Non sono stata spinta in alcun modo da Darcy a scrivere questo post, mi esce dalle dita in modo naturale, dopo un anno che lo osservo nel ruolo di papà e dopo un anno di lamentele sentite sui mariti da parte di amiche varie.
Darcy probabilmente appartiene alla categoria di uomini a cui ben si addice la definizione "Nato per fare il papà". Sebbene a volte io abbia l'impressione che pretenda di trattare la Ballerina come se avesse 10 anni e non 12 mesi, devo ammettere che è un gran bravo papà. Lo è con lei, perchè ci sta tanto insieme, la fa giocare, le racconta storie e le canta filastrocche, le dà da mangiare dimostrando una pazienza infinita che io non ho assolutamente.
Lo è anche con me, perchè quando la bimba ha gli attacchi di mammite acuta (normalmente questo a casa nostra capita dopo cena), lui non batte ciglio e lava i piatti, sprepara il tavolo, riordina la cucina, mentre io sono monopolizzata dalla dolce ed esigente creatura.
Ma non solo: al sabato, mentre io scorrazzo per la città con la pargola, Darcy carica lavatrici, stende i panni, lava i bagni, toglie le ragnatele e cucina. Anche piuttosto bene.
Non so come farei se lui non mi desse questa gran mano. Ora, certo che si fa di necessità virtù e a tutto ci adattiamo rimboccandoci le maniche, però a volte ci penso e capisco che non devo mai dare tutto questo aiuto per scontato, perchè tanti altri mariti non lo danno affatto. Non per cattiveria, ma perchè è così, sono uomini, sono diversi, altri lavorano tanto, troppo, fanno orari assurdi.
A me questo non capita, io ho un sosotegno costante senza cui sarei persa. E vi dirò di più, la cosa ancor più importante è il sostegno morale. Di fronte alle piccole battaglie di ogni giorno (la Ballerina che rifiuta la verdura, le innumerevoli commissioni da fare, gli impegni di ogni normale vita insieme, il mio lavoro con le ore contate), per me è vitale sapere di avere il suo appoggio, la sua comprensione.
Se il papà aiuta, fare la mamma è infinitamente più semplice.
Fare la mamma di per se è complicato, perchè soprattutto da neomamma bisogna imparare miliardi di cose che prima nemmeno ti sognavi e a cui non si era per niente preparati. La vita viene rivoltata come un calzino da quel concentrato di tenerezza e vulnerabilità che assorbe ogni pensiero, ogni energia, ogni istante. Ma se il papà ci dà una mano, noi ragazze, che già abbiamo dalla nostra l'istinto (anche chi pensa di non averlo, ne sono convinta), possiamo vivere l'esperienza più intensa della vita con serenità e forza. Certo da solo questo aiuto non basta, ma fa tanto, davvero tanto.
Tra 5 giorni è il compleanno della Ballerina, per questo mi sono venuti in mente questi pensieri, perchè è stato un anno rivoluzionario, meraviglioso, intenso, faticoso, emozionante.
Il tutto grazie ai miei due tesori.
31 maggio, 2012
30 maggio, 2012
Ricetta: I biscotti della Tilde
200 g di farina 00
100 g di farina integrale
90 g di burro
100 g di zucchero semolato
1/2 bustina di lievito per dolci (MEZZA mi raccomando)
2 uova
un pizzico di sale
la buccia di un limone grattugiata
Ragazze, questi sono i pochi e semplici ingradienti per i biscotti della Tilde. Il segreto è non essere troppo rigidi con le dosi, l'impasto dovrà avere la giusta consistenza, nè troppo bagnato, nè troppo asciutto (si rimperebbe), il che dipende molto dalle dimensioni delle uova, dalla quantità di buccia di limone...quindi, con la farina (o una goccia di latte nel caso fosse asciutto) sentitevi libere di "aggiustare" il composto.
Io uso il robot da cucina.
Butto dentro le farine, lo zucchero, il lievito, il sale e le uova. Do' una girata e poi aggiungo il burro a pezzetti e ammorbidito (tiratelo fuori dal frigo mezz'oretta prima e fatelo a cubetti). Ultima cosa, la buccia di limone. Altra girata. Dovrebbe e dico, dovrebbe, venire fuori una palla. Prendetela con le mani e su una spianatoia date un'impastatina veloce, eventualmente aggiustate con la farina. Mettete la palla a riposare in frigo per mezz'ora coperta da un telo asciutto.
Dopo la mezzo'ora, ri-lavorate l'impasto per qualche minuto con molta delicatezza.
Per formare i biscotti, prendete di volta in volta un po' di pasta e fare dei "salamini" (come per fare gli gnocchi di patate) e poi arrotolate a spirale. Io ne ho fatti anche a S proprio come li faceva la Tilde.
Forno a 180°, io l'ho usato ventilato, ma va bene anche in modalità tradizionale, per 12' minuti circa.
NB: fondamentale è la scelta del limone: privilegiate i limoni non trattati di origine nostrana, quelli di Sorrento sono eccezionali, perchè sono più grossi e la buccia ha tutt'altro profumo.
Fatemi sapere come vi vengono!!!!!
PS: come potete vedere, si tratta di biscotti piuttosto leggeri (poco zucchero e poco burro), quindi indicati per la colazione o per essere accompagnati con marmellate.
100 g di farina integrale
90 g di burro
100 g di zucchero semolato
1/2 bustina di lievito per dolci (MEZZA mi raccomando)
2 uova
un pizzico di sale
la buccia di un limone grattugiata
Ragazze, questi sono i pochi e semplici ingradienti per i biscotti della Tilde. Il segreto è non essere troppo rigidi con le dosi, l'impasto dovrà avere la giusta consistenza, nè troppo bagnato, nè troppo asciutto (si rimperebbe), il che dipende molto dalle dimensioni delle uova, dalla quantità di buccia di limone...quindi, con la farina (o una goccia di latte nel caso fosse asciutto) sentitevi libere di "aggiustare" il composto.
Io uso il robot da cucina.
Butto dentro le farine, lo zucchero, il lievito, il sale e le uova. Do' una girata e poi aggiungo il burro a pezzetti e ammorbidito (tiratelo fuori dal frigo mezz'oretta prima e fatelo a cubetti). Ultima cosa, la buccia di limone. Altra girata. Dovrebbe e dico, dovrebbe, venire fuori una palla. Prendetela con le mani e su una spianatoia date un'impastatina veloce, eventualmente aggiustate con la farina. Mettete la palla a riposare in frigo per mezz'ora coperta da un telo asciutto.
Dopo la mezzo'ora, ri-lavorate l'impasto per qualche minuto con molta delicatezza.
Per formare i biscotti, prendete di volta in volta un po' di pasta e fare dei "salamini" (come per fare gli gnocchi di patate) e poi arrotolate a spirale. Io ne ho fatti anche a S proprio come li faceva la Tilde.
Forno a 180°, io l'ho usato ventilato, ma va bene anche in modalità tradizionale, per 12' minuti circa.
NB: fondamentale è la scelta del limone: privilegiate i limoni non trattati di origine nostrana, quelli di Sorrento sono eccezionali, perchè sono più grossi e la buccia ha tutt'altro profumo.
Fatemi sapere come vi vengono!!!!!
PS: come potete vedere, si tratta di biscotti piuttosto leggeri (poco zucchero e poco burro), quindi indicati per la colazione o per essere accompagnati con marmellate.
29 maggio, 2012
I biscotti della Tilde
Ve l'avevo detto, che li avrei fatti. Tanti e profumati.
L'idea nasce dal desiderio di replicare i deliziosi biscotti che faceva la Tilde, la vicina di casa di mia nonna.
La Tilde era una frizzante anziana signora che per circa cinquant'anni ha condiviso il pienerottolo con i miei nonni materni. La Tilde ha chiamato Signor B. mio nonno per tutto il sopracitato lasso di tempo ed è stata chiamata Signora F. da mio nonno, pari pari. Con mia nonna invece si sono subito date del tu. Amiche, vicine di casa, poi vedove (lei presto mentre mia nonna per fortuna, molto più tardi) che si sono fatte tanta tanta compagnia.
Dato che era rimasta sola giovane, per lungo tempo ha ospitato studentesse che non abitavano in città e non potevano fare le pendolari. La Tilde non era mai sola: quando non c'erano le ragazze, c'era mia nonna e poi a casa sua, ha giocato mia mamma quand'era bambina e la stessa cosa ho fatto io, tanti anni dopo.
La Tilde aveva sempre le mani impegnate. Quando non era in giardino con guanti e cesoie a potare rose e piantare primule, era in casa col grembiule bianco e le mani sporche di pasta frolla.
