un po' complicato, non avevamo davvero lo spazio per tutto, non trovavamo mai parcheggio....ma alla fine è stato tutto ripagato. Perchè quando ci siamo trasferiti qui, è stato come se ci fossimo sposati di nuovo, una sensazione splendida ed un'emozione che non dimenticherò.
Ora la nostra casa è così e ciò che mi ha fatto innamorare è la posizione. La via non è trafficata, è una vietta secondaria dove passa solo chi ci vive. E sul retro, il nostro cortile ha un bel giardinetto che confina con l'enorme parco di una scuola elementare. D'inverno non vola una mosca e d'estate ci svegliamo al canto dei passerotti, poi al gioioso vocio dei bimbi che entrano a scuola. Il profumo dei tigli ci intontisce in primavera e il più fastidioso dei rumori, se così si può definire, è il cane dei vicini che abbaia.
Adoro la mia casa.
Adoro che la mia città mi consenta di vivere qui, nel verde, ma di essere nel contempo a 5 minuti a piedi dal centro. Adoro che i prezzi ci abbiano consentito di comprarla, seppur col mutuo, perchè qui non siamo ancora al ladrocinio che vige nelle grandi città. Adoro il fatto che siamo in una palazzina con 4 appartamenti, quindi molto diverso da dove sono cresciuta.
La mia città offre ancora di queste possibilità, il che non è banale, secondo me. E' un piccolo grande valore. Me ne sono resa conto ancor di più col la Ballerina: ma sapete che vantaggio andare a spasso per le vie del centro col passeggino, senza dover prendere l'auto, caricare il passeggino e sedere la piccola anguilla nell'ovetto? Sapete che comodità essere a un tiro di schioppo da un supermercato, ma anche dal comune, dalla farmacia, dal banchetto della frutta?
Quando visito una grande città e penso a tutto ciò che offre, penso anche questo nostro lusso provinciale è rovescio della medaglia.
Oggi è mercoledì, giorno dedicato alla mia città. Non avendo avuto la testa di maturare qualcosa di più interessante, oggi parlo di casa mia, delle mie case.
Ho vissuto per 27 anni coi miei, nel classico appartamento col corridoio e le stanze che si affacciano su di esso: salotto, cucina (grande per fortuna) camera, cameretta e bagno. Condominio enorme, con 2 scale e 6 piani, un sacco di famiglie e poca confidenza, piccolo cortile in cemento e zero giardino. Posizione: centrale, ma non centro storico, su una direttrice ad alto livello di traffico, in particolare di ambulanze. L'incubo della mia gioventù era prendere sonno. Siamo noi, i ragazzi cresciuti negli anni 80, quando già era un lusso poter giocare per le strade.
Forse da queste righe traspare che io da quell'appartamento, sono letteralmente fuggita. Appena ho avuto un contratto a tempo indeterminato (quello che ho appena perso, per intenderci), ho cercato una casa tutta per me, come direbbe Virginia Woolf. Quindi mi sono messa in caccia e dopo pochi mesi mi sono trasferita nella mia casetta "da single": centrissimo, centro storico, terzo piano senza ascensore, parcheggio manco a parlarne, ma tanto non ho la macchina; cucina, bagno, camera e grande salotto. La mia casina. Ricordo benissimo la difficoltà ad adattarsi alle luci della notte che filtravano dalle persiane, io che ero abituata a delle ermetiche tapparelle; ricordo la leggerezza che mi dava avere tutto quello spazio per me, la mia cucina, il mio bagno...e ricordo com'era migliorato il mio rapporto coi miei genitori!
Il legame con la mia casina è forte, molto, soprattutto perchè poi io e Darcy ci abbiamo trascorso i primi mesi da sposini, da novembre 2008 a luglio 2009, dato che la nostra attuale casa era tutt'altro che pronta nei tempi stabiliti! Con grande fatica, lo ammetto, gli ho fatto spazio nell'armadio, in bagno, in soggiorno. E' stato un po' complicato, non avevamo davvero lo spazio per tutto, non trovavamo mai parcheggio....ma alla fine è stato tutto ripagato. Perchè quando ci siamo trasferiti qui, è stato come se ci fossimo sposati di nuovo, una sensazione splendida ed un'emozione che non dimenticherò.
Ora la nostra casa è così e ciò che mi ha fatto innamorare è la posizione. La via non è trafficata, è una vietta secondaria dove passa solo chi ci vive. E sul retro, il nostro cortile ha un bel giardinetto che confina con l'enorme parco di una scuola elementare. D'inverno non vola una mosca e d'estate ci svegliamo al canto dei passerotti, poi al gioioso vocio dei bimbi che entrano a scuola. Il profumo dei tigli ci intontisce in primavera e il più fastidioso dei rumori, se così si può definire, è il cane dei vicini che abbaia.
Adoro la mia casa.