La sua casa era sempre, sempre profumata di cibo buono, che fosse un risotto, un arrosto o un dolce. E le caramelle all'eucalipto non mancavano mai nella ciotolina del soggiorno.
La Tilde faceva dei biscotti spettacolari, con una ricetta piuttosto complicata, ma che dava un risultato paradisiaco. Anche se quella ricetta ce l'ho, era francamente troppo complicata per me, novellina senza tempo, utilizzatrice di robot da cucina e forno ventilato (ebbene sì, a volte anche per i dolci). Quindi prova oggi, riprova domani, ho trovato un modo semplice per riprodurre la stessa delizia, un po' più morbidi, ma la stessa libidine del palato.
La Tilde adesso è in cielo, ma ha vissuto splendidamente i suoi 97 anni, nonostante la perdita precoce del marito.
E chissà come sarà contenta adesso di vedere i suoi biscotti sulla mia tavola.
Ma la volete la ricetta?
L'idea nasce dal desiderio di replicare i deliziosi biscotti che faceva la Tilde, la vicina di casa di mia nonna.
La Tilde era una frizzante anziana signora che per circa cinquant'anni ha condiviso il pienerottolo con i miei nonni materni. La Tilde ha chiamato Signor B. mio nonno per tutto il sopracitato lasso di tempo ed è stata chiamata Signora F. da mio nonno, pari pari. Con mia nonna invece si sono subito date del tu. Amiche, vicine di casa, poi vedove (lei presto mentre mia nonna per fortuna, molto più tardi) che si sono fatte tanta tanta compagnia.
Dato che era rimasta sola giovane, per lungo tempo ha ospitato studentesse che non abitavano in città e non potevano fare le pendolari. La Tilde non era mai sola: quando non c'erano le ragazze, c'era mia nonna e poi a casa sua, ha giocato mia mamma quand'era bambina e la stessa cosa ho fatto io, tanti anni dopo.
La Tilde aveva sempre le mani impegnate. Quando non era in giardino con guanti e cesoie a potare rose e piantare primule, era in casa col grembiule bianco e le mani sporche di pasta frolla.
La sua casa era sempre, sempre profumata di cibo buono, che fosse un risotto, un arrosto o un dolce. E le caramelle all'eucalipto non mancavano mai nella ciotolina del soggiorno.
La Tilde faceva dei biscotti spettacolari, con una ricetta piuttosto complicata, ma che dava un risultato paradisiaco. Anche se quella ricetta ce l'ho, era francamente troppo complicata per me, novellina senza tempo, utilizzatrice di robot da cucina e forno ventilato (ebbene sì, a volte anche per i dolci). Quindi prova oggi, riprova domani, ho trovato un modo semplice per riprodurre la stessa delizia, un po' più morbidi, ma la stessa libidine del palato.
La Tilde adesso è in cielo, ma ha vissuto splendidamente i suoi 97 anni, nonostante la perdita precoce del marito.
E chissà come sarà contenta adesso di vedere i suoi biscotti sulla mia tavola.
Ma la volete la ricetta?
28 maggio, 2012
Foglie nel vento
Era il 1990 quando una ragazzina dell'est, bruttina quanto il suo tennis, metteva in ginocchio la Regina Steffi, facendola cadere sulla terra rossa di Parigi. Un codone di ispidi capelli biondi, faccia da folletto, gambette non certo da atleta, ma una carattere nuovo, nel tennis femminile, anche per le "vecchie glorie": combattiva, fredda, lucida, razionale, mai vittima dell'emozione. Con questa forza mentale incrina l'equilibrio della Regina che appare improvviasamente fragile ed impotente (se non sull'erba) di fronte a chi ha capito come batterla.
La strada sembra segnata, il dominio destinato a durare, tutti parlano di una "nuova era".
Poi un giorno, un fanatico accoltella il folletto alla schiena, ferendola lievemente, ma spaventandola a morte. La tragedia è solo sfiorata, ma la strada compie un brusco cambiamento di direzione, il dominio cessa, il folletto scompare in mondo di paure e la Regina ritrova il suo trono.
In un attimo la storia è cambiata, non si torna indietro, il folletto ritornerà, ma niente sarà come avrebbe potuto essere.
Perchè scrivo di questa vecchia storia? Perchè in questo periodo mi chiedo spesso se siamo davvero artefici del nostro destino.
A quattordici anni, assistere (in TV, non ero ad Amburgo) a quell'aggressione, in qualche modo mi fece crescere. Ci sono degli episodi nella vita, ognuno di noi li ha e li porta dentro, che ci segnano e che segnano il nostro cammino. Io per esempio ricordo anche piazza Tienanmen (spero sia scritto giusto), lo scoppio della guerra in Kuwait e le stragi del '92.
Ma l'aggressione pianificata di una ragazzina, di una singola persona...non so, mi aveva fatto rabbrividire. Ho aperto gli occhi e ho visto un mondo ingiusto, in cui non siamo noi a muovere i fili. Ho visto come in un secondo un destino possa cambiare senza che l'interessato ci possa fare nulla.
Oggi più che mai, dopo gli avvenimenti della scorsa settimana, queste domande mi frullano in testa.
Noi facciamo-brighiamo-tramiamo fin dove possiamo. Più in là, le nostre forze non vanno e siamo in balia del vento.
La strada sembra segnata, il dominio destinato a durare, tutti parlano di una "nuova era".
Poi un giorno, un fanatico accoltella il folletto alla schiena, ferendola lievemente, ma spaventandola a morte. La tragedia è solo sfiorata, ma la strada compie un brusco cambiamento di direzione, il dominio cessa, il folletto scompare in mondo di paure e la Regina ritrova il suo trono.
In un attimo la storia è cambiata, non si torna indietro, il folletto ritornerà, ma niente sarà come avrebbe potuto essere.
Perchè scrivo di questa vecchia storia? Perchè in questo periodo mi chiedo spesso se siamo davvero artefici del nostro destino.
A quattordici anni, assistere (in TV, non ero ad Amburgo) a quell'aggressione, in qualche modo mi fece crescere. Ci sono degli episodi nella vita, ognuno di noi li ha e li porta dentro, che ci segnano e che segnano il nostro cammino. Io per esempio ricordo anche piazza Tienanmen (spero sia scritto giusto), lo scoppio della guerra in Kuwait e le stragi del '92.
Ma l'aggressione pianificata di una ragazzina, di una singola persona...non so, mi aveva fatto rabbrividire. Ho aperto gli occhi e ho visto un mondo ingiusto, in cui non siamo noi a muovere i fili. Ho visto come in un secondo un destino possa cambiare senza che l'interessato ci possa fare nulla.
Oggi più che mai, dopo gli avvenimenti della scorsa settimana, queste domande mi frullano in testa.
Noi facciamo-brighiamo-tramiamo fin dove possiamo. Più in là, le nostre forze non vanno e siamo in balia del vento.
25 maggio, 2012
Concert mood
La macchina è parcheggiata a lisca di pesce col muso attaccato ad un platano, ma l'importante è che ci stia. E ci sta.
Ci avviamo di buon passo verso lo stadio, con il profumo di salse, di ketchup che invade il viale, portando la mia testa a Dublino, dove quell'odore si respira quotidianamente a Temple Bar. Il cielo è terso, ancora azzurro, sono le otto e noi cominciamo ad avere tanta, tanta fame. Arriviamo al luogo dell'appuntamento e con qualche difficoltà riusciamo a radunarci nei pressi della fu-fiaccola olimpica. Addentiamo voracemente panozzi con salamella, porchetta, peperoni, crauti e accompagnamo tutto con una bella, fresca birra leggera. Ci mettiamo in coda, biglietti alla mano, per l'ingresso del prato, il nostro ingresso.
Sapevamo che quando si compra il biglietto per un concerto, si è ben lungi dall'esserselo conquistato: bisogna superare ancora la coda in auto (fatta), la ricerca spasmodica del parcheggio (fatta), la rincorsa degli amici coi telefonini che cominciano a non funzionare più (fatta), la coda per entrare. Eccoci qui. Il concerto è roba per appassionati, roba per gente che non ha paura di stancarsi, di far tardi, di andare a lavorare con le occhiaie, di affrontare il traffico e la folla. Ci vuole amore e passione.
Per fortuna il serpentone umano scorre e tempo mezz'oretta scarsa siamo dentro. Lo stadio ci accoglie come un enorme abbraccio umano: gli spalti, le curve, le gradinate sono già tutte strapiene e la gente scatta foto, mangia, saluta, ride, canta. La sensazione di gioia è contagiosa. Immancabili le foto di rito, con facce da scemi, espressioni stupide e gli occhi pieni di trepidante attesa.
Il cielo pian piano imbrunisce, iniziano a far capolino le stelle.
Mancano venti minuti alle 10 e lo spettacolo inizia. Fuochi d'artificio, led luminosi (quasi tutti gli spettatori- noi no* - sono stati dotati di un braccialetto a led che si illumina durante il concerto per creare una coreografia da favola), coriandoli, palloncini....è una festa di musica e colore dove anche se sei in fondo, ti senti protagonista. Senti che stanno cantando per te. E ricambi con gioia, sgolandoti senza risparmiare le corde vocali, ballando incurante della schiena stanca.
Non si può chiedere di meglio. Ma il meglio arriva. Inaspettatamente, a mezz'ora dalla fine, il gruppo si sposta per eseguire qualche canzone su un palchetto piccolo e più verso il fondo del prato. Così capita che Chris Martin e gli altri siano a pochi metri da te, investiti da una luce che li fa sembrare ancora più vicini e allo stesso tempo li mostra per quello che sono: quattro giovani uomini poco più che trentenni, quattro ragazzi come migliaia che sono accorsi a sentirli cantare, quattro ragazzi con delle facce normali, quattro inglesotti con la capacità di far sognare sessantamila persone in un colpo solo.
Il finale è da urlo, una vera esplosione di colore e musica, ancora fuochi d'artificio, braccialetti illuminati, lampi di luce colorata.
Passano tanti aerei a bassa quota, probabilmente destinati ad atterrare all'aeroporto Sandro Pertini di Caselle. Li guardo passare e penso a che spettacolo dev'essere vedere lo Stadio Olimpico da lassù.
*Grazie alle tante ragazze che si sono fatte dare due, tre o più braccialetti, noi siamo rimasti senza. Mi spiace non poter avere quel ricordino della serata, ma ne ho di ben più belli. E poi vorrei sapere, ragazze bis-braccialettate, siete contente? Brave.
Ci avviamo di buon passo verso lo stadio, con il profumo di salse, di ketchup che invade il viale, portando la mia testa a Dublino, dove quell'odore si respira quotidianamente a Temple Bar. Il cielo è terso, ancora azzurro, sono le otto e noi cominciamo ad avere tanta, tanta fame. Arriviamo al luogo dell'appuntamento e con qualche difficoltà riusciamo a radunarci nei pressi della fu-fiaccola olimpica. Addentiamo voracemente panozzi con salamella, porchetta, peperoni, crauti e accompagnamo tutto con una bella, fresca birra leggera. Ci mettiamo in coda, biglietti alla mano, per l'ingresso del prato, il nostro ingresso.
Sapevamo che quando si compra il biglietto per un concerto, si è ben lungi dall'esserselo conquistato: bisogna superare ancora la coda in auto (fatta), la ricerca spasmodica del parcheggio (fatta), la rincorsa degli amici coi telefonini che cominciano a non funzionare più (fatta), la coda per entrare. Eccoci qui. Il concerto è roba per appassionati, roba per gente che non ha paura di stancarsi, di far tardi, di andare a lavorare con le occhiaie, di affrontare il traffico e la folla. Ci vuole amore e passione.
Per fortuna il serpentone umano scorre e tempo mezz'oretta scarsa siamo dentro. Lo stadio ci accoglie come un enorme abbraccio umano: gli spalti, le curve, le gradinate sono già tutte strapiene e la gente scatta foto, mangia, saluta, ride, canta. La sensazione di gioia è contagiosa. Immancabili le foto di rito, con facce da scemi, espressioni stupide e gli occhi pieni di trepidante attesa.
Il cielo pian piano imbrunisce, iniziano a far capolino le stelle.
Mancano venti minuti alle 10 e lo spettacolo inizia. Fuochi d'artificio, led luminosi (quasi tutti gli spettatori- noi no* - sono stati dotati di un braccialetto a led che si illumina durante il concerto per creare una coreografia da favola), coriandoli, palloncini....è una festa di musica e colore dove anche se sei in fondo, ti senti protagonista. Senti che stanno cantando per te. E ricambi con gioia, sgolandoti senza risparmiare le corde vocali, ballando incurante della schiena stanca.
Non si può chiedere di meglio. Ma il meglio arriva. Inaspettatamente, a mezz'ora dalla fine, il gruppo si sposta per eseguire qualche canzone su un palchetto piccolo e più verso il fondo del prato. Così capita che Chris Martin e gli altri siano a pochi metri da te, investiti da una luce che li fa sembrare ancora più vicini e allo stesso tempo li mostra per quello che sono: quattro giovani uomini poco più che trentenni, quattro ragazzi come migliaia che sono accorsi a sentirli cantare, quattro ragazzi con delle facce normali, quattro inglesotti con la capacità di far sognare sessantamila persone in un colpo solo.
Il finale è da urlo, una vera esplosione di colore e musica, ancora fuochi d'artificio, braccialetti illuminati, lampi di luce colorata.
Passano tanti aerei a bassa quota, probabilmente destinati ad atterrare all'aeroporto Sandro Pertini di Caselle. Li guardo passare e penso a che spettacolo dev'essere vedere lo Stadio Olimpico da lassù.
*Grazie alle tante ragazze che si sono fatte dare due, tre o più braccialetti, noi siamo rimasti senza. Mi spiace non poter avere quel ricordino della serata, ma ne ho di ben più belli. E poi vorrei sapere, ragazze bis-braccialettate, siete contente? Brave.
24 maggio, 2012
Concerto, panino, salamella
Stasera vado al sospirato concerto dei Coldplay.
Aspetto questo giorno da quando, quasi sette anni fa, sono uscita dall'Arena di Verona dopo aver assistito ad uno spettacolo meraviglioso, inebriante, indimenticabile. Sicuramente aiutato dal setting. Non potrò mai cancellare dalla memoria il colpo d'occhio dell'Arena strapiena (ero arrivata che i supporters stavano già suonando, anzi, avevano quasi finito), colorata, vivace, viva, impaziente.
Quando, diversi mesi fa, con alcuni colleghi ho deciso di partecipare a questo evento, non ci ho pensato su troppo, ho fatto giusto due conti: la Ballerina avrà quasi un anno, io sarò già rientrata al lavoro da un mese. Totale: per lei non sarà un problema sei mi assento dal pomeriggio a mezzanotte, su per giù. Infatti credo proprio che non lo sarà, per lei.
Per me il discorso è diverso. Tengo tanto tanto a questa serata e non vedo l'ora di essere sul prato a saltare e cantare, ma un pezzetto del mio cervello sarà sempre a casa con lei. Avrà mangiato? Starà mica piangendo? E se le manco? Si sarà addormetata?
Mi si stringe il cuore a pensarla quando tende le braccine dal seggiolone, per essere presa in braccio, a quando mi accarezza i capelli (ehm, a volte li tira violentemente, a dir la verità...), quando si rannicchia come un fagotto nel suo lettino e finalmente prende sonno.
Abbiamo già sperimentato serate con i nonni, senza drammi, quindi in linea di massima sono tranquilla.
Perciò stasera potrò sfoggiare il mio abbigliamento da concerto, alimentarmi con schifezze immonde, cantare fino ad avere mal di gola, saltare fino a demolirmi la schiena e svuotare la mente dai pensieri pesanti, per una sera non pensare a niente, solo alla musica.
Poi domani vi racconterò.
Aspetto questo giorno da quando, quasi sette anni fa, sono uscita dall'Arena di Verona dopo aver assistito ad uno spettacolo meraviglioso, inebriante, indimenticabile. Sicuramente aiutato dal setting. Non potrò mai cancellare dalla memoria il colpo d'occhio dell'Arena strapiena (ero arrivata che i supporters stavano già suonando, anzi, avevano quasi finito), colorata, vivace, viva, impaziente.
Quando, diversi mesi fa, con alcuni colleghi ho deciso di partecipare a questo evento, non ci ho pensato su troppo, ho fatto giusto due conti: la Ballerina avrà quasi un anno, io sarò già rientrata al lavoro da un mese. Totale: per lei non sarà un problema sei mi assento dal pomeriggio a mezzanotte, su per giù. Infatti credo proprio che non lo sarà, per lei.
Per me il discorso è diverso. Tengo tanto tanto a questa serata e non vedo l'ora di essere sul prato a saltare e cantare, ma un pezzetto del mio cervello sarà sempre a casa con lei. Avrà mangiato? Starà mica piangendo? E se le manco? Si sarà addormetata?
Mi si stringe il cuore a pensarla quando tende le braccine dal seggiolone, per essere presa in braccio, a quando mi accarezza i capelli (ehm, a volte li tira violentemente, a dir la verità...), quando si rannicchia come un fagotto nel suo lettino e finalmente prende sonno.
Abbiamo già sperimentato serate con i nonni, senza drammi, quindi in linea di massima sono tranquilla.