Adoro che la mia città mi consenta di vivere qui, nel verde, ma di essere nel contempo a 5 minuti a piedi dal centro. Adoro che i prezzi ci abbiano consentito di comprarla, seppur col mutuo, perchè qui non siamo ancora al ladrocinio che vige nelle grandi città. Adoro il fatto che siamo in una palazzina con 4 appartamenti, quindi molto diverso da dove sono cresciuta.
La mia città offre ancora di queste possibilità, il che non è banale, secondo me. E' un piccolo grande valore. Me ne sono resa conto ancor di più col la Ballerina: ma sapete che vantaggio andare a spasso per le vie del centro col passeggino, senza dover prendere l'auto, caricare il passeggino e sedere la piccola anguilla nell'ovetto? Sapete che comodità essere a un tiro di schioppo da un supermercato, ma anche dal comune, dalla farmacia, dal banchetto della frutta?
Quando visito una grande città e penso a tutto ciò che offre, penso anche questo nostro lusso provinciale è rovescio della medaglia.
14 giugno, 2012
Domani è un altro giorno
Ho dormito male. Dormo male già da un po'.
Oggi è il compleanno di mia mamma. Le ho regalato una favolosa palette di Dior. Era contenta, ma non completamente. Che strano compleanno per lei.
Stamattina c'è un bellissimo sole, ieri notte ha imperversato il temporale.
Il pinetto, la buganville, l'ibisco rovesciati. I gerani trapanati, la lantana grattugiata. Il gelsomino e l'ulivo resistono bene.
Il balcone è un delirio.
Ho lo stomaco chiuso, da giorni. Ma non dimagrisco.
Ho raccolto le mie cose, talmente poche che non mi serve uno scatolone.
L'ufficio è strano, si ride per non piangere.
Avete presente il film "Tra le nuvole"? Ecco, rende molto bene l'idea di ciò che stiamo vivendo.
Al diavolo la crisi, al diavolo chi decide sopra le nostre teste senza chiedere, senza sapere, senza pensare.
Arrivano email inaspettate, scorrono lacrime impreviste. Nascoste sotto gli occhiali, a testa bassa.
Le lacrime no, quelle davvero non le avevo considerate. Smettetela, state lì, state indietro, non vi voglio, non è giusto. Mando giù e mi ripeto come un matra che dopo tutto, domani è un altro giorno.
Oggi è il compleanno di mia mamma. Le ho regalato una favolosa palette di Dior. Era contenta, ma non completamente. Che strano compleanno per lei.
Stamattina c'è un bellissimo sole, ieri notte ha imperversato il temporale.
Il pinetto, la buganville, l'ibisco rovesciati. I gerani trapanati, la lantana grattugiata. Il gelsomino e l'ulivo resistono bene.
Il balcone è un delirio.
Ho lo stomaco chiuso, da giorni. Ma non dimagrisco.
Ho raccolto le mie cose, talmente poche che non mi serve uno scatolone.
L'ufficio è strano, si ride per non piangere.
Avete presente il film "Tra le nuvole"? Ecco, rende molto bene l'idea di ciò che stiamo vivendo.
Al diavolo la crisi, al diavolo chi decide sopra le nostre teste senza chiedere, senza sapere, senza pensare.
Arrivano email inaspettate, scorrono lacrime impreviste. Nascoste sotto gli occhiali, a testa bassa.
Le lacrime no, quelle davvero non le avevo considerate. Smettetela, state lì, state indietro, non vi voglio, non è giusto. Mando giù e mi ripeto come un matra che dopo tutto, domani è un altro giorno.
13 giugno, 2012
La mia città #2
E' mercoledì, torna la mia personale rubrichetta sulla mia piccola, dormiente città.
Oggi non parlo di architettura, storia o opere d'arte. Oggi parlo di CALCIO. Ebbene sì, io che col calcio ho un rapporto odio/amore molto sbilanciato sul primo, visto che la mia squadra del cuore porta con sè un destino sciagurato, un passato glorioso, un presente traballante e un futuro....mah, meglio non pensarci.
Oggi tralascio la mia sfiga calcistica e vi parlo della squadra della mia città.
Non sono una tifosa di quelle proprio accese, da piccolina ogni tanto mio papà mi portava con lui allo stadio, ma poi le vicende altamente deludenti che hanno caratterizzato la storia recente della squadra, hanno fatto intiepidire molti animi, tra cui il mio.
Poi nella mia vita è arrivato Darcy, che nonostante si macchi di essere juventino, grattando l'infame superficie lascia emergere il vero tifoso che è in lui: quello che sostiene la Pro Vercelli. Con il cuore e con il cervello, con la pioggia e con il sole, nella buona e nella cattiva sorte. Dopo innumerevoli ed interminabili anni di cattiva sorte, finalmente alla fine di questo campionato siamo stati promossi in serie B. Sembra roba da poco, per chi segue le squadre famose, ma per la Pro Vercelli significa rompere un incantesimo e tornare, quasi, fra le grandi. Già, tornare, perché quello che la Pro Vercelli può vantare è un curriculum di tutto rispetto, molto più ricco di quelli di tante altre squadre attualmente in serie A.