Perciò stasera potrò sfoggiare il mio abbigliamento da concerto, alimentarmi con schifezze immonde, cantare fino ad avere mal di gola, saltare fino a demolirmi la schiena e svuotare la mente dai pensieri pesanti, per una sera non pensare a niente, solo alla musica.
Poi domani vi racconterò.
23 maggio, 2012
E' ora
E' ora di scacciare la tristezza. Per troppo tempo mi sono incupita coi pensieri ballerini riguardanti il mio futuro lavorativo. Adesso basta, ho fatto tutto quello che potevo.
Quindi, nonostante questo tutto a quanto pare non sia abbastanza, è ora di smetterla.
Dichiaro ufficialmente chiuso il tempo dell'amarezza, dell'incredulità, dell'incazzatura e della paura. Ci abbiamo messo fine ieri sera io e Darcy, inconsapevolmente, sul divano, pc sulle gambe, facendo le ultime disperate ricerche, finite col solito risultato: niente.
Questo non significa che mi rassegno, solo che cercherò di avere un atteggiamento diverso, più fatalista.
Oggi c'è il sole, uno sprazzo di primavera-vera che forse durerà fino a venerdì (urca).
Mi sono vestita di colori chiari e ho indossato le ballerine più comode che ho. Stamattina ho fatto una lunga terapeutica chiacchierata con una mammamica, perchè a volte uno sfogo ci vuole, perchè a volte chi non ha figli non si rende conto di quando le parole feriscano ("Everybody hurts, take comfort in your friends...").
Nel pomeriggio ho in programma biscotti, ho intenzione di farne per un reggimento, di profumare tutta la casa, di far arrivare gli effluvi anche al vicino.
E' ora di essere più sereni. E' ora di organizzare pranzi con gli amici e uscite al lago, magari.
E' ora di pensare alla giornata di festa che voglio organizzare per il compleanno della Ballerina.
E' ora di comprare il seggiolino e il caschetto e portarla a spasso in bicicletta, ora che le risaie riflettono il verde degli alberi, l'azzurro del cielo e il bianco delle nuvole.
E' ora di mettere sul balcone tavolo e sedie e fare merenda fuori.
E' ora di pensare a minuscoli costumi da bagno, minuscoli sandalini; è ora di pensare a secchiello e paletta, perchè la Ballerina andrà al mare coi nonni.
E' ora di dire grazie alle blogamiche che hanno ignorato la mia noiosaggine e che mi hannno dato conforto con i loro commenti, grazie alle amiche che mi sono state vicino, grazie a Darcy che mi ha sempre aiutata, alla mamma e al papà che mi hanno sopportata.
E' ora di prendere le cose come vengono, perchè quando si ha raggiunto la consapevolezza di aver fatto tutto il possibile e che oltre non si può andare, non c'è niente di meglio.
Quindi, nonostante questo tutto a quanto pare non sia abbastanza, è ora di smetterla.
Dichiaro ufficialmente chiuso il tempo dell'amarezza, dell'incredulità, dell'incazzatura e della paura. Ci abbiamo messo fine ieri sera io e Darcy, inconsapevolmente, sul divano, pc sulle gambe, facendo le ultime disperate ricerche, finite col solito risultato: niente.
Questo non significa che mi rassegno, solo che cercherò di avere un atteggiamento diverso, più fatalista.
Oggi c'è il sole, uno sprazzo di primavera-vera che forse durerà fino a venerdì (urca).
Mi sono vestita di colori chiari e ho indossato le ballerine più comode che ho. Stamattina ho fatto una lunga terapeutica chiacchierata con una mammamica, perchè a volte uno sfogo ci vuole, perchè a volte chi non ha figli non si rende conto di quando le parole feriscano ("Everybody hurts, take comfort in your friends...").
Nel pomeriggio ho in programma biscotti, ho intenzione di farne per un reggimento, di profumare tutta la casa, di far arrivare gli effluvi anche al vicino.
E' ora di essere più sereni. E' ora di organizzare pranzi con gli amici e uscite al lago, magari.
E' ora di pensare alla giornata di festa che voglio organizzare per il compleanno della Ballerina.
E' ora di comprare il seggiolino e il caschetto e portarla a spasso in bicicletta, ora che le risaie riflettono il verde degli alberi, l'azzurro del cielo e il bianco delle nuvole.
E' ora di mettere sul balcone tavolo e sedie e fare merenda fuori.
E' ora di pensare a minuscoli costumi da bagno, minuscoli sandalini; è ora di pensare a secchiello e paletta, perchè la Ballerina andrà al mare coi nonni.
E' ora di dire grazie alle blogamiche che hanno ignorato la mia noiosaggine e che mi hannno dato conforto con i loro commenti, grazie alle amiche che mi sono state vicino, grazie a Darcy che mi ha sempre aiutata, alla mamma e al papà che mi hanno sopportata.
E' ora di prendere le cose come vengono, perchè quando si ha raggiunto la consapevolezza di aver fatto tutto il possibile e che oltre non si può andare, non c'è niente di meglio.
22 maggio, 2012
Torno sul personale
Ultimo - giuro - ultimo post amaro sul lavoro. Da domani, solo pensieri positivi. Ma questo lo devo postare, o mi resta in gola come un boccone troppo grosso.
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Perchè alla fine il brutto è che ognuno di noi ha tante magagne, così pian piano ci dimentichiamo che la terra trema, che la violenza la fa da padrona, da qualsiasi parte arrivi, e che il mondo va a ramengo.
Ognuno di noi, forse egoisticamente, o forse solo perchè siamo esseri umani, nati per commettere errori (come cantava qualcuno), pian piano ritorna alla propria vita, alla propria sfera privata, forse anche con un pizzico di sollievo, dopo questo weekend di tragedia collettiva.
Ed ecco che io penso a me stessa, alla mia situazione traballante e non posso fare a meno di pensare "è anche colpa tua".
Tua, che ti aggiri per l'ufficio con la tua voce fastidiosa; tua che per anni mi hai trattata come uno straccio solo perchè avevo la forza di tenerti testa; tua, che io ero una delle poche persone che ti ha dato il beneficio del dubbio; tua che hai pensato solo ai tuoi interessi, premurandoti ben bene di affossare i miei; tua, che sei sempre stato forte con i deboli e debole con i forti; tua che adesso mi guardi come se fossi uno scarto; tua che però non riesci a sostenere il mio sguardo; tua che oltre tutto, non l'hai fatto solo con me; tua che adesso coltivi servile il tuo orticello; tua che mi hai portata fino a questo punto senza alcuna remora; tua che, lo devo ammettere, ti credevo migliore.
Non voglio sollevarmi da ogni responsabilità, qualche colpa ce l'avrò anch'io, fosse soltanto quella di aver sempre parlato chiaro.
Ma verrà un giorno, come diceva Fra Cristoforo.
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Perchè alla fine il brutto è che ognuno di noi ha tante magagne, così pian piano ci dimentichiamo che la terra trema, che la violenza la fa da padrona, da qualsiasi parte arrivi, e che il mondo va a ramengo.
Ognuno di noi, forse egoisticamente, o forse solo perchè siamo esseri umani, nati per commettere errori (come cantava qualcuno), pian piano ritorna alla propria vita, alla propria sfera privata, forse anche con un pizzico di sollievo, dopo questo weekend di tragedia collettiva.
Ed ecco che io penso a me stessa, alla mia situazione traballante e non posso fare a meno di pensare "è anche colpa tua".
Tua, che ti aggiri per l'ufficio con la tua voce fastidiosa; tua che per anni mi hai trattata come uno straccio solo perchè avevo la forza di tenerti testa; tua, che io ero una delle poche persone che ti ha dato il beneficio del dubbio; tua che hai pensato solo ai tuoi interessi, premurandoti ben bene di affossare i miei; tua, che sei sempre stato forte con i deboli e debole con i forti; tua che adesso mi guardi come se fossi uno scarto; tua che però non riesci a sostenere il mio sguardo; tua che oltre tutto, non l'hai fatto solo con me; tua che adesso coltivi servile il tuo orticello; tua che mi hai portata fino a questo punto senza alcuna remora; tua che, lo devo ammettere, ti credevo migliore.
Non voglio sollevarmi da ogni responsabilità, qualche colpa ce l'avrò anch'io, fosse soltanto quella di aver sempre parlato chiaro.
Ma verrà un giorno, come diceva Fra Cristoforo.
21 maggio, 2012
Questa pioggia
Qui piove, piove da sabato, piove, piove e non sembra voler smettere.