Io non sono un'esperta e quindi non mi dilungo, se per caso vi interessasse approfondire visitate questo sito.
http://it.wikipedia.org/wiki/Pro_Vercelli
Concludo con un anedotto simpatico.
Avete presente la seconda maglia della nazionale? E' bianca. Ecco, quella maglia bianca è in onore della Pro Vercelli. Leggenda narra che anni e anni fa la Pro Vercelli dovesse giocarsi lo scudetto con l'Inter, ma tutta o quasi la squadra era stata appena impegnata in nazionale, quindi la società chiese alla società interista di posticipare la partita. L'Inter rifiutò e la Pro Vercelli perse il campionato. Trattandosi di una vicenda piuttosto unfair, per rimediare allo sgarbo, la federazione italiana assegnò alla nazionale una seconda maglia bianca, come la maglia della Pro Vercelli.
La storia, è ben nota anche all'estero http://www.runofplay.com/2009/04/23/pro-vercelli-the-ghosts-of-1910/
Oggi non parlo di architettura, storia o opere d'arte. Oggi parlo di CALCIO. Ebbene sì, io che col calcio ho un rapporto odio/amore molto sbilanciato sul primo, visto che la mia squadra del cuore porta con sè un destino sciagurato, un passato glorioso, un presente traballante e un futuro....mah, meglio non pensarci.
Oggi tralascio la mia sfiga calcistica e vi parlo della squadra della mia città.
Non sono una tifosa di quelle proprio accese, da piccolina ogni tanto mio papà mi portava con lui allo stadio, ma poi le vicende altamente deludenti che hanno caratterizzato la storia recente della squadra, hanno fatto intiepidire molti animi, tra cui il mio.
Poi nella mia vita è arrivato Darcy, che nonostante si macchi di essere juventino, grattando l'infame superficie lascia emergere il vero tifoso che è in lui: quello che sostiene la Pro Vercelli. Con il cuore e con il cervello, con la pioggia e con il sole, nella buona e nella cattiva sorte. Dopo innumerevoli ed interminabili anni di cattiva sorte, finalmente alla fine di questo campionato siamo stati promossi in serie B. Sembra roba da poco, per chi segue le squadre famose, ma per la Pro Vercelli significa rompere un incantesimo e tornare, quasi, fra le grandi. Già, tornare, perché quello che la Pro Vercelli può vantare è un curriculum di tutto rispetto, molto più ricco di quelli di tante altre squadre attualmente in serie A.
Io non sono un'esperta e quindi non mi dilungo, se per caso vi interessasse approfondire visitate questo sito.
http://it.wikipedia.org/wiki/Pro_Vercelli
Concludo con un anedotto simpatico.
Avete presente la seconda maglia della nazionale? E' bianca. Ecco, quella maglia bianca è in onore della Pro Vercelli. Leggenda narra che anni e anni fa la Pro Vercelli dovesse giocarsi lo scudetto con l'Inter, ma tutta o quasi la squadra era stata appena impegnata in nazionale, quindi la società chiese alla società interista di posticipare la partita. L'Inter rifiutò e la Pro Vercelli perse il campionato. Trattandosi di una vicenda piuttosto unfair, per rimediare allo sgarbo, la federazione italiana assegnò alla nazionale una seconda maglia bianca, come la maglia della Pro Vercelli.
La storia, è ben nota anche all'estero http://www.runofplay.com/2009/04/23/pro-vercelli-the-ghosts-of-1910/
11 giugno, 2012
Mamma-che-lavora
Questo giovedì sarà il mio ultimo giorno di lavoro e invece di sentire un vago senso di libertà, come forse si potrebbe pensare, sento sulle spalle il peso della responsabilità della casa, della spesa, della figlia e di sa il cielo che altro.
Prima, se il soggiorno sembrava un campo di battaglia, se il cesto della biancheria era simile ad un vulcano in eruzione e se la cena consisteva in tonno+insalata+un frutto+tantisalutiebaci, avevo sempre la scusa pronta: io lavoro, io sono una mamma-che-lavora. La mamma-che-lavora, essere mitologico, dotato di fantapoteri che le consentono di compiere imprese impossibili. Ciò che gli altri esseri umani fanno in 24 ore, la mamma-che-lavora lo fa in 2, la mamma-che-lavora non solo risolve i problemi, ma li anticipa, evitanto che si verifichino. Conosce i propri polli, con la pupa c'è un feeling inarrivabile, sa leggere nei suoi occhi e nei suoi gesti. Idem col consorte, basta un sopracciglio così e non cosà e lei capisce tutto.
Ma da venerdì la mamma non lavora più.
Quindi sento già il senso del dovere che mi piomba addosso. Sento che non potrò più lasciare la posta da aprire per giorni sul tavolino, non portò più trascurare le piante, non potrò più ignorare la polvere che mi fa ciao ciao dagli scaffali, non potrò più rifilare a Darcy tonno e insalata. Ma sono io o siamo noi donne che in generale che abbiamo questo istinto disastroso che ci spinge a fare sempre il massimo possibile e immaginabile?
Non lo so davvero.
Su una cosa però non voglio cambiare. La Ballerina.
Anche se presto, appunto, non sarò più una mamma-che-lavora, non è detto che io non torni ad esserlo nel giro di qualche mese, anzi, direi che me lo auguro proprio. Visto che la pargola aveva recepito con sorrisi e baci il mio rientro al lavoro dopo 10 mesi di amorevole simbiosi, non vedo perchè rischiare di fare il danno nei prossimi mesi. Perciò ho deciso, con buonapace dei 4 nonni, che per lei i cambiamenti saranno ridotti al minimo, manterremo la sana abitudine della mezza giornata con loro, in modo che se io dovessi ricollocarmi velocemente, la sua routine non debba subire bruschi scossoni. Adoro quando mi chiama, quando è in braccio a qualcun'altro e su butta letteralmente verso di me, quando tende le braccine, quando mi dà quei suoi strani bacini bavosi e quelle violente carezze. Ma non voglio che diventi mamma-dipendente, non voglio che soffra il distacco in futuro, visto che non l'ha patito due mesi fa. Continuerà a trascorrere tempo coi nonni, loro ne sono felici, lei sta bene e io ho più tempo libero.
E un po' di senso di colpa. Ci risiamo: sono incorreggibile.
Prima, se il soggiorno sembrava un campo di battaglia, se il cesto della biancheria era simile ad un vulcano in eruzione e se la cena consisteva in tonno+insalata+un frutto+tantisalutiebaci, avevo sempre la scusa pronta: io lavoro, io sono una mamma-che-lavora. La mamma-che-lavora, essere mitologico, dotato di fantapoteri che le consentono di compiere imprese impossibili. Ciò che gli altri esseri umani fanno in 24 ore, la mamma-che-lavora lo fa in 2, la mamma-che-lavora non solo risolve i problemi, ma li anticipa, evitanto che si verifichino. Conosce i propri polli, con la pupa c'è un feeling inarrivabile, sa leggere nei suoi occhi e nei suoi gesti. Idem col consorte, basta un sopracciglio così e non cosà e lei capisce tutto.
Ma da venerdì la mamma non lavora più.
Quindi sento già il senso del dovere che mi piomba addosso. Sento che non potrò più lasciare la posta da aprire per giorni sul tavolino, non portò più trascurare le piante, non potrò più ignorare la polvere che mi fa ciao ciao dagli scaffali, non potrò più rifilare a Darcy tonno e insalata. Ma sono io o siamo noi donne che in generale che abbiamo questo istinto disastroso che ci spinge a fare sempre il massimo possibile e immaginabile?
Non lo so davvero.
Su una cosa però non voglio cambiare. La Ballerina.
Anche se presto, appunto, non sarò più una mamma-che-lavora, non è detto che io non torni ad esserlo nel giro di qualche mese, anzi, direi che me lo auguro proprio. Visto che la pargola aveva recepito con sorrisi e baci il mio rientro al lavoro dopo 10 mesi di amorevole simbiosi, non vedo perchè rischiare di fare il danno nei prossimi mesi. Perciò ho deciso, con buonapace dei 4 nonni, che per lei i cambiamenti saranno ridotti al minimo, manterremo la sana abitudine della mezza giornata con loro, in modo che se io dovessi ricollocarmi velocemente, la sua routine non debba subire bruschi scossoni. Adoro quando mi chiama, quando è in braccio a qualcun'altro e su butta letteralmente verso di me, quando tende le braccine, quando mi dà quei suoi strani bacini bavosi e quelle violente carezze. Ma non voglio che diventi mamma-dipendente, non voglio che soffra il distacco in futuro, visto che non l'ha patito due mesi fa. Continuerà a trascorrere tempo coi nonni, loro ne sono felici, lei sta bene e io ho più tempo libero.
E un po' di senso di colpa. Ci risiamo: sono incorreggibile.
06 giugno, 2012
La mia città #1
Finalmente riesco con calma a raccogliere l'inziativa lanciata dalla Solita Mamma.
Mi è piaciuta l'idea di dedicare una serie di post alla propria piccola provinciale città, un piccolo gesto d'amore in un rapporto spesso conflittuale.