If blood will flow when flesh and steel are one
Drying in the colour of the evening sun
Tomorrow's rain will wash the stains away
But something in our minds will always stay
Perhaps this final act was meant
To clinch a lifetime's argument
That nothing comes from violence and nothing ever could
For all those born beneath an angry star
Lest we forget how fragile we are
On and on the rain will fall
Like tears from a star like tears from a star
On and on the rain will say
How fragile we are how fragile we are
On and on the rain will fall
Like tears from a star like tears from a star
On and on the rain will say
How fragile we are how fragile we are
How fragile we are how fragile we are
If blood will flow when flesh and steel are one
Drying in the colour of the evening sun
Tomorrow's rain will wash the stains away
But something in our minds will always stay
Perhaps this final act was meant
To clinch a lifetime's argument
That nothing comes from violence and nothing ever could
For all those born beneath an angry star
Lest we forget how fragile we are
On and on the rain will fall
Like tears from a star like tears from a star
On and on the rain will say
How fragile we are how fragile we are
On and on the rain will fall
Like tears from a star like tears from a star
On and on the rain will say
How fragile we are how fragile we are
How fragile we are how fragile we are
19 maggio, 2012
Senza senso
Per oggi avevo pronto un post sul destino.
Ma non me la sento, oggi, di parlare di destino. Perchè non si può, NON SI PUO' avere 16 anni, avere una vita ancora fatta di sogni e un giorno prendere l'autobus, andare a scuola e non tornare più.
La violenza si sta impossessando di noi, di questo paese. Non c'è un senso per quel che è accaduto oggi.
Un'azione talmente orrenda da non poter essere descritta con le parole, un atto talmente vigliacco commesso da persone ancor più vigliacche che spero, un giorno, faranno due parole con la loro coscienza.
Ma non me la sento, oggi, di parlare di destino. Perchè non si può, NON SI PUO' avere 16 anni, avere una vita ancora fatta di sogni e un giorno prendere l'autobus, andare a scuola e non tornare più.
La violenza si sta impossessando di noi, di questo paese. Non c'è un senso per quel che è accaduto oggi.
Un'azione talmente orrenda da non poter essere descritta con le parole, un atto talmente vigliacco commesso da persone ancor più vigliacche che spero, un giorno, faranno due parole con la loro coscienza.
18 maggio, 2012
La festa e la gioia pura
Ieri è stata una giornata meravigliosa.
La mia vita sociale, di solito frizzante come l'acqua del rubinetto, ha subito un violento scossone, dovendo annoverare alle 17.30 la festa dell'Infanta e alle 20.00 la pizza con la madrina della Ballerina, relativo consorte e ovviamente Darcy.
Ma andiamo con ordine.
Alle 17, caricata in auto la Ballerina, siamo partite alla volta del piccolo paese. Ho dovuto intrattenere con molto animo la mia piccola, perchè la signorina appena sente il sederozzo che si poggia sul seggiolino dell'auto tende a sprofondare tra le braccia di Morfeo. E poi svegliarla sono solo ca**i miei e pure la relativa luna storta seguente.
Giungiamo al paesello, carico la Ballerina sul passeggino e entriamo nel locale dove si sta svolgendo la festicciola, sfidando gli sguardi diffidenti dei pensionati del paese; è chiaro che stanno pensando "Chi è questa straniera con bambina al seguito?"
Finalmente raggiungiamo il cuore della festa, l'Infanta è bellissima, sorridente e cioccolatosa, come è giusto che sia durante la sua festa. Baci, auguri, regali, chiacchiere...tutto normale. (Anche Seavessi e la Tina sono bellissime, ma questo lo sapete già!).
Se non che, durante la mezz'ora che ho trascorso là, ben tre mamme mi hanno detto: "Ma...com'è cresciutaaaaa! E che cambiamento! Ma quanto ha adesso? Certo che i bambini a quest'età sono incredibili...e che occhioniiii".
Allora, vorrei dire a queste signore che:
1) Io non sono Seavessi (sebbene in tanti, al lavoro ci abbiano detto che abbiamo la stessa voce. Ma al telefono). Va beh, voi mamme dei compagni dell'Infanta non mi conoscete, ma LEI, Seavessi, forse dovreste. E comunque, non avete notato che sono arrivata a festa ampiamente inziata? Vi pare che la madre della festeggiata farebbe una cosa simile?
2) La Ballerina ha 11 mesi e mezzo. Ora, come potete scambiarla per Revoluciòn, che è nata a gennaio? Ok che crescono in fretta, però, un po' di buon senso.
3) Revoluciòn ha degli occhi blu color cielo plumbeo d'estate difficilmente dimenticabili. La Ballerina ha gli occhi color castagna, marroni molto, molto scuri. Come la sottoscritta.
Ecco, è vero. Io non ci credevo, ma sono tra noi.
E ora veniamo alla serata.
Darcy ha visto lungo, Darcy deve avere dell'intuito femminile, nascosto da qualche parte.
La madrina ci regalerà un cuginetto, o forse, più probabilmente, una cuginetta.
Inutile dire che a sentire la notizia, mi sono commossa. Inutile dire quanto sono felice per due splendide persone che stavano perdendo la speranza. Inutile dire che ieri sera i loro occhi brillavano di una luce nuova e fresca, brillavano di gioia pura.
La mia vita sociale, di solito frizzante come l'acqua del rubinetto, ha subito un violento scossone, dovendo annoverare alle 17.30 la festa dell'Infanta e alle 20.00 la pizza con la madrina della Ballerina, relativo consorte e ovviamente Darcy.
Ma andiamo con ordine.
Alle 17, caricata in auto la Ballerina, siamo partite alla volta del piccolo paese. Ho dovuto intrattenere con molto animo la mia piccola, perchè la signorina appena sente il sederozzo che si poggia sul seggiolino dell'auto tende a sprofondare tra le braccia di Morfeo. E poi svegliarla sono solo ca**i miei e pure la relativa luna storta seguente.
Giungiamo al paesello, carico la Ballerina sul passeggino e entriamo nel locale dove si sta svolgendo la festicciola, sfidando gli sguardi diffidenti dei pensionati del paese; è chiaro che stanno pensando "Chi è questa straniera con bambina al seguito?"
Finalmente raggiungiamo il cuore della festa, l'Infanta è bellissima, sorridente e cioccolatosa, come è giusto che sia durante la sua festa. Baci, auguri, regali, chiacchiere...tutto normale. (Anche Seavessi e la Tina sono bellissime, ma questo lo sapete già!).
Se non che, durante la mezz'ora che ho trascorso là, ben tre mamme mi hanno detto: "Ma...com'è cresciutaaaaa! E che cambiamento! Ma quanto ha adesso? Certo che i bambini a quest'età sono incredibili...e che occhioniiii".
Allora, vorrei dire a queste signore che:
1) Io non sono Seavessi (sebbene in tanti, al lavoro ci abbiano detto che abbiamo la stessa voce. Ma al telefono). Va beh, voi mamme dei compagni dell'Infanta non mi conoscete, ma LEI, Seavessi, forse dovreste. E comunque, non avete notato che sono arrivata a festa ampiamente inziata? Vi pare che la madre della festeggiata farebbe una cosa simile?
2) La Ballerina ha 11 mesi e mezzo. Ora, come potete scambiarla per Revoluciòn, che è nata a gennaio? Ok che crescono in fretta, però, un po' di buon senso.
3) Revoluciòn ha degli occhi blu color cielo plumbeo d'estate difficilmente dimenticabili. La Ballerina ha gli occhi color castagna, marroni molto, molto scuri. Come la sottoscritta.
Ecco, è vero. Io non ci credevo, ma sono tra noi.
E ora veniamo alla serata.
Darcy ha visto lungo, Darcy deve avere dell'intuito femminile, nascosto da qualche parte.
La madrina ci regalerà un cuginetto, o forse, più probabilmente, una cuginetta.
Inutile dire che a sentire la notizia, mi sono commossa. Inutile dire quanto sono felice per due splendide persone che stavano perdendo la speranza. Inutile dire che ieri sera i loro occhi brillavano di una luce nuova e fresca, brillavano di gioia pura.
17 maggio, 2012
Il gioco dell'11. Impossibile per me resistere!
Raccolgo con vero piacere il testimone di un altro gioco-staffetta, un po' lungo, ma davvero carino.
Prima di tutto grazie a Nico come mi ha tirata in ballo!
Regole:
1) Se potessi scegliere cosa fare nella vita faresti...
La pasticcera
3) Se incontrassi il genio della lampada e ti chiedesse un solo desiderio da realizzare cosa chiederesti?
La salute per tutta la mia famiglia
5) Quand'è l'ultima volta che sei andato in bicicletta?
Ieri
Le mie 11 domande
zze, io mi sono divertita un sacco ;-)
Prima di tutto grazie a Nico come mi ha tirata in ballo!