Faccio una premessa. La mia città è antica, molto. In passato (tanto in passato) ha goduto di grande importanza e per certi versi, questa importanza è ancora visibile. Per altri no, purtroppo il signor Napoleone ha fatto qualche pasticcetto. Sapete com'è, è sempre colpa dei francesi ;-). Ma torniamo alla città. Oggi della gloria passata c'è solo il racconto, nemmeno il ricordo, perchè non credo sia vivo nessuno che possa ricordare. Oggi la mia città è come la Bella Addormentata nel Bosco: bella e fragile, immobile e muta, aspetta che arrivi il suo prinicipe a rompere l'incantesimo e a risvegliarla dal suo sonno profondo. Il sonno profondo ormai è l'attività prinicipale dei suoi abitanti, dato che ormai, si sta pian piano tramutando in una città dormitorio, perchè la realtà questa: non c'è lavoro. E senza lavoro, non si va da nessuna parte.
Fatta questa doverosa premessa, con questa serie di post mi propongo di raccontarvi qualcosa di lei, qualcosa di bello, qualcosa che possa farla vedere per quello che potrebbe essere: una città in una posizione assolutamente strategica, a misura d'uomo, con un buon livello di qualità della vita, con discreti (sì, solo discreti) servizi offerti al cittadino, ma con un grande potenziale, una città con un significativo patrimonio artistico e culturale, soprattutto se si tiene conto delle ridotte dimensioni della città stessa.
Da dove cominciare?
Dal simbolo. La mia città ha un simbolo, un fiore all'occhiello, che purtroppo sta un pochino sfiorendo.
Eccolo qua.
Le foto sono mie, scattate quest'inverno dopo una bella nevicata
Non sono un'esperta di storia dell'arte, ma due cenni ve li so dare.
Quella che state vedendo è la Basilica di Sant'Andrea, vero e proprio simbolo della città di Vercelli, monumento risalente al tredicesimo secolo, esempio splendido di architettura romanica fortemente influenzata dagli influissi gotici europei. Caratteristica principale e quasi unica, i due campanili che delimitano la facciata. Degno di nota anche il chiostro, di cui purtroppo oggi non ho fotografie, ma posso facilmente rimediare. Stessa cosa per l'interno, non ho potuto fare scatti, ma posso dirvi che entrare in Sant'Andrea dona la sensazione che donano in genere le chiese gotiche: slancio verso il cielo, tensione verso qualcosa di superiore, senso di se stessi piccini piccini di fronte a tanta grandezza, forte senso di sacralità.
Come vi ho detto all'inzio, questo fiore è in pericolo. Purtroppo viste le sue dimensioni e la sua veneranda età, avrebbe bisogni di continui lavori di manutenzione, ma i fondi scarseggiano, anche perchè la Basilica non è proprietà della Curia, bensì del comune, che ha sempre qualcos'altro di più urgente su cui investire, così che le imprese importanti rimangono ad aspettare.
Mi è piaciuta l'idea di dedicare una serie di post alla propria piccola provinciale città, un piccolo gesto d'amore in un rapporto spesso conflittuale.
Faccio una premessa. La mia città è antica, molto. In passato (tanto in passato) ha goduto di grande importanza e per certi versi, questa importanza è ancora visibile. Per altri no, purtroppo il signor Napoleone ha fatto qualche pasticcetto. Sapete com'è, è sempre colpa dei francesi ;-). Ma torniamo alla città. Oggi della gloria passata c'è solo il racconto, nemmeno il ricordo, perchè non credo sia vivo nessuno che possa ricordare. Oggi la mia città è come la Bella Addormentata nel Bosco: bella e fragile, immobile e muta, aspetta che arrivi il suo prinicipe a rompere l'incantesimo e a risvegliarla dal suo sonno profondo. Il sonno profondo ormai è l'attività prinicipale dei suoi abitanti, dato che ormai, si sta pian piano tramutando in una città dormitorio, perchè la realtà questa: non c'è lavoro. E senza lavoro, non si va da nessuna parte.
Fatta questa doverosa premessa, con questa serie di post mi propongo di raccontarvi qualcosa di lei, qualcosa di bello, qualcosa che possa farla vedere per quello che potrebbe essere: una città in una posizione assolutamente strategica, a misura d'uomo, con un buon livello di qualità della vita, con discreti (sì, solo discreti) servizi offerti al cittadino, ma con un grande potenziale, una città con un significativo patrimonio artistico e culturale, soprattutto se si tiene conto delle ridotte dimensioni della città stessa.
Da dove cominciare?
Dal simbolo. La mia città ha un simbolo, un fiore all'occhiello, che purtroppo sta un pochino sfiorendo.
Eccolo qua.
Non sono un'esperta di storia dell'arte, ma due cenni ve li so dare.
Quella che state vedendo è la Basilica di Sant'Andrea, vero e proprio simbolo della città di Vercelli, monumento risalente al tredicesimo secolo, esempio splendido di architettura romanica fortemente influenzata dagli influissi gotici europei. Caratteristica principale e quasi unica, i due campanili che delimitano la facciata. Degno di nota anche il chiostro, di cui purtroppo oggi non ho fotografie, ma posso facilmente rimediare. Stessa cosa per l'interno, non ho potuto fare scatti, ma posso dirvi che entrare in Sant'Andrea dona la sensazione che donano in genere le chiese gotiche: slancio verso il cielo, tensione verso qualcosa di superiore, senso di se stessi piccini piccini di fronte a tanta grandezza, forte senso di sacralità.
Come vi ho detto all'inzio, questo fiore è in pericolo. Purtroppo viste le sue dimensioni e la sua veneranda età, avrebbe bisogni di continui lavori di manutenzione, ma i fondi scarseggiano, anche perchè la Basilica non è proprietà della Curia, bensì del comune, che ha sempre qualcos'altro di più urgente su cui investire, così che le imprese importanti rimangono ad aspettare.
05 giugno, 2012
Paracarro io?
Mio marito a volte mi dice che ho l'elasticità mentale di un paracarro, il che detto da un ingegnere, non è proprio un complimento.
Però, però...forse qualcosa di vero c'è. Insomma, per me le persone si dividono in:
chi ama Londra e chi ama Parigi
chi ama i gatti e chi ama i cani
chi ama il Toro e chi ama la Juve
chi ama la montagna e chi ama il mare
Vi devo dire io dove sto? Non credo. Tutto ciò per dire che la mia testolina non è poi così flessibile. Però mi impegno. Davvero.
A breve per me inizerà un'altra nuova vita. Un'altra perchè già quella che sto vivendo ora lo è, quella iniziata 365 giorni fa. E tra 10 giorni siamo daccapo: tutto nuovo, tutto da scrivere da zero. Una pagina bianca.
La mia rigidità mentale dovrà farsi da parte, dovrà andare in vacanza per un po', il periodo è pure quello giusto.
Ho bisogno di aprire la mente e pensare di poter fare anche ciò che la mia rigidità mi dice che non posso fare. Ho bisogno di spalancare i miei orizzonti, più che aprirli, proprio spalancarli. Riprendere in mano idee rimaste sospese nel tempo e nello spazio. Riprendere un pezzo di vita lasciato in un angolo, ma mai dimenticato.
Capire che sono io anche senza quella parte di me che in qualche modo è finita oggi...curioso, proprio il giorno del compleanno di mia figlia. Io non credo alle coincidenze, ma se ci credessi dovrei giocarmi al lotto i numeri di oggi.
Però, però...forse qualcosa di vero c'è. Insomma, per me le persone si dividono in:
chi ama Londra e chi ama Parigi
chi ama i gatti e chi ama i cani
chi ama il Toro e chi ama la Juve
chi ama la montagna e chi ama il mare
Vi devo dire io dove sto? Non credo. Tutto ciò per dire che la mia testolina non è poi così flessibile. Però mi impegno. Davvero.
A breve per me inizerà un'altra nuova vita. Un'altra perchè già quella che sto vivendo ora lo è, quella iniziata 365 giorni fa. E tra 10 giorni siamo daccapo: tutto nuovo, tutto da scrivere da zero. Una pagina bianca.
La mia rigidità mentale dovrà farsi da parte, dovrà andare in vacanza per un po', il periodo è pure quello giusto.
Ho bisogno di aprire la mente e pensare di poter fare anche ciò che la mia rigidità mi dice che non posso fare. Ho bisogno di spalancare i miei orizzonti, più che aprirli, proprio spalancarli. Riprendere in mano idee rimaste sospese nel tempo e nello spazio. Riprendere un pezzo di vita lasciato in un angolo, ma mai dimenticato.
Capire che sono io anche senza quella parte di me che in qualche modo è finita oggi...curioso, proprio il giorno del compleanno di mia figlia. Io non credo alle coincidenze, ma se ci credessi dovrei giocarmi al lotto i numeri di oggi.
04 giugno, 2012
Un anno vissuto maternamente
E' tempo di un bilancio.
Oggi non è un lunedì come gli altri, oggi parlo con qualcuno del personale per capire come sarà fatto il mio futuro. E quando si pensa al futuro, qualcuno riesce ad evitare di pensare al passato? Dubito. Io lo faccio.
Non voglio ripensare agli ultimi nove anni di lavoro, a quello che mi hanno dato (tantissimo) e quello che mi hanno tolto (un po'), piuttosto voglio pensare all'ultimo anno, quello iniziato il 5 giugno del 2011.
Erano le 18.45 quando la mia Ballerina si è decisa a fare il suo ingresso trionfale in questo mondo, tra le urla disumane di sua madre sdraiata per terra in sala parto e mentre fuori imperversava un ben temporale.