Regole:
- dire 11 cose di me
- rispondere alla 11 domande di Nico
- fare 11 nuove domande
- passare il testimone ad altre 11 blogger
- Mi piacciono tantissimo guanti e cappelli, per questo a volte penso che avrei dovuto nascere in un'altra epoca
- Adoro la musica rock e la musica classica, ho un debole per Beethoven e Axl Rose
- Mi piace tantissimo cucinare, vorrei avere più tempo da passare ai fornelli
- Adoro gli aerei, in modellini cicciottelli, tipo quelli di peluche, ma anche le riproduzioni più fedeli. Da piccola giocavo sempre con gli areoplanini, non con le bambole, mio papà mi portava nei prati a far volare i modellini e per la mia cameretta, in montagna, mi ha fatto 5 modellini di legno bellissimi, usando gli stecchi dei gelati.
- Sono piemontese, ma devo avere un cromosoma napoletano, perchè non potrei vivere senza pizza e senza caffè.
- Sono buona e paziente, ma se mi porti oltre il limite, ti cancello dalla mia vita.
- Da quando sono mamma mi commuovo per niente, anche per una ricetta di Jamie Oliver.
- Se potessi, ogni pomeriggio giocherei a tennis.
- Sono intollerante ai rumori forti tipo traffico intenso, martelli pneumatici, scavatrici...
- Passo un sacco di tempo fra le nuvole, persa nei miei pensieri, a sognare
- Detesto l'arroganza
1) Se potessi scegliere cosa fare nella vita faresti...
La pasticcera
2) Se ricevi un regalo che non ti piace fingi di apprezzarlo o dici la verità?
Dipende da chi me lo fa3) Se incontrassi il genio della lampada e ti chiedesse un solo desiderio da realizzare cosa chiederesti?
La salute per tutta la mia famiglia
4) Il tuo film preferito? Perché?
Troppo difficile, non ce la faccio. Torno a settembre ;)5) Quand'è l'ultima volta che sei andato in bicicletta?
Ieri
6) Dimmi la tua più grande paura irrazionale e quella razionale.
Quella razionale è restare senza lavoro. Quella irrazionale che capiti qualsiasi cosa non bella a mia figlia
7) Hai delle fobie che non sai motivare (vedi il mio terrore dei rettili con zampe)?
Il terrore per i ragni
8) Ti piacerebbe aprire un altro blog e se sì che argomento tratteresti?
Sì, ci ho anche provato, parlarei di libri
9) Il tuo piatto preferito.
Spaghetti alle vongole e la pizza (magari non nello stesso pasto!)
10) Tre cose che hai sempre nella borsetta.
Occhiali da sole, braccialetti anti nausea, portafoglio
11) Ti ricordi i sogni che fai? Hai un sogno ricorrente?
Quasi sempre. Il mio sogno ricorrente è di non riuscire ad aprire gli occhi. Orrendo.Le mie 11 domande
- Il tuo viaggio ideale?
- Hai animali domestici?
- Se potessi scegliere dove vivere, dove vivresti?
- La tua stagione preferita?
- Se hai del tempo libero inaspettato, come lo occupi?
- Qual è il principale motivo di discussione con tuo marito/compagno?
- Torneresti indietro ai tuoi 18 anni? Perchè?
- Cosa c'è sul tuo comodino? (un classicone)
- Hai mai pensato di espatriare e scappare da questo paese?
- Mare o montagna?
- Nella vita, vale che chi si accontenta gode o è una stupidaggine?
- Seavessi Tempo
- Miss Sunshine
- Parola di Laura
- La Dea Kalì
- Ciottolina
- La Tina
- La solita mamma
- Scarlett O'Hara
- Psycopasticcera
- Murasaki
- Deb
zze, io mi sono divertita un sacco ;-)
16 maggio, 2012
Cervello e Rispetto
Credo di conoscere diverse donne intelligenti. Persone che usano il cervello, che leggono, sono curiose, si guardano intorno e osservano il mondo in cui vivono.
Allora perchè, perchè qualcuna sembra far apposta a spegnere le cellule grigie? (come le chiamava Hercule Poirot).
Perchè prenderci per sceme l'un l'altra?
Voglio dire, possibile che si possa parlare solo di collane, ombretti, cellulite e jeans skinny?
Perchè dobbiamo attenerci ad un modello distostorto che ci viene propinato ovunque? Possibile che stordito sia bello?
E possibile che ci si debba mentire spudoratamente e quotidianamente?
No, no nessuna dieta, sono dimagrita 20 kg senza far niente!
Ti piace? L'ho pagato pochissssssssssssimo, c'era una svendita, io compro solo nelle svendite....
Figurati, io non guardo MAI i programmi di Maria De Filippi!
Ah io peso 57 da quando ho 19 anni, sai, vado sempre in palestra.
Manco per un giorno in ufficio e quando torno non mi lasciano respirare, non posso prendere ferie che va tutto a ramengo!
Mio figlio è un a-n-g-e-l-o! Non piange mai e dorme sempre!
Bevo ogni giorno almeno 2L e mezzo d'acqua e non mi costa nessuna fatica!
Ah queste scarpe con plateau vista mare e tacco a spillo-petronas-towers sono super comode!
Allora ragazze, vogliamo smetterla di prenderci in giro e imparare a rispettarci? Rispettiamo i nostri cervelli?
Poi ognuna vive, veste, mangia e beve come le pare.
Ma come possiamo pretendere di essere trattate con il dovuto rispetto dagli uomini, se siamo noi le prime a comportarci da sceme?
Allora perchè, perchè qualcuna sembra far apposta a spegnere le cellule grigie? (come le chiamava Hercule Poirot).
Perchè prenderci per sceme l'un l'altra?
Voglio dire, possibile che si possa parlare solo di collane, ombretti, cellulite e jeans skinny?
Perchè dobbiamo attenerci ad un modello distostorto che ci viene propinato ovunque? Possibile che stordito sia bello?
E possibile che ci si debba mentire spudoratamente e quotidianamente?
No, no nessuna dieta, sono dimagrita 20 kg senza far niente!
Ti piace? L'ho pagato pochissssssssssssimo, c'era una svendita, io compro solo nelle svendite....
Figurati, io non guardo MAI i programmi di Maria De Filippi!
Ah io peso 57 da quando ho 19 anni, sai, vado sempre in palestra.
Manco per un giorno in ufficio e quando torno non mi lasciano respirare, non posso prendere ferie che va tutto a ramengo!
Mio figlio è un a-n-g-e-l-o! Non piange mai e dorme sempre!
Bevo ogni giorno almeno 2L e mezzo d'acqua e non mi costa nessuna fatica!
Ah queste scarpe con plateau vista mare e tacco a spillo-petronas-towers sono super comode!
Allora ragazze, vogliamo smetterla di prenderci in giro e imparare a rispettarci? Rispettiamo i nostri cervelli?
Poi ognuna vive, veste, mangia e beve come le pare.
Ma come possiamo pretendere di essere trattate con il dovuto rispetto dagli uomini, se siamo noi le prime a comportarci da sceme?
15 maggio, 2012
Pensieri sparsi, fastidio e felicità
Da una decina d'anni maggio per me è il mese più difficile dell'anno.
Per lavoro, è il mese della follia, delle richieste assurde, delle pretese insensate, delle aspettative insoddisfabili.
Lo scorso anno non lavoravo, ma aspettavo mia figlia da un giorno all'altro, per poi vederla finalmente il 5 giugno.
Quest'anno sono sì al lavoro, ma all'atto pratico non sto davvero lavorando, o almeno non nel modo in cui ero abituata a farlo. Mi danno l'anima per trovare una soluzione al problema, per sfuggire alla famigerata spada di Damocle che è li che mi guarda dall'alto.
Poi esco dall'ufficio e cerco di staccare, di pensare alla Ballerina e di vivere serenamente la mammitudine, anche se l'idea della disoccupazione è come un sassolino appuntito nella scarpa. E proprio non se ne va.
Cammino per la città, rifletto e il pensiero va a ciò che mi infastidisce, a ciò che mi irrita in questo periodo.
Mi irrita che la gente mi consideri ormai una disoccuapata e con sguardo pieno di pietà mi dica: "E tu, lì? Chiude tutto vero?".
Eh sì, chiude tutto, chiudessi tu la bocca poi sarei proprio felice.
Mi irrita che la gente si permetta in anticipo di tirare conclusioni e dirmi: "Sarà dura sai... sei mamma e poi di questi tempi...qui non c'è niente...".
Ma no grazie, grazie davvero per il conforto.
Mi irrita che minimizza e sproloquia di luoghi comuni: "Ma che ti importa, guarda la tua bambina, fai la mamma che è la cosa più bella del mondo".
Ma certo che lo è, peccato che con uno stipendio solo e il mutuo da pagare non è che si dorma proprio sonni tranquilli.