I primi mesi sono stati indimenticabili: una vita nuova, inimmaginabile, fatta di poca nanna (io) e tanta pappa (lei), fatta di tante, tante gradite visite di amici (Grazie Tina e Seavessi) e parenti, fatta di cinque settimane di pace in montagna, dove io e lei siamo riuscite ad impostare qualche orario, conoscerci meglio, creare una nostra piccola, delicata routine e fatta di due bellissime settimane al mare.
Sono stati mesi faticosi, ma duranti i quali mi sono sentita molto coccolata, non ho vissuto il classico "vedrai che una volta nata la bimba, per gli altri esisterà solo lei". Tutt'altro.
L'inverno è stato lungo, ma benevolo, almeno fino a febbraio ci ha concesso tante passeggiate, tante chiacchiere con le amiche compagne di carrozzina/passegino, tanto stare insieme. Fino a dicembre io e la Ballerina siamo state quasi in simbiosi, perchè lei mangiava solo il mio latte e quindi non potevo allontanarmi da lei. Biberon? Manco per niente.
Nonostante questo abbiamo visto amici, fatto gitarelle, partecipato a pranzi, cene, grigliate. Non ci siamo organizzati nonostante lei, piuttosto con lei, perchè le nostre occasioni di svago lo diventassero anche per lei, perchè potesse stare bene e divertirsi, senza sacrifici, nè nostri, nè tanto meno suoi.
Da dicembre, dopo la frutta a merenda, abbiamo introdotto anche la pappa a pranzo e da lì è partito un graduale, dolce distacco. Naturale, non doloroso, niente drammi. Pian piano ho ripreso possesso della mia vita da non-mamma, anche se quella da mamma ormai, avrà sempre il sopravvento. E ben venga!
Il passo successivo è stato il rientro al lavoro, questa primavera. La Ballerina si è comportata da vera donnina: mai un problema, mai una lacrima, mai un capriccio. Lei coi nonni sta benone e io ho vissuto con grandissima tranquillità il rientro.
Domani è il suo compleanno e questa bambina è talmente amata che avrà un triplice festeggiamento: ieri pranzo a casa nostra con il suo amico Leo, la sua mamma e il suo papà: li abbiamo festeggiati entrambi, hanno 48h di differenza, i nostri cuccioli!
Sabato altra festa congiunta, questa volta col cuginetto che in questi giorni compie tre anni! Ci trasferiamo tutti a casa dei cugini perchè hanno molto più posto e ci saranno tutti i nonni, gli zii e gli altri cuginetti. Io sono già stata incaricata di produrre una torta salata e un dolce per l'occasione e ovviamente, non vedo l'ora di avere le mani in pasta.
Per finire, tra due domeniche (prima non riuscivamo) festicciola esclusiva per la Ballerina, presenti le sue amichette, cioè...le amichette ^__^ della mamma con prole e poi naturalmente i nostri amatissimi padrino e madrina (con pancina ripiena, finalmente!!!!)
Insomma, oggi è non è un lunedì come gli altri.
Oggi non è un lunedì come gli altri, oggi parlo con qualcuno del personale per capire come sarà fatto il mio futuro. E quando si pensa al futuro, qualcuno riesce ad evitare di pensare al passato? Dubito. Io lo faccio.
Non voglio ripensare agli ultimi nove anni di lavoro, a quello che mi hanno dato (tantissimo) e quello che mi hanno tolto (un po'), piuttosto voglio pensare all'ultimo anno, quello iniziato il 5 giugno del 2011.
Erano le 18.45 quando la mia Ballerina si è decisa a fare il suo ingresso trionfale in questo mondo, tra le urla disumane di sua madre sdraiata per terra in sala parto e mentre fuori imperversava un ben temporale.
I primi mesi sono stati indimenticabili: una vita nuova, inimmaginabile, fatta di poca nanna (io) e tanta pappa (lei), fatta di tante, tante gradite visite di amici (Grazie Tina e Seavessi) e parenti, fatta di cinque settimane di pace in montagna, dove io e lei siamo riuscite ad impostare qualche orario, conoscerci meglio, creare una nostra piccola, delicata routine e fatta di due bellissime settimane al mare.
Sono stati mesi faticosi, ma duranti i quali mi sono sentita molto coccolata, non ho vissuto il classico "vedrai che una volta nata la bimba, per gli altri esisterà solo lei". Tutt'altro.
L'inverno è stato lungo, ma benevolo, almeno fino a febbraio ci ha concesso tante passeggiate, tante chiacchiere con le amiche compagne di carrozzina/passegino, tanto stare insieme. Fino a dicembre io e la Ballerina siamo state quasi in simbiosi, perchè lei mangiava solo il mio latte e quindi non potevo allontanarmi da lei. Biberon? Manco per niente.
Nonostante questo abbiamo visto amici, fatto gitarelle, partecipato a pranzi, cene, grigliate. Non ci siamo organizzati nonostante lei, piuttosto con lei, perchè le nostre occasioni di svago lo diventassero anche per lei, perchè potesse stare bene e divertirsi, senza sacrifici, nè nostri, nè tanto meno suoi.