Mi irrita chi mi guarda come se fossi una super sfigata, mamma e per di più con lavoro in bilico: niente più cenette romantiche col marito, niente più serate spacco con le amiche, niente più weekend nel letto a dormire per 24h, niente più vacanza tour dell'Australia in groppa ai canguri.
Ma poi.
Ci penso bene e dico, perchè farmi irritare?
E' primavera, finalmente.
La Ballerina sta bene, sta cominciando ad abbozzare i primi passi.
Ho un sacco di idee in testa, per occupare il tempo divertendomi se dovessi restare senza lavoro.
Ho la coscienza pulita, perchè come ho già scritto, sto facendo il possibile perchè ciò non avvenga.
Giovedì andiamo alla festa dell'Infanta e ci sarà anche la Tina.
Giovedì sera pizza con la madrina.
Venerdì farò i biscotti.
E il 24 ho il concerto dei Coldplay, nel prato come una ragazzinaaaa!!!!
Per lavoro, è il mese della follia, delle richieste assurde, delle pretese insensate, delle aspettative insoddisfabili.
Lo scorso anno non lavoravo, ma aspettavo mia figlia da un giorno all'altro, per poi vederla finalmente il 5 giugno.
Quest'anno sono sì al lavoro, ma all'atto pratico non sto davvero lavorando, o almeno non nel modo in cui ero abituata a farlo. Mi danno l'anima per trovare una soluzione al problema, per sfuggire alla famigerata spada di Damocle che è li che mi guarda dall'alto.
Poi esco dall'ufficio e cerco di staccare, di pensare alla Ballerina e di vivere serenamente la mammitudine, anche se l'idea della disoccupazione è come un sassolino appuntito nella scarpa. E proprio non se ne va.
Cammino per la città, rifletto e il pensiero va a ciò che mi infastidisce, a ciò che mi irrita in questo periodo.
Mi irrita che la gente mi consideri ormai una disoccuapata e con sguardo pieno di pietà mi dica: "E tu, lì? Chiude tutto vero?".
Eh sì, chiude tutto, chiudessi tu la bocca poi sarei proprio felice.
Mi irrita che la gente si permetta in anticipo di tirare conclusioni e dirmi: "Sarà dura sai... sei mamma e poi di questi tempi...qui non c'è niente...".
Ma no grazie, grazie davvero per il conforto.
Mi irrita che minimizza e sproloquia di luoghi comuni: "Ma che ti importa, guarda la tua bambina, fai la mamma che è la cosa più bella del mondo".
Ma certo che lo è, peccato che con uno stipendio solo e il mutuo da pagare non è che si dorma proprio sonni tranquilli.
Mi irrita chi mi guarda come se fossi una super sfigata, mamma e per di più con lavoro in bilico: niente più cenette romantiche col marito, niente più serate spacco con le amiche, niente più weekend nel letto a dormire per 24h, niente più vacanza tour dell'Australia in groppa ai canguri.
Ma poi.
Ci penso bene e dico, perchè farmi irritare?
E' primavera, finalmente.
La Ballerina sta bene, sta cominciando ad abbozzare i primi passi.
Ho un sacco di idee in testa, per occupare il tempo divertendomi se dovessi restare senza lavoro.
Ho la coscienza pulita, perchè come ho già scritto, sto facendo il possibile perchè ciò non avvenga.
Giovedì andiamo alla festa dell'Infanta e ci sarà anche la Tina.
Giovedì sera pizza con la madrina.
Venerdì farò i biscotti.
E il 24 ho il concerto dei Coldplay, nel prato come una ragazzinaaaa!!!!
14 maggio, 2012
Cocciutaggine, la mia
In certi momenti ci si attacca a tutto.
Un lumino di speranza diventa un faro abbagliante.
Perchè si continua a insistere, a provare. Non ci si rassegna.
Chiusa una strada, se ne imbocca un'altra.
Si prova a cambiare le cose, fino alla fine.
Ho la testa dura, tanto.
Un lumino di speranza diventa un faro abbagliante.
Perchè si continua a insistere, a provare. Non ci si rassegna.
Chiusa una strada, se ne imbocca un'altra.
Si prova a cambiare le cose, fino alla fine.
Ho la testa dura, tanto.
10 maggio, 2012
10 cose in cui sono super
Raccolgo volentieri l'idea di Quando nasce una mamma e diffusa da Laura, perchè come le ho scritto, è un momento in cui mi sento piuttosto sfigata (non c'è bisogno che vi spieghi perchè, vero??), quindi trovare 10 cose in cui sono super è ciò che ci vuole.
Et voilà (ma non che sia stato così semplice):
- mangiare cioccolata fondente: se mi volete morta, fatemi trovare una scorta infinita di cioccolata fondente, io mi ucciderò a gran bocconi
- mischiare abbinamenti di vestiti vecchi e nuovi ottenendo ottimi risultati (a mio gusto!)
- curare i miei balconi fioriti (e son lì da vedere!)
- organizzare e selezionare le miriadi di foto che io e Darcy facciamo annualmente
- cantare la ninna nanna alla Ballerina, o almeno, lei apprezza, visto che dorme...
- comprare scarpe e libri
- organizzare vacanze
- cucinare dolci (ma posso ancora migliorare)
- ascoltare e sopportare gli scazzi altrui con sincera empatia (qualcuno una volta mi ha detto che ho la sindrome della crocerossina)
- sognare ad occhi aperti
A voi!
Con questo post partecipo all’iniziativa #10coseSuper e acconsento al trattamento a fini statistici del testo pubblicato e alla sua eventuale pubblicazione, con citazione, nel testo di presentazione conclusivo dell’iniziativa
08 maggio, 2012
Attenzione: post malinconico. Ma passerà
Lo so che è una cavolata.
Ma sono quasi nove anni di vita. Più o meno come dall'esame di quinta elementare alla maturità, stesso lasso di tempo.
Sta per finire.
Le mie giornate non verranno più condite da terribili parole angliformi a cui ormai avevo fatto il callo. Ciao ciao deliverare, buccare (o bookare che dir si voglia), ciao ciao forcastare, marginare e fasare. Ciao ciao thx, pls e asap.
I miei mesi non saranno più raggruppati a tre a tre a partire dal primo giugno in maniera innaturale per chi non lavora qui. La fine dell'anno tornerà ad essere il 31 dicembre e smetterà di essere il 31 maggio.
Il mio stomaco e la mia pancia non subiranno più la nefasta influenza delle scadenze trimestrali e il mio cervello smetterà di fare assurdi calcoli su tempi di firma, di emissione di offerte, di accettazione di condizioni astruse e su sconti, mamma mia quanti sconti.
Non che tutto ciò mi mancherà in sè. Perchè diciamo la verità, non è che siano proprio aspetti meravigliosi della vita lavorativa. Mi mancheranno perchè sono parte della mia vita da tanto tempo, perchè ormai si sono radicati in me, perchè per me è ormai naturale sapere che non se ne parla di ferie a febbraio, che non posso sognarmi di prendermi l'ultimo lunedì di novembre, ma che invece a giugno, dopo i primi 15 giorni, posso anche andarmene sulla Luna.
E poi.
E poi ci sono anche le cose belle.
Mi hanno mandata in Irlanda. Scendendo dall'aereo, quel giorno di nove anni fa, ho pensato: "Sto realizzando un sogno".
E poi mi hanno mandata ancora e ancora, a lavorare, a festeggiare. Finchè certi posti sono diventati famigliari, finchè non serve più la cartina, non serve più chiedere in giro. Si sanno gli orari degli aerei, si sanno i mezzi pubblici da prendere, si sanno i posti dove mangiare, i negozi dove comprare, si sa quanto ci si impiega per andare da Clontarf a Dun Laoghaire.
E poi ho potuto comprare casa.
E ho conosciuto tanta gente splendida.
E ho avuto qualche soddisfazione.
Ho sentito di essere parte di qualcosa di grande, di internazionale, qualcosa che aveva tanto da regalarmi e da cui potevo trarre moltissimo.
Ho sentito di saper fare qualcosa, qualcosa di importante.
Ho sentito di avere il mio posto nel mondo.
Ora sento che me lo stanno portando via.
Senza che lo meritassi, senza che abbia fatto niente perchè questo succeda, anzi, ho tentato di fare il contrario, ma nulla è valso a qualcosa.
Me lo stanno portando via e non posso fare niente.
Ma sono quasi nove anni di vita. Più o meno come dall'esame di quinta elementare alla maturità, stesso lasso di tempo.
Sta per finire.
Le mie giornate non verranno più condite da terribili parole angliformi a cui ormai avevo fatto il callo. Ciao ciao deliverare, buccare (o bookare che dir si voglia), ciao ciao forcastare, marginare e fasare. Ciao ciao thx, pls e asap.
I miei mesi non saranno più raggruppati a tre a tre a partire dal primo giugno in maniera innaturale per chi non lavora qui. La fine dell'anno tornerà ad essere il 31 dicembre e smetterà di essere il 31 maggio.
Il mio stomaco e la mia pancia non subiranno più la nefasta influenza delle scadenze trimestrali e il mio cervello smetterà di fare assurdi calcoli su tempi di firma, di emissione di offerte, di accettazione di condizioni astruse e su sconti, mamma mia quanti sconti.
Non che tutto ciò mi mancherà in sè. Perchè diciamo la verità, non è che siano proprio aspetti meravigliosi della vita lavorativa. Mi mancheranno perchè sono parte della mia vita da tanto tempo, perchè ormai si sono radicati in me, perchè per me è ormai naturale sapere che non se ne parla di ferie a febbraio, che non posso sognarmi di prendermi l'ultimo lunedì di novembre, ma che invece a giugno, dopo i primi 15 giorni, posso anche andarmene sulla Luna.
E poi.
E poi ci sono anche le cose belle.
Mi hanno mandata in Irlanda. Scendendo dall'aereo, quel giorno di nove anni fa, ho pensato: "Sto realizzando un sogno".
E poi mi hanno mandata ancora e ancora, a lavorare, a festeggiare. Finchè certi posti sono diventati famigliari, finchè non serve più la cartina, non serve più chiedere in giro. Si sanno gli orari degli aerei, si sanno i mezzi pubblici da prendere, si sanno i posti dove mangiare, i negozi dove comprare, si sa quanto ci si impiega per andare da Clontarf a Dun Laoghaire.
E poi ho potuto comprare casa.
E ho conosciuto tanta gente splendida.
E ho avuto qualche soddisfazione.
Ho sentito di essere parte di qualcosa di grande, di internazionale, qualcosa che aveva tanto da regalarmi e da cui potevo trarre moltissimo.
Ho sentito di saper fare qualcosa, qualcosa di importante.
Ho sentito di avere il mio posto nel mondo.
Ora sento che me lo stanno portando via.
Senza che lo meritassi, senza che abbia fatto niente perchè questo succeda, anzi, ho tentato di fare il contrario, ma nulla è valso a qualcosa.
Me lo stanno portando via e non posso fare niente.
04 maggio, 2012
Devo combattere
Questo weekend mi aspetta una dura lotta.
Dovrò combattere il mutismo di chi riceve i miei cv
dovrò combattere il naufragio di un piccola idea
dovrò combattere il maltempo che si prospetta
dovrò combattere la luna storta (la mia)
dovrò combattere la noia della Ballerina costretta in casa dalla pioggia
dovrò combattere lo struzzismo* dei miei genitori
dovrò combattere il senso di ingiustizia che non mi vuole mollare (e che si porta dietro un po' di vittimismo)
dovrò combattere la voglia compulsiva di dolci, soprattutto perchè preparerò i muffin ai mirtilli.
*dicesi "struzzismo", pratica in cui eccelle particolarmente mio padre che, per evitare un problema, non ne parla, fa finta che non esista.
Dovrò combattere il mutismo di chi riceve i miei cv
dovrò combattere il naufragio di un piccola idea
dovrò combattere il maltempo che si prospetta
dovrò combattere la luna storta (la mia)
dovrò combattere la noia della Ballerina costretta in casa dalla pioggia
dovrò combattere lo struzzismo* dei miei genitori
dovrò combattere il senso di ingiustizia che non mi vuole mollare (e che si porta dietro un po' di vittimismo)
dovrò combattere la voglia compulsiva di dolci, soprattutto perchè preparerò i muffin ai mirtilli.
*dicesi "struzzismo", pratica in cui eccelle particolarmente mio padre che, per evitare un problema, non ne parla, fa finta che non esista.
03 maggio, 2012
La gente normale
Ieri ho letto un'osservazione molto interessante sulla situazione lavorativa italiana.
Si parlava dei giovani e anche se io in realtà non faccio più parte di tale categoria, un po' mi sono sentita coinvolta.
La discussione era: ok è vero tanti giovani sono dei fagnani (come si dice da queste parti), dei fannulloni, ma è anche vero che ci sono tanti giovani che si rimboccano le maniche e fanno grandi cose. Si laureano nei tempi in prestigiose università, fanno esperienze formative all'estero, tornano in Italia e ottengono posti di lavoro interessanti, fanno la gavetta e prima dei trent'anni diventano managers.
Benissimo, tutto vero. Qualche spunto però:
1) stiamo parlando di studenti particolarmente brillanti, lo dico perchè io, che ho sempre studiato, non sono riuscita a laurearmi in corso, nonostante tutto. La mia media era buona, ma non mi ha consentito di infilarmi nelle elitarie liste di chi viene selezionato per uno stage all'estero.
2) le famiglie di questi ragazzi dovevano avere una certa disponibilità, perchè l'università costa e per finire nei tempi, difficilmente uno studente può anche lavorare per mantenersi gli studi. Inoltre, gli stage all'estero sono retribuiti con rimborsi non certo milionari, quindi anche in quel caso, una sovvenzione famigliare è necessaria.
Quello che mi si evidenzia in testa è che esiste un'enorme fascia di persone che sta tra questi studenti brillanti e forse, privilegiati, e i fagnani.
Quelli come me, che quando potevano facevano ripetizioni, che hanno sempre studiato, ma sono andati lo stesso fuori corso. Quelli che hanno preso la laura a pieni voti, ma sono ben lontani da lodi e diginità di stampa.
Quelli che sono là fuori a sgomitare per uno stage magari gratis, sognando un lavoro fisso che forse non troveranno mai, sognando una casa, un mutuo, una vita, che forse non potranno mai permettersi.
Quelli che non sono andati all'estero, per mille motivi (non solo per bamboccionismo), ma si sono trovati ugualmente, qui in Italia, un primo stage sottopagato. Quelli che hanno lottato, cercato, insistito e hanno trovato qui un primo impego vero.
Quelli che adesso passano i 35 e si ritrovano improvvisamente senza lavoro. Quelli che hanno sì un'esperienza, ma come ennemila coetanei. Quelli che sono uno fra mille, che non hanno niente di "speciale", quelli sostituibili.
La gente normale.
Vogliamo parlare di tutta questa gente?
Si parlava dei giovani e anche se io in realtà non faccio più parte di tale categoria, un po' mi sono sentita coinvolta.
La discussione era: ok è vero tanti giovani sono dei fagnani (come si dice da queste parti), dei fannulloni, ma è anche vero che ci sono tanti giovani che si rimboccano le maniche e fanno grandi cose. Si laureano nei tempi in prestigiose università, fanno esperienze formative all'estero, tornano in Italia e ottengono posti di lavoro interessanti, fanno la gavetta e prima dei trent'anni diventano managers.
Benissimo, tutto vero. Qualche spunto però:
1) stiamo parlando di studenti particolarmente brillanti, lo dico perchè io, che ho sempre studiato, non sono riuscita a laurearmi in corso, nonostante tutto. La mia media era buona, ma non mi ha consentito di infilarmi nelle elitarie liste di chi viene selezionato per uno stage all'estero.
2) le famiglie di questi ragazzi dovevano avere una certa disponibilità, perchè l'università costa e per finire nei tempi, difficilmente uno studente può anche lavorare per mantenersi gli studi. Inoltre, gli stage all'estero sono retribuiti con rimborsi non certo milionari, quindi anche in quel caso, una sovvenzione famigliare è necessaria.
Quello che mi si evidenzia in testa è che esiste un'enorme fascia di persone che sta tra questi studenti brillanti e forse, privilegiati, e i fagnani.
Quelli come me, che quando potevano facevano ripetizioni, che hanno sempre studiato, ma sono andati lo stesso fuori corso. Quelli che hanno preso la laura a pieni voti, ma sono ben lontani da lodi e diginità di stampa.
Quelli che sono là fuori a sgomitare per uno stage magari gratis, sognando un lavoro fisso che forse non troveranno mai, sognando una casa, un mutuo, una vita, che forse non potranno mai permettersi.
Quelli che non sono andati all'estero, per mille motivi (non solo per bamboccionismo), ma si sono trovati ugualmente, qui in Italia, un primo stage sottopagato. Quelli che hanno lottato, cercato, insistito e hanno trovato qui un primo impego vero.
Quelli che adesso passano i 35 e si ritrovano improvvisamente senza lavoro. Quelli che hanno sì un'esperienza, ma come ennemila coetanei. Quelli che sono uno fra mille, che non hanno niente di "speciale", quelli sostituibili.
La gente normale.
Vogliamo parlare di tutta questa gente?
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