Da dicembre, dopo la frutta a merenda, abbiamo introdotto anche la pappa a pranzo e da lì è partito un graduale, dolce distacco. Naturale, non doloroso, niente drammi. Pian piano ho ripreso possesso della mia vita da non-mamma, anche se quella da mamma ormai, avrà sempre il sopravvento. E ben venga!
Il passo successivo è stato il rientro al lavoro, questa primavera. La Ballerina si è comportata da vera donnina: mai un problema, mai una lacrima, mai un capriccio. Lei coi nonni sta benone e io ho vissuto con grandissima tranquillità il rientro.
Domani è il suo compleanno e questa bambina è talmente amata che avrà un triplice festeggiamento: ieri pranzo a casa nostra con il suo amico Leo, la sua mamma e il suo papà: li abbiamo festeggiati entrambi, hanno 48h di differenza, i nostri cuccioli!
Sabato altra festa congiunta, questa volta col cuginetto che in questi giorni compie tre anni! Ci trasferiamo tutti a casa dei cugini perchè hanno molto più posto e ci saranno tutti i nonni, gli zii e gli altri cuginetti. Io sono già stata incaricata di produrre una torta salata e un dolce per l'occasione e ovviamente, non vedo l'ora di avere le mani in pasta.
Per finire, tra due domeniche (prima non riuscivamo) festicciola esclusiva per la Ballerina, presenti le sue amichette, cioè...le amichette ^__^ della mamma con prole e poi naturalmente i nostri amatissimi padrino e madrina (con pancina ripiena, finalmente!!!!)
Insomma, oggi è non è un lunedì come gli altri.
Il mattino dopo il temporale
Ti sveglia l'aria fresca, perchè ieri faceva caldo e hai dormito con la finestra aperta. Il clima durante la notte è cambiato un pochino, il temporale ha spazzato via l'afa. Alzi la tapparella e ti trovi di fronte un cielo che sembra dipinto da Van Gogh: sopra la tua testa, un grande squarcio di azzurro lascia passare raggi di luce intensa e brillante, quasi bianca, mentre in lontanaza le nuvole sembrano stracci che si sfaldano, come strappati dal vento, e a perdita d'occhio, lontano lontano, tutt'intorno, la coltre nuvolosa si fa compatta e grigio-blu. Il contrasto con le fronde degli alberi, rami carichi di foglie verdissime illuminate dal sole, toglie il fiato. Apri la finestra ed esci sul balconcino, respirando aria che sa di pulito, di pioggia passata, di verde e di terra. Prendi la bici per andare al lavoro e il fresco ti punzecchia le braccia, il cielo si rasserena sempre più, le nuvole diventano isolette bianche e il sole è il padrone del cielo.
Oggi è il 4 giugno, con tutto quello che si porta dietro, ma al diavolo tutto, è una splendida giornata.
Oggi è il 4 giugno, con tutto quello che si porta dietro, ma al diavolo tutto, è una splendida giornata.
01 giugno, 2012
Pranzo aziendale
Quando finalmente succede che il capo ti dica: "Lunedì viene qualcuno del personale, ti ho fissato l'appuntamento all'ora X", senti che ti manca un po' la terra sotto i piedi, pensi che forse da qualche parte c'è un altro terremoto - omioddionotiprego - pensi Oh finalmente è finito sto stillicidio, pensi, Bene allora è proprio finita ed è ora di guardare oltre, pensi Chissà quanto mi date, chissà quanto potrò tirare la corda, chissà quante cose potrò fare coi vostri soldi, pensi Ok, allora mi posso fare un'estate di riposo e dedicarmi alla mia famiglia, pensi Caspita mi dispiace perchè in fondo qui stavo bene, ma d'altro canto ho davvero bisogno di un cambiamento.
E te la cavi, con un po' di magone, ma neanche più di tanto.
Poi scopri che quest'anno il pranzo aziendale - che già di per sè è un evento di dubbio interesse - si terrà nel ristorante più chic (e costoso) di tutta la provincia. Dopo anni di bettole. Della serie, Non vi vogliamo più, ma guardate che pranzo figo vi offriamo.
E allora ti senti presa per il lato B.
Forse sto pranzo era meglio non farlo.
E te la cavi, con un po' di magone, ma neanche più di tanto.
Poi scopri che quest'anno il pranzo aziendale - che già di per sè è un evento di dubbio interesse - si terrà nel ristorante più chic (e costoso) di tutta la provincia. Dopo anni di bettole. Della serie, Non vi vogliamo più, ma guardate che pranzo figo vi offriamo.
E allora ti senti presa per il lato B.
Forse sto pranzo era meglio non farlo.
Iscriviti a:
Post
(
Atom
)